Lo stappo: GR3 Passito Insolente 2018
- Stefano Cengiarotti Malini
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Lo stappo: GR3 Passito Insolente 2018
Se vi dicessi che uno dei miei vini dell’anno l’ho bevuto pochi giorni fa? Se vi dicessi che è un vino di soave? Se vi dicessi che è passito?
(Probabilmente non vi importerebbe molto)
Per me è quasi allucinante pensare a questo, perdermi nelle note di muffa di questo capolavoro è stato incredibile.
Come al solito facciamo un piccolo excursus su zona e produttore.
A est di Verona si sviluppa una zona produttiva legata allo zolfo, ai suoli vulcanici e alle dolci colline pré lessiniche, un territorio variegato che fa della diversità di suolo la sua forza, ma che negli anni si è veduta al profitto dimenticandosi della qualità.
Un piccolo paradiso dove vento, pendenze dolci, zolfo e calcare trovano il connubio perfetto per dare vita a vini a base garganega; un’uva autoctona che ricorda il trebbiano ed in parte il Verdicchio, ma che da questo differisce per una spiccata nota mandorlata.
È in questo ambiente che Luca Elettri e i figli decidono di dare vita al loro progetto familiare.
Situata a Monteforte d’Alpone l’azienda prende vita portando a compimento le potenzialità dei vigneti di proprietà, che nelle 2 generazioni precedenti venivano vendemmiati e conferiti alla cantina sociale.
È dalla storicità delle vigne tutte in media di 50 anni che Luca e i figli traggono il maggiore beneficio, l’esperienza anche quella delle piante paga sempre.
L’idea è quella di promuovere il territorio a tutto tondo producendo svariate tipologie di vino, dai rifermentati ai metodi classici, passando per bianchi fermi e rossi di grande bevibilità, ma a mio modesto parere il loro apice lo toccano con il loro passito Gr3.
Lasciamo stare il metodo di produzione (alla fine è nulla di più che un recioto), qui ci interessa il risultato.
Appena ho avvicinato il naso al bicchiere la mia mente è volata in bordeaux ai quei Sauternes che tanto affascinano noi amanti del buon bere, lieve sentore di zafferano, lunghe espressioni di erbe aromatiche e di sottobosco, un’ appena accennato profumo di mandorla tostata e di miele di castagno; ma è in bocca che esplode (come a volte dico con gli amici, come una bomba atomica), ricco, fresco, minerale, legato alla mela cotta, al pralinato, alle mandorle caramellate e soprattutto a quei sentori erbacei che puliscono il palato e bilanciano le parti troppi dolci.
Lo so siamo ad aprile, ma devo dire che ho già trovato una bevuta da podio.
Cos’altro dire…
#lanostravitaèincredibile
Stefano Cengiarotti Malini, nato a Verona l’01/02/1991, appassionato di vino dall’inizio della sua carriera, sviluppa il suo amore per lo stesso già nella sua prima esperienza al Vittorio Emanuele ristorante storico del centro della città di Romeo e Giulietta; successivamente entra a far parte della brigata dell’Antica bottega del Vino la Mecca di tutto i sommelier della città, qui incontra il suo mentore e amico Alberto Bongiovanni, figura che tutt’ora ha una grande influenza nella vita di Stefano.
Diviene ufficialmente sommelier AIS nel gennaio 2018, ma sono le visite alle cantine e la continua voglia di studiare che lo rendono quello che è ora.
Gli anni del covid sono complicati per la ristorazione della città quindi Stefano decide di approcciare il lavoro in vigna e successivamente si sposta nelle langhe in quella barbaresco che è meta enogastronomica di rilievo assoluto, qui collabora con chef Manuel Buchard all’Antinè bistrot nel centro del paese di Gaja.
Ora gestisce la cantina del Donatelli-3011 pizzeria gourmet, con 2 spicchi del gambero rosso, in provincia di Verona, locale che fa dell’innovazione e della ricerca la base su cui costruire un progetto, questi punti sono alla base delle scelte della carta di Stefano, scelte della quali sicuramente vi parlerà.