Fagiano in casseruola abbinato con Colli Novaresi Nebbiolo
- Rolando Marcodini
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Fagiano in casseruola abbinato con Colli Novaresi Nebbiolo
Dopo l’articolo sulla Vespolina 2016 della Madonna dell’Uva che avevo scritto per Lavinium.it, il fatto di aver dato la possibilità ai partigiani garibaldini di essere ricordati nel testo ha entusiasmato il cuoco dell’agriturismo aziendale di quella cantina al punto tale da dedicare un piatto alla loro brigata Osella di Prato Sesia, dimostrando così di essere felice di tramandare quello che suo padre gli aveva insegnato (Napoli è stata la seconda città al mondo e la prima in Italia a liberarsi in armi delle truppe naziste), cioè gli stessi valori che ci accomunano, alla base dei quali c’è la conoscenza e la cultura.
Andrea Baglivi, infatti, è orgoglioso delle sue origini campane, ha tatuato ”el pibe de oro” sulla schiena da più di 20 anni, ha chiamato suo figlio Diego e la figlia Sofia in onore della Loren. La passione della cucina l’ha ereditata da sua nonna Antonietta, una grande donna che, appena arrivata dal Sud con il marito e i quattro figli, aveva iniziato a lavorare come lavapiatti all’albergo Meridiana, ma è diventata presto una cuoca eccellente fino ad arrivare a cucinare per una clientela molto esclusiva, basta dire che il contratto che portò Maradona a Napoli fu firmato proprio lì.
Fin da piccolo lo rendeva felice cucinare come lei e questa è stata l’unica cosa che abbia davvero mai stupito in maniera positiva i suoi genitori. Tornando la sera dal lavoro, infatti, trovavano dei sughi fatti da un bambino di 6 anni che assomigliavano proprio a quelli della nonna, quasi come se avessero lo stesso DNA. Finite le scuole medie, però, quando Andrea disse che voleva fare lo chef, la risposta da parte di suo padre fu… «a casa nostra cucinano le donne!».
Pur di stare in un ristorante aveva iniziato il suo percorso come pizzaiolo, ma era sempre scappato in cucina ogni volta che ne aveva la possibilità perché ne era attratto come una vera calamita. Ha avuto così la possibilità di imparare da validi cuochi e chef. Quattro anni fa, grazie a Elena Zanetta, titolare della Madonna dell’Uva, ha potuto finalmente fare quello che lo rende felice: il cuoco!
Una nota d’obbligo: la caratteristica che più lo contraddistingue è la creatività con quello che ha per le mani o, come si dice, con ciò che… passa il convento. Nessuno è mai riuscito a inchiodarlo, perciò neanche alle dosi esatte al grammo o al millilitro, perché normalmente crea le pietanze a occhio, con quanto serve, quanto basta e le sue ricette sono piuttosto dei veri racconti di cucina da godere tra le vasche e le botti e perfino in vigna. La cantina Madonna dell’Uva con la propria ristorazione si trova anche su cantine.wine e winetourism.com.
Ingredienti:
– fagiano
– lardo speziato
– salvia, timo, rosmarino, maggiorana, prezzemolo
– uova
– pane grattugiato
– sale fino
– pepe macinato al momento
– olio extravergine di oliva
– spicchi d’aglio
– bacche di ginepro
– Nebbiolo delle Colline Novaresi
– brodo vegetale di verdure fresche
– verza
– aceto di vino
– gorgonzola piccante
– gherigli di noce
– marmellata di prugne viola
Il procedimento raccontato da Andrea Baglivi
«Ho provato a pensare cosa si poteva reperire nei nostri boschi e orti in questo periodo e così ho fatto questa ricetta. Ho spennato, fiammeggiato e svuotato un fagiano lasciandogli la pelle per sfruttare in cottura quel poco di grasso che aveva da offrirmi, anche perché la pelle del fagiano è molto meno spessa e grassa di quella di gallina, cappone e altri pennuti.
Per preparare il ripieno ho macinato a coltello del lardo speziato, aggiungendo salvia, timo, rosmarino, maggiorana e prezzemolo sempre tritati finemente a coltello. Ho aggiunto uova e pane grattugiato, sale e pepe e con questo ho preparato la farcia per il fagiano.
