Lo stappo: Sphaeranera 2015 I Cacciagalli Rosso Roccamonfina
- Fabio Riccio
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Lo stappo: Sphaeranera 2015 I Cacciagalli Rosso Roccamonfina
Cibo Abruzzese robusto: Ventricina vastese, pecorino fatto e stagionato come si deve, ravioli ripieni di ventricina (appunto…) Ndurciullune con sugo di castratato + varie ed eventuali rigorosamente “Made in Majella”.
Il vino…
Per fortuna il bravo ristoratore, ma bravo in tutti i sensi, però senza “naturali” in carta, ci è amico e ci concede come eccezione non ripetibile di portarci sottobraccio da casa un vino, logicamente naturale, che questa volta arriva dalla Campania…
Sphaeranera 2015 I Cacciagalli
Ovvero… qualche annetto sul groppone e non sentirlo affatto!
Un magnifico rosso di Pallagrello tirato su (affinato) in anfora ai piedi dell’estinto vulcano di Roccamonfina dalle parti di Teano (Caserta), un vino che udite udite… piace perfino ad alcuni dei “dottori & dottoresse del vino” talebani del vino convenzionale…
Si: proprio quelli (di entrambi i sessi…) che un giorno sì e l’altro pure, come un disco rotto non perdono occasione per sparare bordate di sufficienza e arroganza contro i naturali, ma poi, guarda un po’, finiscono invece per berli con gusto!
Al calice l’esordio è per un bel rosso rubino brillante, senza alcun segno o ingiuria del tempo. Archetti netti e al punto giusto: l’effetto Marangoni è dimostrato.
Al naso lo Sphaeranera cala immediatamente le carte in tavola, partendo diretto con un godibile sentore vinoso, che a tratti si fa ispido ma con netti cenni di viola e rosa che, con l’evoluzione, si accodano a sbuffi di terra e tabacco da pipa Latakia.
Al palato è pieno, strutturato e amabilmente avvolgente e, i tannini che alcuni definirebbero “rustici”, in realtà qui si palesano eleganti come non altri.
Il finale è lungo e persistente e come al solito, resta il rimpianto di averne con noi solo una di bottiglie, perché è davvero un gran bel bere…
Il Pallagrello rosso è senza dubbio un vitigno dalle grandi potenzialità ma decisamente poco noto fuori dalla Campania e, sempre se finisce (come in questo e pochi altri casi…) davvero in buone mani e non è “martoriato” troppo in cantina regala nei calici sorsi interessanti e complessi sensorialmente.
Decisamente territoriale in questo lembo di Campania casertana che guarda al Lazio, il Pallagrello scavando nel passato sfoggia una nobile storia, tanto che nella località Monticello del non lontano comune di Piedimonte Matese, su una epigrafe del 1775 fatta mettere lì come monito a non rovinare le vigne di quello che al tempo era l’inquilino del Palazzo Reale di Napoli (il Re nasone…) si può leggere:
“Ferdinando IV di Borbone, per grazia di Dio re delle Due Sicilie, fa noto a tutte e qualsivoglia persone di qualunque grado e condizione sia, che da oggi, non ardiscano né presumano di passare né ripassare per dentro la masseria di moggia 27 circa vitata. Sita nella città di Piedimonte nel luogo detto Monticello tanto di notte quanto di giorno con lume o senza, né a piedi né a cavallo né con carretti o some, sotto pena di ducati 50”
Interessato da più di venti anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale. Dal lontano 1998 collabora come autore alla guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, ha scritto sulla guida Le tavole della birra de l’Espresso, ha collaborato a diverse edizioni della guida Osterie d’Italia di Slow Food, ha scritto su Diario della settimana, su L’Espresso e su Cucina a sud. Scrive sulla rivista il Cuoco (organo ufficiale della federazione cuochi). Membro di molte giurie di concorsi enogastronomici. Ideatore e autore del sito www.gastrodelirio.it