Una meta enoturistica della Slovacchia: Pezinok, ai piedi dei Piccoli Carpazi
- Rolando Marcodini
- Ti potrebbe interessare Autori, Un sorso di
Ora che anche la Slovacchia fa parte della Comunità Europea e non è più la prima trincea della ”cortina di ferro”, le colline che dominano Bratislava sono sempre più meta di enoturisti occidentali provenienti soprattutto dalla vicina Vienna, che sta a una sessantina di km di distanza. Ai piedi di queste boscose colline verdeggianti, chiamate Piccoli Carpazi, c’è infatti una delle zone vitivinicole più antiche dell’Europa centrale con una grande tradizione, con le sue ”strade del vino” e diverse enoteche. La Slovacchia è ancora un Paese povero, lo si vede soprattutto nelle campagne, ma nella regione dei Piccoli Carpazi il vino e la vite sono sempre stati delle importanti fonti di ricchezza. Da questa zona molti giovani, dopo le scuole medie, vanno a studiare Enologia all’Università della vicina Bratislava, a circa venti chilometri di distanza, e trovano poi lavoro nei vigneti e nelle cantine del luogo, un’attività da tempo strategica per questo territorio. Quest’area infatti è molto adatta alla coltivazione della vite da vino che risale ai tempi più antichi. Sono stati trovati dei fossili di vitis vinifera risalenti al Terziario, anche se le prime notizie certe di produzione del vino per mano dei Celti provengono dal V secolo a.C. e il vero sviluppo enologico è cominciato soltanto in seguito, grazie agli antichi Romani che, con Marco Aurelio Probo, nel III secolo d.C. avevano piantato vigneti dalla Galizia fino alla Pannonia.
Con il disfacimento dell’Impero Romano, in queste valli erano arrivati gli Slavi che, appassionati al vino esattamente come i Romani e i Celti, avevano continuato a sviluppare la vitivinicoltura fino a farla davvero fiorire nel medioevo sotto il regno della Grande Moravia. Il paese in stile gotico di Pezinok, all’inizio dell’area vitivinicola che prosegue poi con Modra e Častá verso Smolenice, è citato per la produzione e la vendita di vino in un contratto del 1295. La vitivinicoltura vi era già così ben sviluppata che nel 1494 proprio a Pezinok era sorta una Confraternita della Corporazione dei Vitivinicoltori e nel 1585 è stato adottato uno Statuto per regolare la coltivazione dell’uva e la produzione di vino.
Si tratta di una nicchia particolarmente favorita dalle condizioni pedoclimatiche in una nazione che per gran parte è montuosa e altrove ha un clima molto più rigido. Nella zona di Pezinok la temperatura media annuale è di 9,6°C, la media annuale delle precipitazioni è di 650 mm e le ore di sole in media sono 2.200 l’anno. Ma durante il ciclo vegetativo della vite la media delle temperature diventa 16,3°C, la media delle precipitazioni scende a 400 mm e le ore di sole in media sono 1.550. Questo consente a numerose varietà di uve, sia bianche che rosse, di maturare perfettamente. I suoli hanno un pH neutro (con valori tra 6,8 e 7,2) e sono di origine morenica, con ottimo drenaggio e l’altitudine dei territori coltivati a vite arriva fino ai 300 metri sul livello del mare. Vale la pena di visitare i migliori cru del territorio.
Grefty produce vini eleganti dalle sue terre alluvionali, Križna vini più ricchi di acidità con i suoi terreni poveri e pietrosi, Narpoch rottimi rossi dalle sue terre in piena erosione calcarea e difficili da coltivare, Staré Hory vini bianchi molto minerali per via dei suoli granitici, Vimpereg è un vigneto ricostruito recentemente che produce vini di grande struttura e Zumberg, con le vigne più alte, disposte a larghe terrazze, dà buoni vini di corpo pieno, freschi, aromatici.
