Cibi e bevande nelle relazioni di Pietro Querini (parte terza)
- Paolo Francis Quirini
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Caricata la COCCA QUERINA, Pietro salpa dal porto candiota di Fragokastelo il 25 aprile del 1431, il giorno di San Marco, il più sacro per i Veneziani, diretto a Bruges nelle Fiandre.
La navigazione diventa però subito complicata, perché la “Caracca” urta uno scoglio, e si devono fermare nel “Porto di Cadef (Cadice) e li esonerasemo (scaricammo) la maculata (incidentata) nave per importanti remedii, e fo a dì 3 de dito zugno”.
Ripreso il mare dopo 25 giorni, avendo saputo che Venezia era entrata in guerra con Genova, per non fare incontri pericolosi, prende tempo ed in attesa di venti favorevoli, così scrive nella sua relazione: “Io voltigiai ne i contorni de Canarie, luogi incogniti e spauroxi ali moderni marinari, masimamente da le parte nostre, zorni 45”.
Finalmente arrivano i giusti “Alisei”, e la rotta viene ripresa verso tramontana.
Dopo due soste, a Lisbona e a Muros, dove “rifrescamo la nostra mexa (la scorta delle vivande), il 28 ottobre fecero vela per la loro meta ma, quando stavano “per l’intrar de li canali de Fiandra (l’attuale Manica), luoco da noi molto desiderato… acresandoxi (accrescendo) la posanza e impito de vento, ne ribattevano fuora delo nostro detto camino.”
E da qui comincia il drammatico, disastroso viaggio.
Tremende tempeste, burrasche che spezzano il timone, lacerano le vele, onde enormi riempiono la nave di acqua, finché, con la nave ormai disalberata, diventata ingovernabile, il 27 dicembre, in un giorno di bonaccia, decidono di abbandonarla salendo su due scialuppe di salvataggio, una capace di 47 uomini, l’altra di 21: il dolore è grande ed il timore dell’ignoto è ancor peggio perché non sanno dove sono (NdR: oltre il Circolo Polare Nord) e dirigono verso levante pensando di raggiungere l’Irlanda, valutata a 500 miglia.
La maggior parte del carico viene lasciata nella Cocca Querina: “In quela lasiamo Malvasia bote 500, asai ancora udoriferi anziprexi lavorati, piper (pepe) e zenzer per asai bona valuta et asai altre robe di valore” e le scialuppe vengono caricate di quanti viveri possano bastare.
Nella relazione dei due Ufficiali di Bordo, Nicolò di Michiel e Cristofalo Fioravante, vengono descritti i rifornimenti:
“Montarono nel periculato schifo (schiffo: imbarcazione a vela, dal tedesco “Schiff”, nave) i 21 sortiti (tirati a sorte), i quali tocò loro per rata (a ciascuno): biscoti ansi frixopi (biscotti frantumati) da libre 300; formazo, ma non da taola, libre 80; persuti 8; Oglio libre 2; seo (sego) libre 40; poi vino careteli (botticelle) 7. Similmente nela già aparechiata barca entrò omeni 45 con lo già dito patrone (NdR: Pietro Querini), alo qual tocò per simel rata la loro parte de le spra dite cosse, al qual arecove un poco de siropo de limone e zenzer verde con arquante spetie poche dexavedutamente entratovi; dove fu nostro arbitrio (nostra convinzione) Alora eser lontani dala piui proxima ixola da miglia 500 sottovento da tramontana”.
(Continua, sempre più avvincente!)
Da oltre quarant’anni faccio ricerche sulla storia del mia Famiglia, di origine Sabina e Romana, ma prettamente veneziana dal 453 con il capostipite Quirino, che prima di stabilirsi a Torcello con la famiglia, fu “Capitan dei Padovani contro Attila”.
Una particolare attenzione la dedico al mio antenato Pietro Querini, sulle cui tracce mi sono personalmente recato, e ciò mi ha permesso di trovare importanti informazioni finora sconosciute e smentire, con dati certi, varie notizie artatamente messe in giro, per motivi soprattutto commerciali, o da chi vuole inventarsi un’immagine di “storico” o di “influencer” dei propri interessi.