Poi in una casseruola ho preparato un fondo di olio extravergine di oliva e cubetti di lardo, ho aggiunto qualche spicchio sbucciato di aglio, bacche di ginepro, foglie di salvia e rosmarino e ho fatto rosolare il fagiano a fiamma alta. Ho aggiunto del Nebbiolo “Elena” e, sfumato il vino, anche del brodo vegetale di verdure fresche (NO dado, NO insaporitore) e forse un pizzico di sale. Ho abbassato quindi la fiamma, messo il coperchio e lasciato cuocere finché il fagiano non mi ha “chiamato”, perché a me il cibo… parla. Ma occorrono circa 45-50 minuti comunque.
Nella foto del piatto si trovano la coscia e la sovracoscia che ho ripassato ancora un po’ in un pentolino col suo fondo bruno e ancora un paio di lacrime di Nebbiolo”Elena”.
Come contorno c’è anche un tortino di verza che ho fatto bollire con acqua, aceto e sale, sopra ci ho versato una colata di gorgonzola piccante Baruffaldi di Castellazzo Novarese e l’ho guarnito con mezzo gheriglio di noce. Avevo già fatto e tenuto da parte una classica marmellata di prugne viola che mi è servita come deliziosa decorazione del piatto. Un piatto che con rispetto e stima dedico alla Brigata partigiana Osella di Prato Sesia.
Inizialmente avevo pensato di fare delle cosce di fagiano rosolate nel Barbera e fritte con il grasso di maiale, della verza agrodolce con pezzi di ”salam d’la duja” stufato e una cremina fatta con castagne bollite e gorgonzola, ma quando il fagiano mi ha ”parlato” ho deciso un vino più tannico e dagli aromi più marcati, come il Nebbiolo ”Elena” della Madonna dell’Uva».
Il vino consigliato: Colline Novaresi Nebbiolo ”Elena” 2016 Madonna dell’Uva
Le colline dell’Alto Novarese che vanno verso il lago d’Orta sono originate dalle morene lasciate anticamente dal ritiro del grande ghiacciaio delle Alpi Lepontine che aveva liberato il fiume Ticino e formato il Lago Maggiore e in superficie mostrano terreni alluvionali con suoli di argilla particolarmente acidi e perciò di composizione diversa da quelli che ricoprono le morene lasciate anticamente dall’altro grande ghiacciaio attiguo delle Alpi Pennine che aveva invece liberato il fiume Sesia e sono originati da quello che a Ghemme hanno individuato come il supervulcano.
Su queste terre il nebbiolo presenta delle doti e delle caratteristiche uniche per via della maturazione che è favorita dalla presenza di un microclima particolare che, oltre a godere della protezione dai venti freddi del Nord garantita dalle alte montagne delle Alpi Cusiane, è anche mitigato dalle distese d’acqua del lago d’Orta e del lago Maggiore che favoriscono meglio la frescura notturna durante le calde stagioni estive e assicurano vini dalle strutture complesse e sapidi.
Il vigneto da cui deriva, 9 ettari in un corpo unico di 11 in totale, si trova a Cureggio, nella zona più elevata al limitare del bosco verso l’Agogna, in una posizione che ha un microclima leggermente diverso da quello dei terreni circostanti. Su questa altura dona alle uve delle doti organolettiche particolari, tanto che la casetta dei nonni Angelo e Angela in mezzo al vigneto, anche se oggi si tratta di un rudere di poco più di quattro mura, è diventata il simbolo aziendale grazie al figlio Giuseppe, padre di Elena Zanetta. Giuseppe ci ha dedicato tutta la sua vita e nel 1997 lo ha reimpiantato e ampliato, utilizzando la cantina costruita alla periferia occidentale di Borgomanero, poco distante.
Elena in vigna ha adottato l’inerbimento per non cementare con il tempo i suoli, ma permettere invece il migliore assorbimento del fosforo in profondità, lasciando maggiore sostanza organica in superficie. La concimazione è organica, viene effettuata con letame di cavallo stagionato, e dal 2005 i filari sono ricoperti da reti per proteggere l’uva dalla grandine e per frangere un po’ i venti creando un’atmosfera un po’ più calda ai grappoli, ma non solo. Le reti proteggono le uve dagli attacchi degli uccelli e dalla fame dei caprioli nonché da alcuni insetti.
Non c’è una certificazione biologica, perché Elena preferisce applicare le sue conoscenze senza legarsi mani e piedi alle condizioni imposte da un bollino, infatti segue personalmente tutte le varie fasi fenologiche della vite. Il sesto d’impianto è di 2,00 metri tra un paletto e l’altro e di 2,80 metri tra un filare e l’altro per favorire anche il trattore alcuni lavori pesanti. I paletti sono tutti in cemento, anche per prevenire alcune malattie che potrebbero insinuarsi nei ceppi tramite il legno, mentre i fili e i tendifilo sono tutti in acciaio.