A girovagare per queste colline molto arrotondate, di altezza intorno a 600 e 700 metri, viene in mente Tokaj, in Ungheria, oppure il Sulcis, in Sardegna, sia per il tipo di paesaggio che per i grandi silenzi e la natura un po’ selvatica dell’ambiente. Sono condizioni molto diverse da quelle della vitivinicoltura del nostro Paese, circondata quando non assediata dalla civiltà del traffico rombante, ma anche la gente lavora diversamente nel trattare l’uva e il vino. Il vino è ancora un prodotto della campagna, una bevanda che accompagna i pasti, rispetto a noi c’è meno contenuto tecnologico anche se in forte ripresa fra i grandi produttori, non c’è la ricerca di un vino-bandiera super selezionato e altamente qualitativo e fra i piccoli produttori c’è comunque ancora molto di obsoleto.
L’attenzione alla modernizzazione delle attrezzature non ha i nostri ritmi (anche perché non ha i nostri crediti e il nostro slancio imprenditoriale, qui il regime socialista ha svoltato l’angolo da troppo poco tempo) e questo non ha fatto decollare ancora la vitivinicoltura di Pezinok verso la qualità estrema. Ma anche in questo ci sono delle rare, piacevoli, eccezioni. Nel 1935 nasce a Pezinok l’Associazione Slovacca dei Produttori di Vino che ha scelto subito il trecentesco castello di Pezinok come propria sede.
Questo castello, restaurato in stile barocco, è l’emblema del paese e della sua vitivinicoltura. Circondato da un parco all’inglese e da bei giardini, è stato abbellito dall’Associazione in molte sue parti, dalla grande sala storica con le decorazioni e i dipinti di Augustín Bárta fino alle cantine dal valore storico immenso, nate addirittura sette secoli fa con la posa delle prime pietre del castello stesso. Queste splendide cantine durante la seconda guerra mondiale sono state riadattate alla produzione e alla conservazione del vino e vi erano state sistemate delle grandi botti con incise figure di santi e apostoli, in onore di Sant’Urbano, patrono dei vitivinicoltori, che proprio in questi tunnel faceva il vino.
Ma nel dopoguerra queste cantine si erano mostrate subito inadeguate ai nuovi livelli di produzione, perciò nel 1972 era stata costruita in paese una nuova cantina industriale in grado di trasformare la maggior parte delle uve del territorio in vini da tavola, vini di qualità, vini d’archivio (una sorpresa per gli amanti delle vecchie annate), vermouth e brandy. Per i vini da tavola si parla dei bianchi Limbašský silván, Kláštorné biele, Bakchus, Pezinské gazdovské biele, Pezinské zámocké sladké biele, Novohradské dievča e dei rossi Kláštorné red, Pezinské gazdovské red, Rubeso, Pezinské zamocké sweet red. Leggeri, scorrevoli, di poco prezzo, accompagnano però abbastanza degnamente i piatti quotidiani e questo fa della regione dei Piccoli Carpazi una grande consumatrice di vino.
Il consumo pro capite di vino qui è alto, come nell’adiacente Moravia, cioè quasi come in Italia o in Francia, mentre nel resto della Slovacchia è significativamente più basso e impera incontrastata la birra, anche se la cultura del vino è in genere abbastanza sviluppata.
Per i vini di qualità si parla dei bianchi Veltlinske zelené (veltliner), Müller Thurgau, Rizling vlašský (italico), Rizling rýnsky (renano), Rulandské biele (pinot bianco), Rulandské šedé (pinot grigio), Chardonnay, Silvánske zelené (silvaner), Devin, Pesecká Leánka (feteasca regala), Dievčie hrozno, Muškát, Muškát moravský, Tramín červený (traminer buccia rossa), Iršaj Oliver, Sauvignon, Veltlinske červené skoré (veltliner buccia rossa) e dei rossi Saint Laurent, Blue Frankonia (blaufränkisch), Cabernet Sauvignon e Pinot Noir.
