L’Agresto e il Verjus, le alternative al limone e all’aceto
- Giustino Catalano
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Il verjus e l’agresto sono due ingredienti che hanno guadagnato molta popolarità negli ultimi anni grazie al loro sapore unico e alla loro versatilità in cucina.
Sebbene i due prodotti siano simili, ci sono alcune differenze tra essi che vale la pena esplorare
Il verjus è un liquido acido fatto con il succo di uva non matura. Si usa spesso come sostituto del limone o del lime in molte ricette, ma ha un sapore più delicato e meno aspro rispetto ai succhi di agrumi. Il verjus ha anche un basso contenuto di zucchero e un alto contenuto di acido tartarico, il che lo rende perfetto per marinare carne o pesce. Inoltre, il verjus si può usare per dare un tocco acido a salse, condimenti per insalate e bevande.
L’agresto, invece, è un liquido acido fatto con il mosto cotto dell’uva. Ha un sapore più forte e deciso rispetto al verjus e spesso si usa come sostituto dell’aceto o del vino nelle ricette. L’agresto è un ingrediente comune nella cucina italiana e si utilizza per condire insalate, piatti di carne e pesce e come base per salse.
Oltre al loro sapore unico, sia il verjus che l’agresto sono ingredienti molto versatili in cucina.
Utilizzati sia in piatti salati che dolci e per aggiungere un tocco di acidità a qualsiasi ricetta. Il verjus è anche una buona opzione per le persone che cercano un’alternativa agli agrumi, poiché non contiene allergeni come il limone e il lime.
La storia
L’agresto, va detto, è un condimento acido conosciuto fin dall’antichità, che ha attraversato i secoli con molte modifiche. Le sue origini risalgono all’usanza della cottura del mosto, praticata dagli antichi romani che lo chiamavano omphacium.
Gli Arabi riproposero l’agresto in cucina durante l’era medievale, soprattutto in Francia, e ha trovato grande successo presso le corti dell’Italia tardomedievale. Si utilizzava non solo per la preparazione di salse, ma anche per produrre bevande fresche estive, mescolandolo al succo d’uva e al miele.
Con l’avvento del Rinascimento, il gusto per l’agrodolce delle corti signorili cominciò a preferire il meno acido aceto balsamico soprattutto nel nord Italia. Tuttavia, alcune famiglie di agricoltori hanno tramandato la ricetta di generazione in generazione e ancora oggi l’agresto si produce in piccole quantità, soprattutto a San Miniato (Pisa), dove nel 2009 è diventato prodotto agroalimentare tradizionale (PAT) della Regione Toscana.
Come si fa l’agresto
La preparazione dell’agresto prevede la lavorazione dell’uva acerba rimasta dopo la raccolta, lasciata appassire per circa 20 giorni. Il mosto ottenuto viene poi travasato in grosse pentole e addensato per ebollizione, trasformandolo in una sorta di sciroppo. L’agresto viene aromatizzato con l’aggiunta di dragoncello, cannella, aglio, cipolla e miele per l’ultimo quarto d’ora di cottura, e infine viene aggiunto l’aceto di uva e invecchiato in botte.
L’Artusi lo cita nella ricetta del piccione in umido.
Frédéric Bourgoin
Particolarmente meritevole è il recupero della tradizione del Verjus da parte di Frédéric Bourgoin che ha creato un suo business cercando nelle pieghe della storia della Francia.
“Prima della seconda crociata, nel XII secolo, quando non c’erano gli agrumi in Europa, usavamo l’agresto come acidificante”, spiega il giovane enologo e comproprietario di una delle cantine di Saint-Saturnin vicino Clermont Ferrand e il Parco naturale dei Vulcani d’Auvergne.
L’idea, come tutte le idee, non aveva incontrato il favore di tutti, soprattutto quello del padre che vedeva il prodotto come l’aceto e quindi come un sottoprodotto dell’uva. Ma il volume di affari già dal primo anno di gestione ha dato ragione all’idea imprenditoriale del giovane che a 14.90 euro la bottiglia da 250 ml ha venduto tutto il prodotto fatto con le uve verdi rimaste sulla pianta dopo la raccolta.
Nuovi utilizzi
Il Verjus oltre ad essere apprezzato particolarmente dai barman per cocktail con nuove nuance di acido sta facendosi largo tra gli appassionati di ostriche sulle quali, adoperato con parsimonia, ne esalta le note gustative.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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