Codice Rossi: l’operazione del “nuovo” in Pizzeria parte da Caserta.
- Giustino Catalano
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Il mondo pizza a mio sommesso avviso ha fame di novità, di cambiamento, di nuove proposte, di idee e di rivalutazioni.
Sempre più si fa strada la pizza classica e sempre più l’apprezzamento per canotti e contemporanee scema.
Il cliente chiede leggibilità negli abbinamenti ma anche uno stimolo nuovo che lo porti in un locale piuttosto che un altro.
15 anni fa trovare una pizzeria che facesse una buona pizza era impresa ardua tra “dischi mal lievitati” e “frisbee da competizione”. Le materie prime meglio tacerle.
Oggi l’impresa, per paradosso, è trovarne uno che non sappia fare la pizza!!!!
Tutte le nuove generazioni, diciamocelo, molto più istruite di quelle di una volta, hanno seguito corsi e affinato tecniche d’impasto al punto tale che la lievitazione e l’arte bianca sono divenute patrimonio di tutti i pizzaioli, anche quelli tradizionali che hanno realizzato un aggiornamento dei propri impasti senza però discostarsi dai canoni della pizza.
Più in ombra sino a poco tempo fa erano rimaste le “pizze di campagna”, ossia quelle imitazioni di pizza che con l’avvento di questa si erano cominciate a realizzare fuori della città di Napoli.
Nel tempo, come era avvenuto per le pizze stese con il mattarello (la romana scrocchiarella) e quelle messe nelle teglie di ferro rettangolari, le pizze stese rettangolari e infornate sul suolo dei forni a legna e quelle nei padellini (i cd. Ruoti o rutellucc), avevano trovato una schiera di propri fan fuori dalla città di Napoli, patria della pizza per primogenitura. Poi via via la pizza napoletana si era allargata anche fuori dei confini metropolitani e aveva affiancato queste preparazioni che erano divenute casalinghe.
Tempo fa la Famiglia Rossi di Alvignano (Pasqualino Rossi e family – Pizzeria Élite) ne aveva percepito il valore e aveva anche registrato il marchio “pizz int o ruot” in un’operazione di salvaguardia di una tradizione.
Di lì in avanti qui e lì si sono visti padellini e altro ma sempre come operazioni a latere.
Poi a fine gennaio del 2020, un mese prima della planetaria sciagura del Covid 19, la coppia Vittorio Rossi e Stefania Ambrosino ha lanciato “Codice Rossi”, ossia un locale tutto declinato “sull’altra pizza”, quella che di tanto in tanto trovi tra le pieghe dei menu delle millemila pizzerie.
E non si è accontentata di riperdere le pizze nel padellino e la pizza di campagna in pala, ha creato anche i “codicetti”, dei “pita-pizza” (mi si lasci passare la definizione a metà tra il mondo arabo e il nostro) che conservano tutta la morbidezza della pizza ma lasciano libera fantasia alle farciture. Un ritorno ad un passato anche antecedente alla pizza (napoletana) stessa.
Al “Bisschen” germanico, al pane delle mezè libanesi, delle cene frugali dell’antica Grecia. Gli albori della panificazione.
Spinto da un amico che ci era stato e ne aveva scorto il grande potenziale ci sono andato e devo dire che ne sono rimasto davvero colpito.
Finalmente un’alternativa diversa alla pizza che si mangia in Campania.
Un impasto che a seconda delle cotture (codicetti, padellino, pala) assume diverse consistenze, friabilità, morso e scioglievolezza.
Al banco e i forni il giovanissimo Martino Sibiano quasi immacolato del mondo pizza che spalla a spalla crea nuovi accostamenti con il titolare Vittorio Rossi.
Negli abbinamenti sapori che ricordano viaggi, sapori di memorie familiari, nuove tendenze e ricerca di territorio.
Su tutto una materia prima davvero estrema. Notevole.
Ho mangiato un pecorino di San Gregorio Matese sospeso tra il fresco e il semi-stagionato, lievemente cremoso, con sentori di latte cotto e panna, paglia e foraggio. Maschio nel gusto come ci si aspetta da un pecorino con punte di piccante ma armonioso, con note anche floreali sul finale.
Ma per gradi.
Si parte con un “codicetto greco”. Sono tornato nel porto di Igoumenitsa dove sbarcai in Grecia la prima volta che andai. Soffice e avvolgente. Con dentro un eccellente gyros di carne, fresche verdure e una salsa yogurt a rinfrescare come di tradizione.
Il passaggio successivo è un salto nella cucina della nonna con un padellino ai tre pomodori dove la salsa sul fragrante impasto ricorda i residui del ragù nella pentola della domenica.
Un impasto al grano arso con ampie note di nocciola, fragrante fuori e scioglievole dentro. Con sopra questa salsa di 3 pomodori diversi, tirati in cottura e sovrastati da una crema di parmigiano (la Caresse) di grande qualità. Il vezzo del basilico fritto un ulteriore richiamo alla fragranza del boccone.
Un altro balzo in avanti il padellino al blu di capra con blu di capra, riduzione di cipolle dolci , gheriglio di noci , granella di nocciole di Giffoni e basilico cristallizzato. Un classico con però alla base un grandissimo erborinato.
Cambiamo genere. Arriva la pala. Per la precisione la Pala Pork. Molto food porn l’abbinamento ma nel suo stile molto “pettinato” ed equilibrato. Provola, pulled pork, cubetti di patate al forno aromatizzate al timo, cipolla caramellata, pomodori secchi, salsa andalouse, olio extravergine di oliva e basilico. Buona davvero, dopo la cottura a 420 gradi subisce un passaggio sulla brace. Da mettere al centro del tavolo e condividerla per richiederne un’altra diversa dopo.
Anche il dolce è in certo qual modo ricodificato da Vittorio e Stefania. Il ciambellano (in copertina).
Una ciambella di pasta pizza fritta e asciugata in forno che da la sensazione nonostante le ragguardevoli dimensioni che la suggeriscono per due golosi o per 4 vogliosi di dolce di una leggerezza che ricorda le paste sfoglie francesi dove nel sollevare una diplomatica si ha la sensazione di sollevare pochi grammi di dolce.
Le farciture sono varie ma io ho ceduto al classico crema e amarena che per me resta intramontabile.
Conto davvero contenuto per la quantità e qualità di prodotto.
Codice Rossi
Via Agostino Stellato, 66
81054 San Prisco (CE)
Tel. 340 471 0687
Chiuso il lunedì
Per il menu consulta qui: https://www.codicerossi.it/menu/
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.