Diciamo che sono tutti vini con un’impronta territoriale marcata che si ritrova nello stile di fondo e nel finale di tutti i vini provenienti dalle varie aree vinicole di quella che fu la Grande Moravia (oggi divisa fra due Stati, la Cechia e la Slovacchia), con caratteristiche di tipicità e personalità particolari che condivide con i vini di Mikulov, Znojmo e Valtice. Non sono fatti inseguendo le mode del mercato londinese o americano. A Pezinok comunque non mancano le barriques, che sono destinate però soltanto a un solo tipo di Chardonnay e a un solo tipo di Cabernet Sauvignon ma che non vengono impiegate per tutti gli altri vini, vinificati ancora secondo il manuale locale (e i saggi suggerimenti del prof. Fedor Malik dell’università di Bratislava, aggiungerei…) in botti di varie e maggiori dimensioni, che per esperienza plurisecolare si sono rilevate più adatte ai vitigni locali e non cedono al vino sapori estranei di cannella, vaniglia, tabacco.
Nelle annate giudicate eccezionali a Pezinok si ha l’abitudine di accantonare alcuni vini nella profondità delle cantine del convento dei Cappuccini per non venderli subito, ma soltanto dopo qualche anno, qualche lustro, qualche decennio. Sono i cosiddetti archívne vina o vini d’archivio. Qualcuno pensa che siano soltanto rossi? Si sbaglia. A Pezinok non soltanto i rossi sanno invecchiare, ma anche i bianchi. La passione per i vini bianchi molto maturi è un’eredità storica dell’enologia asburgica (il nostro Giorgio Grai in Alto Adige ne aveva sempre saputo davvero ben più di qualcosa) che qui è miracolosamente sopravvissuta fino ai nostri giorni e ci concede perciò di poter acquistare e bere vini di annate straordinarie che hanno saputo sfidare il tempo, conservati a meraviglia presso il produttore.
Qualche esempio: Rulandské biele (pinot bianco) delle annate 1979 e 1983, Muškát Ottonel del 1980, Sauvignon delle annate 1980, 1984, 1987, Silvanské zelené (silvaner) delle annate 1976 e 1984, Veltlinske zelené delle annate 1984, 1995, Müller Thurgau delle annate 1980, 1990 e (vi assicuro che non è uno scherzo!) Rizling vlašský (italico) delle annate 1947 (sì, ho scritto proprio 1947!), 1983, 1987, 1992, 1995. Gli appassionati di questo genere di bianchi dagli aromi e dal gusto particolari saranno senz’altro soddisfatti. In offerta ci sono anche Tramín červený (traminer buccia rossa) delle annate 1979, 1983 e 1992, Cabernet Sauvignon delle annate 1991, 1992 e 1995, Iršaj Oliver del 1995, Saint Laurent del 1990.
Rimane soltanto da sottolineare che la vicina Vienna è un mercato apertissimo a queste bottiglie, infatti fanno furore proprio fra gli enoturisti viennesi che, appena superato il confine di Stato, trovano tutto a prezzi molto interessanti. Oltre a buona carne, si trovano salsicce e insaccati di fattura artigianale, ma che non durano molto, sono da consumare in pochi giorni. Le trattorie e gli alberghi hanno avuto dei significativi miglioramenti per quanto riguarda la pulizia e l’igiene e qualcuno acquista perfino le medicine, che qui sono meno care. Anche il vino, appunto. Da quando la Slovacchia è in Europa e il quantitativo di vino che può passare attualmente la frontiera nel bagagliaio dell’auto è quasi centuplicato, c’è chi va apposta in Slovacchia periodicamente a rifornirsi di bottiglie di marca (anche francesi, spagnole e italiane) che prima comprava a Vienna ad almeno due o tre volte tanto, ma soprattutto di bottiglie comuni per il consumo quotidiano. Di nuovo, come tanti secoli prima, Pezinok torna a essere un centro importante della vitivinicoltura mitteleuropea e c’è davvero da credere che in pochi anni saprà trovare i capitali giusti da investire nei necessari ammodernamenti agrotecnici ed enologici per ritornare famoso e grande come un tempo.
Rolando Marcodini
Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all’ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l’arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un “signor no”, eppure lo è stato finché non l’hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l’unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.