Dati i suoli piuttosto ventilati e siccitosi, le viti qui sono allevate a doppio Guyot applicato su due barbatelle avvinghiate allo stesso paletto che si sviluppano in direzione opposta con 2 capi a frutto di 8 o 10 gemme ciascuno e 1 sperone ciascuno a 1 o 2 gemme.
Elena Zanetta ha mantenuto nella cantina una vera atmosfera ”ieri e oggi” in cui convivono le antiche vasche restaurate e vetrificate con le nuove botti grandi di rovere e le cisterne in cemento che permettono di vinificare meglio nel rispecchiare le caratteristiche dei vitigni del terroir com’è appunto la produzione del suo Nebbiolo. Ne fa uno di base e uno che porta il suo nome ed è questo che Andrea ha prescelto e che vi descrivo.
Il Colline Novaresi Nebbiolo ”Elena” 2016 proviene in purezza da viti di nebbiolo novarese (che in provincia chiamano spanna) al 100% coltivate a 350 metri di altitudine s.l.m. su terreno morenico dai suoli sabbiosi e argillosi e allevate a doppio Guyot in un cru inerbito per una resa di 80 quintali per ettaro. Si tratta di un quartiere molto scosceso che chiamano ”costa” con i filari a rittochino ed esposizione a est e vengono selezionati e vinificati subito, con diritto di precedenza su tutti gli altri del nebbiolo di base perché si tratta di un vero cru aziendale da consegnare alla cantina in pompa magna come su un cocchio regale trainato da cavalli bianchi. Anche la vendemmia, così come tutte le operazioni di potatura, legatura, sfogliatura e diradamento dei grappoli, è stata effettuata manualmente nella seconda settimana di ottobre. È stato vinificato direttamente in tini di rovere di Allier ed è maturato per 18 mesi in botte di rovere francese di Allier e per altri 6 mesi in barriques, quindi è stato imbottigliato e affinato per almeno 9 mesi in vetro prima della commercializzazione. Tenore alcolico nominale 13% e reale 13.43%, residuo zuccherino naturale <1,00 g/l, acidità totale 5,90 g/l, estratto secco 28,52 g/l.
Per il mercato italiano non è filtrato, in modo da mantenere la maggiore integrità possibile, mentre per l’estero viene filtrato leggermente onde evitare problemi con gli eccessi di temperature e di sballottamenti durante il trasporto. Anche questo sottolinea la sensibilità della produttrice. Va stappato prima, almeno 1 ora per ogni anno dalla vendemmia e quello che rimane in bottiglia aperta è ancora più buono il giorno dopo.
Di colore rosso rubino trasparente con riflessi granati, attacca con delicati profumi di viole e ciclamini tra sfumature di pepe appena macinato che aprono un bouquet di aromi ben maturi di ciliegia Bella di Garbagna, anche sotto spirito, mora di rovo e chinotto con ricordi di tabacco scozzese da pipa. In bocca è pieno, signorile, ematico, di grande finezza e freschezza con il fruttato che si fa discreto con aromi maturi di amarena e prugne viola (anche in confettura) su un bel fondo di terra pulita. Ha una struttura notevole e tannini potenti, ma meravigliosamente domati con grande equilibrio, in armonia con un’acidità gradevole e un buon tenore alcolico. Nel finale lungo e piacevole emerge un ricordo di tamarindo e comincia a intravvedersi un effluvio empireumatico. Suggerirei di servirlo in calici ampi a una temperatura di 18°C in abbinamento con affettati e salumi, fidighin, primi piatti di terra e di orto, paniscia novarese e panissa vercellese, carni rosse stufate o in umido, tapulon di carne d’asina, cacciagione, formaggi stagionati. Ottimo vino da conversazione e da meditazione, da centellinare anche con cioccolato fondente o un buon sigaro Avana. Medaglia d’oro al New York Wine Competition 2015. Diploma di merito al concorso enologico Calice d’oro dell’Alto Piemonte 2020.
Rolando Marcodini
Azienda Agricola Madonna dell’Uva di Zanetta Elena
via Vergano 25, 28021 Borgomanero (NO)
cantina: coord. GPS lat. 45.701177 N, long. 8.443106 E
tel. 0322.834369, cell. 338.1575330
sito https://madonnadelluva.cantina.business.site
e-mail: elena.zanetta@madonnadelluva.it e info@madonnadelluva.it
Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all’ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l’arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un “signor no”, eppure lo è stato finché non l’hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l’unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.