Asti DOCG, orgoglio italiano: stili e abbinamenti a tavola
- anna cali
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L’Asti è in sostanza il primo spumante (Metodo Classico) italiano grazie all’intuizione di Carlo di Gancia il quale, nel 1865 in Piemonte, applica al Moscato bianco il metodo di spumantizzazione appreso in Champagne.
E questo prima che, proprio all’Istituto Sperimentale per l’Enologia di Asti, Federico Martinotti perfezionasse il metodo più semplice e più adatto alle uve aromatiche che prenderà il suo nome.
Non solo: nel giugno del 2014, il paesaggio vitivinicolo di Langhe, Roero e Monferrato, costituito da 5 aree vitivinicole, tra cui Canelli e “l’Asti Spumante”, è riconosciuto come Patrimonio Mondiale dell’Umanità Unesco visto anche il fascino delle cattedrali sotterranee.
Un orgoglio italiano, quindi, protetto e promosso dal Consorzio per la Tutela dell’Asti (Consorzio dell’Asti DOCG) costituito nel 1932, il primo tra i consorzi piemontesi e tra i primi in Italia, a testimonianza della centralità di tale produzione per l’economia della regione.
Questo acclude sotto la propria egida tutti i soggetti che animano la filiera produttiva della Denominazione di Origine Controllata e Garantita – il più alto riconoscimento della piramide qualitativa italiana – “Asti” (DOC nel 1967, DOCG dal 1993) nelle due tipologie: Asti Spumante e Moscato d’Asti.
Non solo la provincia di Asti ma anche quelle di Alessandria e Cuneo, per un totale di 51 comuni, rientrano nell’areale produttivo delle uve Moscato bianco atte alla produzione di questo vino aromatico e accattivante.
È una famiglia ampia quella del Moscato che per l’Asti DOCG è da ricondurre specificamente al Muscat Blanc à Petit Grains: il più fine e pregiato, capace di vini dai profumi inconfondibili a partire dalle note di “uva” probabilmente associabili esclusivamente a questa varietà che di contro richiede una certa attenzione a partire dal lavoro in vigna.
Ed è proprio il bouquet l’elemento distintivo di tale produzione: la fragranza di tiglio, zagara nonché agrumi e pesca matura arricchita da note di erbette e soffi muschiati.
L‘Asti Spumante DOCG si caratterizza quindi per l’effervescenza più decisa e può essere prodotto sia con il metodo Martinotti, che prevede l’utilizzo di serbatoi inerti di acciaio senza alcun impatto sulle note varietali dell’uva (usato per la produzione della maggior parte degli spumanti prodotti nel mondo), sia con il Metodo Classico seppur disponibile in pochissime referenze (anche utilizzato per la produzione, ad esempio, di Trento DOC, Franciacorta e Champagne).
Il delizioso succo d’uva è processato al fine di ottenere i desiderati stili e livello di zuccheri: dai più secchi come ‘Brut Nature’/Brut- seppur meno comuni – alla tipologia ‘dolce’ consentendo di spaziare tra abbinamenti più classici e più originali ma pur sempre vincenti.
Ne risulta uno spumante aromatico, dalla buona effervescenza, di equilibrata ricchezza al gusto.
Nel caso dell’utilizzo del Metodo Classico, lo spumante si arricchisce di profumi tipici della panificazione o della pasticceria grazie all’affinamento sui lieviti pur conservando il profilo aromatico distintivo.
Il Moscato d’Asti DOCG, invece, rientra – come anticipato – nella tipologia ‘frizzante’ caratterizzandosi, così, per una bolla più delicata e una sicura amabilità al palato con un limitato apporto alcolico che lo rendono delicatamente brioso e ne esaltano la tipica aromaticità. Dolce e leggero ma in equilibrio con la giusta dose di acidità.
Processi affinati nel tempo e rifiniti da tradizione, collaborazione tra le parti ed esperienza condivisa che arricchiscono lo speciale patrimonio produttivo della nostra bella Italia non a caso esportato addirittura per il 90% della produzione totale soprattutto negli USA e, a seguire, in Europa, Asia e Russia.
