Cibi e bevande nelle relazioni di Pietro Querini (parte quarta)

pietro querini

Messe a mare le due scialuppe, altre disgrazie attendavamo i naufraghi: calata una densa nebbia, la barca più piccola, cioè lo “Schiffo”, nel quale erano imbarcati 21 uomini, si perse nel buio della notte artica, e dei 21 uomini del suo equipaggio nulla più si seppe.

Ma lasciamo alle relazioni di Pietro Querini e dei suoi due Ufficiali di Bordo, la descrizione di quanto essi vissero personalmente, quando i 47 imbarcati sulla “Fusta” dovettero gettare a mare gran parte delle vettovaglie e delle risorse vitali.

(NdR. Per semplicità, le notizie riportate nella relazione dei due Ufficiali, conservata nella “Biblioteca Marciana di Venezia”, verranno indicate come provenienti dalla “MARCIANA”, mentre quelle di Pietro Querini, scritte nella relazione custodita nella “BIBLIOTECA APOSTOLICA VATICANA” di Roma, saranno citate come provenienti dalla “VATICANA”).

Vediamo subito la MARCIANA:
“Un collo de mare (una grossa ondata) saltò impetuoso nela nostra piccola barca…”
VATICANA:
“…e noi per lo pudèr (possanza) del mare perdemo el timone de la picoleta fusta, di che zudegasemo (perciò andavamo alla deriva) per questo…. (segue) …aiutandoxe con tuto el nostro podere, per ultimo provedimento se metesimo a punderar (toglier “pondo”, cioè “peso”) la spauroxa (piena di paura, in riferimento all’equipaggio), e per diletarsi in vita (poter ancora godere della vita) se privasemo de la casione del viver (delle necessità per vivere), imperochè quela note gitasemo el zibo e poto (gettammo il cibo e il bere) e algune vestimente nostre et altri instrumenti nostri nezesarii per aleviar (alleggerire) la fusta…”

 

Ora necessità una correzione:

Nella terza puntata, Pietro aveva scritto che avevano abbandonato la “COCCA QUERINA” il “27 dezembre”, ma fu un “lapsus calami”, un errore di scrittura, poiché in realtà era il 17: infatti, nel prosieguo del suo racconto, egli dice che il giorno dopo…

VATICANA:
“adì 18 redrezasemo la prova nostra ne la via de levante (raddrizzammo la nostra prua verso est), ne la qual, per prezedente deliberazion, seguitare dovevemo con estimazion de ritrovar el più prosiman tereno de l’isola de Girlanda a capo de ponente (la terra d’Irlanda sulla costa ad ovest)”.

Dopo aver quasi totalmente svuotato l’imbarcazione..
VATICANA:
“Per lo mancamento de vino et Aqua che da potare (bere) avevamo ma sì pochissimo vino, fu posto ordene asumerne el quarto d’una taza, non però grande, due volte tra el zorno e la note, asai miserisima quantitade per cadauno. Da manzare pur se potevamo men malcontentare (potevamo essere meno malcontenti), perochè di carne salada e formazo e de biscoto se podevemo saturare (renderci sazi), ma la contradizion del poco bevere ne spauriva (ci faceva paura) del manzare quantità de li salmastri zibi”.

La mancanza di acqua e vino diventa disperata…
VATICANA:
“Nezesitoxi (avendo necessità) del bevere, algun inconstante (qualcuno impaziente) fra nui se mise a bevere de la salmastra aqua, i quali, l’uno avanti l’altro (un dopo l’altro) seguendo la loro complessione (secondo la loro struttura fisica) espirò da questa misera vita”.

A questo tragico punto, vien trovata il modo di “salvarsi la pelle”, con un gesto che anche altri marinai avrebbero già adottato per non bere acqua di mare.
VATICANA:
“Io, con zerca 10 de la misera compagnia contignandoxe (contenendo il disgusto) se metesimo a BEVER L’ORINA NOSTRA, CAXON POTISIMA (motivo principale) DE PRESERVARNE IN VITA”.
Questo fatto viene anche messo in evidenza nella relazione dei due Ufficiali di Bordo, con l’aggiunta di particolari interessanti.

pietro querini

MARCIANA:
“A dì 31 decembrio, mancato in tuto el vino e visto la experientia de nostri compagni 26, morti per lo maritimo berre, la nesesità ne fe suferente stomaco (ci fece forza) et la experientia ne parse salubre conseio (salutare consiglio) de sumere per licore (di bere come liquido) el nostro superchio umido vacante (la nostra umidità eccedente) per ORINA….: vero è che alcuno la mortificava (la rendeva meno odorosa) con alquanto de siropo de zanzero verde o de limoni, o spetie rimaste a caxo (spezie rimaste casualmente): fino al dì 5 di zenaro patimo tal vita”.

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Cosa succede, quindi, nella notte tra il 5 e il 6 gennaio 1432? (Ma per i Veneziani era ancora il 1431 secondo il MV, More Veneto, cioè il calendario giuliano, adottato dalla Serenissima, che faceva iniziare l’anno nuovo il primo di marzo).

pietro querini

Continua…

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