I maamoul: i biscotti della pace
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A base di semolino, burro e semi di ciliegia, i maamoul sono particolarmente diffusi in Medio Oriente. Preparati in occasione della Pasqua e in prossimità della fine del Ramadan, accomunano musulmani e cristiani.
A primavera, tra le strade di Gerusalemme e Betlemme, le narici dei passanti si riempiono di un invitante profumo di biscotti appena sfornati. Arriva dritto dalle case che punteggiano i viali, dove le famiglie preparano i maamoul, dolcetti cari ai cristiani e ai musulmani sparsi nei territori del Medio Oriente. Sfornati alla fine della Quaresima e del Ramadan, in preparazione alla Pasqua e all’Eid al Fitr, la festa dedicata alla ‘rottura del digiuno’, i maamoul nascono da un semplice impasto di semolino e burro chiarificato, insaporiti da semi di ciliegia schiacciati e lentisco (noto anche come gomma arabica), la resina che si ricava dagli alberi di acacia. A renderli diversi dai comuni biscotti in pasta frolla, sono l’estetica curatissima e, soprattutto, il ripieno: prima di essere messi in forno vengono farciti con pistacchi imbevuti nell’acqua di rose, noci mixate a un composto di zucchero e cannella o datteri lasciati marinare con un tocco di olio o burro. Una volta cotti, sono posti singolarmente su uno stampo di legno noto come qalab o modellati a mano con un utensile da cucina appuntito, il malqat. Non hanno tutti la stessa forma: in genere, quello di datteri è rotondo con la superficie liscia, quello di pistacchio ricorda un ellisse leggermente appuntito, mentre quello alle noci richiama un piccolo cerchio con una cupola in cima.
Maamoul, il segreto del dolce che unisce le religioni
Al di là del loro valore gastronomico, i maamoul rappresentano l’occasione perfetta per trascorrere del tempo assieme ad amici e parenti e condividere momenti di svago e allegria. La preparazione segue regole precise e un’organizzazione quasi militare: il nucleo familiare, in genere, si divide in due gruppi che si occupano di due distinte mansioni. Il primo fa l’impasto, che riposerà per un giorno in congelatore. Il secondo, invece, si occuperà della decorazione e di tutti i passaggi necessari per ottenere il risultato desiderato. «Quando dobbiamo fare i maamoul, è sempre una grande festa», ha raccontato alla CNN il cristiano Rawan Ghattas, che lavora a fianco del noto chef locale Fadi Kattan, «siamo tre famiglie più tutti i vicini, scegliamo un’abitazione e ci catapultiamo lì».
Una situazione analoga a quella di Rawan Bazbazat, insegnante d’arte musulmana, residente a Gerusalemme: «Siamo in dieci: io, le mie cinque sorelle, mia zia, mia cugina, mia mamma e mia nonna», ha spiegato, «ci ritroviamo tutte insieme e ci dilettiamo a cucinare i maamoul. Mentre siamo impegnate a impastarli, non è raro ci venga fame ma fino al primo giorno di Eid, nessuno può toccarne neppure una mollica». Due religioni e due immaginari diversi che, in un piatto e nei ricordi che richiama, trovano un punto in comune. «Abbiamo così tanto da scambiarci qui a Gerusalemme», ha aggiunto Bazbazat, «viviamo nelle stesse case, siamo ospiti della stessa città. È davvero come se fossimo un tutt’uno e, in occasione delle feste, ci regaliamo a vicenda doni e cibo». Quest’anno, con l’eccezionale corrispondenza tra le due ricorrenze, l’atmosfera di condivisione sarà ancora più percepibile.
Per un perfetto maamoul servono ingredienti locali
In Palestina e nelle aree circostanti, molti degli ingredienti necessari vengono coltivati dai contadini del posto. I datteri, ad esempio, arrivano da Gerico e dalle fattorie della Valle del Giordano, mentre le noci crescono in abbondanza o nei giardini delle singole famiglie o sulle colline vicine, da quelle di Al-Khalil a quelle di Jenin. E, nonostante diversi siano stati i tentativi di rivisitare la ricetta storica, nulla è riuscito a raggiungere i livelli dell’originale: «Al posto della gomma arabica si può utilizzare l’acqua di rose o l’infuso agli agrumi ma non è lo stesso», ha sottolineato lo chef Kattan, «il lentisco ha un sapore contemporaneamente dolce e terroso che risulta difficile da descrivere a chi non lo prova».
Per quanto riguarda, invece, la forma, le due tradizioni sembrano pensarla diversamente: mentre i cristiani, ad esempio, attribuiscono ai maamoul al dattero e al pistacchio un simbolismo preciso, accostandoli rispettivamente alla corona di spine posta sul capo di Gesù. I musulmani, invece, badano più all’estetica «Una volta finiti, devo pensare ‘wow, sono proprio un’artista’», ha dichiarato Bazbazat.
Una tradizione casalinga che non perde la sua magia
Pur trattandosi del risultato di un rito casalingo, i maamoul sono disponibili anche nei negozi, dove vengono venduti al chilo. Come nel caso di Eiffel Sweets, una delle botteghe più antiche della città, Aver Sweets e Zalatimo, attiva dal 1860. Tuttavia, gli stessi panettieri consigliano ai clienti di farli a mano, quasi come se fosse una cerimonia solenne. «La tradizione è tradizione», ha concluso Ahmad Shaqier, proprietario di Eiffel Sweets, «nessuna alternativa riuscirà mai a sostituirla e a sostituirne la qualità».