Per qualche contorsione tipica del mondo del vino facilmente colorato da mode e tendenze, non sempre gli spumanti dolci sono apprezzati come i secchi nonostante le migliori espressioni offrano vini deliziosi e intriganti per abbinamenti sorprendenti.
Il nostro patriottico Asti DOCG (per maggiori dettagli, clicca qui) in entrambe le tipologie: Spumante e Moscato d’Asti – spumante quindi con bolla più decisa il primo, frizzante quindi gentilmente brioso e tendenzialmente più dolce e leggero il secondo – ne sono l’esempio più eclatante.
Le versioni più classica si rendono compagni perfetti dei lievitati che negli ultimi anni hanno conquistato le tavole delle feste più popolari come panettoni, colombe e simili, non solo per la concordanza tra assaggi giustamente zuccherosi ma grazie all’armonia tra le sensazioni burrose, le note tipiche della lievitazione, di canditi e aromi agrumati con la fragranza di frutta, erbette e fiori freschi del Moscato.
Fermarsi a questo accostamento, seppur popolare e consolidato, sarebbe limitativo e ci precluderebbe scoperte altrettanto valide.
Innanzitutto, è da ricordare che trattasi di vino da uve Moscato che si caratterizza per il fascino dei profumi più che per la struttura.
I piatti non eccessivamente elaborati, leggermente speziati, con lieve tendenza dolce sono la risposta più adatta a un vino che diverte per la vivace aromaticità.
A questo si collega la preferenza di consumo: “the fresher the better” direbbero gli inglesi, non è un vino da conservare ma di cui godere nell’immediato.
Inoltre, è importante distinguere tra le due tipologie soprattutto rispetto ai diversi dosaggi di zuccheri che contengono.
Lo Spumante ha una maggiore presenza di CO2 e quindi una capacità sgrassante superiore ma soprattutto si presenta con diversi dosaggi, come tipico per gli spumanti: dal più basso che lo rende secco fino alla tipologia dolce ma non per questo abbinabile solo ai dessert.
Dunque, le tipologie Extra Brut o Brut dal dosaggio di zuccheri medio/basso si accordano alla perfezione con piatti di media struttura e presenza di grassi: torte rustiche, pesce di lago, primi vegetariani, zuppe di legumi o carni bianche non molto elaborate così come ricette che prevedono l’uso del Moscato stesso.
Non solo, mi spingerei al sushi o ai piatti mediorientali a partire dagli stessi falafel fino ad arrivare a stuzzichini a base di agnello.
Lo spettro cambia e si amplia notevolmente con le versioni dolci dell’Asti Spumante e con il Moscato d’Asti.
Oltre ai lievitati già citati che sublimano la fragranza peculiare degli Asti DOCG, si può spaziare dalla frutta cotta o caramellata come pere e mele cotte guarnite con salse leggere alle creme al cucchiaio.
La presenza delle bolle funge da sgrassante meccanico per dessert con componente leggermente più grassa come torta della nonna o alla frutta secca e cheescake.
Ma non solo, i profumi e la rotondità di questo vino si accordano perfettamente anche a piatti salati come il crostino burro e acciughe, le tipiche ricette indiane speziate specialmente se a base di verdura e certi formaggi freschi o di media stagionatura.
E visto il successo della pizza su scala mondiale, mi piacerebbe aprire una finestra su questo piatto tanto amato che nell’aprirsi a continue sperimentazioni non perde l’appeal della classicità.
Sia le versioni più secche dell’Asti Spumante di cui sopra sia quelle più dolci concorrono all’assaggio perfetto.
Penso innanzitutto alle ricette più moderne sulle quali spesso son presenti creme dalla nota dolce come quella alle zucchine (per esempio sulla pizza “alla Nerano”) o alle patate (dolci o viola); e ancora le gourmet con gamberi crudi o pizze bianche con salumi delicati e leggermente pepati.
Sempre più diffuse, tra l’altro, sono le pizze dolci guarnite con confetture, fichi o creme cui si aggiungono quelle con tendenza dolce, ad esempio a base di formaggi, noci e miele: l’Asti Spumante prodotto da metodo classico con dosaggio medio o, a seconda della ricchezza della composizione, le versioni propriamente dolci, incluso lo stesso Moscato d’Asti, rispondono perfettamente.