San Severo DOC – Bicchieri e sentieri di Capitanata

San Severo

Può il vino e la sua filiera essere una risorsa per la riscossa di una città?

La risposta è un chiaro sì, e soprattutto per la città di San Severo e il suo circondario non costituisce una novità, perché oggi come in passato il settore vitivinicolo è stato, e tutt’ora è quello trainante di questo lembo di Puglia che guarda al Gargano, e questo, a dispetto della grossa emorragia di abitanti che ha impoverito la città delle sue migliori forze negli ultimi 20 anni.

Così, l’idea alla base di San Severo Doc non è stata quella di una manifestazione fine a se stessa dove specchiarsi e “fare salotto” o una sterile passerella istituzionale per politici in cerca di lustro e visibilità.

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Antiche bottiglie D’Alfonso del Sordo

NoSan Severo DOC ha evitato questo rischio autoreferenziale perché gli organizzatori fin dall’esordio hanno messo nero su bianco quale era la loro “mission”.

Un momento di riflessione e di conta, una “scossa” per gli attori istituzionali che la hanno avallata, un pungolo per i produttori coinvolti

Si, tutto il comprensorio di San Severo se vuol guardare al futuro con più serenità e mettere fine all’emorragia demografica che vede tante risorse umane fare la valigia e cercare un futuro altrove, deve trovare la sua chiave di volta senza progetti faraonici o astrusamente fumosi, ma semplicemente aprendo gli occhi a quel che è già sul territorio da sempre: il comparto agricolo e nello specifico del vino.

Il vino è da tempi non sospetti un ottimo mezzo per raccontare e mettere in luce il territorio

Storicamente e senza andare troppo lontano nel tempo, San Severo in passato è stata una delle “capitali” italiane del vino, sia per qualità (la prima DOC risale al 1965) e ancor più per quantità.

Di questo passato glorioso restano mute testimoni due strutture nei pressi della stazione ferroviaria.

In primis, i resti di uno stabilimento di un noto marchio del vino nazionale che qui in Capitanata si approvvigionava di uve e mosti per alcuni suoi vini che (all’epoca una novità,) erano diventati uno status symbol sia perché imbottigliati, sia perché erano percepiti come il sigillo televisivo (carosello docet) che certificava il raggiunto benessere di quella fascia di italiani arricchitisi durante il boom degli anni ‘60 del secolo scorso.

Dopo di questo, ci sono binari dello scalo merci  

Tristemente abbandonati e disconnessi dalla rete nazionale (e… sommersi colpevolmente di erbacce), posti alla sinistra della stazione laddove un tempo si caricavano interi treni di uve e mosto di che, raggiungevano celermente e senza troppo inquinare non solo l’Italia, ma tutta Europa.

Però, e senza cedere alle facili agiografie a buon mercato, i giusti comprimari al vino per scuotere San Severo dal suo sonno sono due.

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Chiesa barocca a San Severo

Iprimo è il suo notevole e affatto piccolo centro storico, purtroppo solo in minima parte restaurato e bisognoso di un gran bel maquillage, anche per far conoscere e apprezzare il locale barocco fatto di tante interessanti chiese e palazzi, ai più pochissimo noti.

Dopo di questo, anzi: sotto i piedi di tutto questo, c’è l’incredibile e ancora poco sfruttato reticolo di cantine e ipogei che si estende su più livelli sotto l’intero centro storico.

Ben 540 cantine tra grandi e piccole, muta testimonianza di quando il ribollir dei tini era in autunno l’odore prevalente della città…

Ueccezionale labirinto sotto i piedi fatto di grandi e piccole gallerie fresche e ventilate, in alcuni casi collegate tra loro a far sì che se si scende da una strada si può uscirne da un’altra, magari abbastanza distante…

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Cantina vini e ipogeo

Luoghi affascinanti non solo ricchi di storia, ma anche una testimonianza di un gran passato, anche recente.

La gran parte di queste cantine, di proprietà privata sono poco o nulla utilizzate ed è un vero peccato.

Altre invece, ben restaurate e fruibili, di proprietà di alcuni operatori tra i più lungimiranti, continuano invece ad essere dimora e luogo di maturazione di migliaia di bottiglie di vino di qualità, ma anche di originali attività di ristorazione.

Sarebbero (in alcuni casi già lo sono) luoghi assolutamente da visitare, uno stupor mundi appena sotto una rampa di scale, proprio sotto i piedi di passanti e automobilisti…

Così, la risorsa del vino e di tutto ciò che ci è collegato, come in questo caso gli ipogei, può essere certamente rilevante, ma non è sufficiente per convincere dei turisti a passare una vacanza in una certa località.

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Cantina cooperativa

L’abilità di richiamo di una destinazione dipende non solo da una corretta e necessaria comunicazione, ma principalmente dalla fruibilità o meno delle risorse che mette a disposizione, le quali non sono solamente naturali, geografiche o storiche, ma soprattutto sociali, e che comprendono anche tradizioni, usi e abitudini della comunità locale.

Solo un approccio fondato sull’utilizzazione delle singolarità territoriali può fare la differenza, ma solo se c’è la capacità e l’impegno da parte di tutti gli attori del territorio (istituzioni, associazionismo e privati) di valorizzare mezzi e luoghi disponibili per farli diventare un vantaggio competitivo, prezioso e ineguagliabile.


Una ultima notazione, questa volta personale…

La DOC San Severo è certamente tra le più “anziane” d’Italia, è del 1965, e pur se valida, risente e testimonia le dinamiche del mondo del vino di quando è stata redatta.

Sarebbe forse auspicabile metterci mano rendendola ancor più restrittiva oppure, affiancarla a qualche altra forma di tutela più selettiva e identitaria della denominazione, a garanzia della qualità.

Il tutto, per adeguarsi alle nuove dinamiche del mondo del vino che, vedono un consumo pro capite in Italia molto in forte calo rispetto al 1965, bilanciato dall’altra parte da una una forte richiesta di qualità, anche e sorprendentemente da parte dei consumatori meno o poco avveduti.

Chissà…

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