I veri custodi della tradizione sono i giovani

I veri custodi della tradizione sono i giovani

I veri custodi della tradizione sono i giovani. Sono loro che l’hanno salvata dall’oblio.

Sembrerà un paradosso ma se affidassimo agli anziani, come me, la custodia della tradizione finiremmo con il fare archeologia culinaria e inevitabilmente perderla.

Senza idee nuove, senza riferimenti passati, senza una vera missione la tradizione rischia di sparire per sempre con la morte dei suoi custodi.

Tutte cose scontate direte voi, eppure siamo stati più volte sul punto di farlo ed in un certo qual senso lo abbiamo anche fatto.

Pensate alla cucina medioevale ed a quella rinascimentale. Quanto abbiamo salvato che residua sulle nostre tavole?

Certo ci sono tracce, residui di quelle mode ma molto è andato perduto o lo abbiamo abbandonato.

Il perché non sta solo nell’evoluzione del gusto ma soprattutto nel desiderio dell’essere umano di andare avanti, di scoprire e mettere in pratica sempre qualcosa di nuovo.

La rivoluzione gastronomica francese di fine ottocento fu uno di questi grandi movimenti, una sorta di spartiacque tra il prima e il dopo in cucina. Arrivarono le preparazioni laboriose, le salse, i fondi e tutto il corredo che per un lasso di tempo medio ci siamo trascinati dietro. Un tripudio di opulenza e complicazioni.

Per aversi un cambiamento si dovrà attendere la modernità industriale degli anni settanta, il cambio della famiglia tradizionale con la donna che lavora ed ha sempre più esigenza di strumenti moderni in cucina e di preparazioni snelle e veloci.

E’ l’epoca dei cibi pronti in scatola e della mitica fettina. La tradizione trova un suo spazio solo nei giorni di festa dove si apre una fase di “tregua” all’orgia dello “scalda e mangia” quotidiana.

Poi d’improvviso tra Francia e Spagna sorge un nuovo movimento dove Paul Bocuse, Ferran Adrià e Alain Ducasse ne sono, a giusta ragione, i guru.

La cucina si spacca in due. Da un lato resta al palo la cucina della tradizione, l’osteria e la trattoria, magari anche a conduzione familiare e dall’altro si apre il palcoscenico della cucina di “ricerca” o “gourmet”, o “nouvelle cuisine” come fu da subito chiamata.

A lei si deve il merito di aver dato una importante sterzata ad una pericolosa deriva verso la quale si stava andando. Ma come tutte le cose che attraggono è stata anche la causa di un crescendo di spasmodica ricerca e tecniche che piano piano hanno finito, a mio sommesso avviso, con il trasferire l’attenzione dal cliente al cuoco.

La cucina nelle mani di menti geniali e, se vogliamo, in continua evoluzione della proposta, ha finito con l’essere il posto dove il cuoco mostrava al cliente le proprie abilità nel trasformare con forme sempre nuove la materia.

E’ lì, in quel preciso istante, che sono nate le sferificazioni, le sabbie, le spugne, le cialde, gli estratti, i gel e molto altro che ben conosciamo.

Questi lustrini hanno attratto i giovani. Ci siamo scoperti tutti chef o con velleità tali e di lì è partito un grande interesse verso la cucina che, nel breve tempo, è approdata in televisione, nei talk, nei programmi e in vere e proprie gare televisive.

L’avvicinamento alla cucina ha fatto registrare un’impennata nelle iscrizioni nelle scuole Alberghiere e nel contempo in corsi più o meno specialistici.

In un tale panorama però non è passata la considerazione principale, ossia che la vita di cucina è una vita fatta di sacrifici e rinunce dove solo la passione per quello che fai ti aiuta a non pensare che mentre gli altri si divertono in ferie, o il sabato e la domenica, tu lavori.

Molti sono crollati di fronte alla dura realtà ed altri hanno invece proseguito.

Si è così creato il penultimo scenario della cucina moderna. Da un lato i giovani con piatti innovativi e sperimentazione e dall’altra gli anziani a proseguire sul vecchio tracciato conservando ricette, anche familiari, ormai quasi estinte.

Non più di 3 anni orsono la cosiddetta Alta Cucina ha cominciato a registrare una importantissima flessione. Si era bravi ma il cassetto piangeva. La spinta verso lo “straordinario” e le abilità dello chef aveva talmente selezionato il pubblico che la stessa cucina era divenuta insostenibile economicamente nel rapporto costo – incasso.

Nel frattempo la tradizione era diventata un piccolo nuovo must tra i giovani. La spinta green e la sostenibilità e resilienza aveva posto le basi per un’accoglienza diversa. Sono stati proprio i giovani, qui intesi sia come Cuochi che come Utenti a dare nuova linfa vitale alla cucina di tradizione, magari meglio vestita, lievemente più alleggerita ove serviva, realizzata con tecniche più moderne come, solo a titolo di esempio, la cottura a bassa temperatura.

E’ ritornata così la “cucina di servizio”, quella cucina che mette al centro di tutto il cliente, che ha una leggibilità immediata del piatto e della sua proposta.

E che sia così lo dicono le guide stesse che sempre più spesso ne premiano le scelte. Il nuovo impegno dei prossimi anni sarà dare nuove consistenze e leggerezze a piatti irrinunciabili della nostra tradizione e cultura familiare senza però privarli del sapore o del loro aspetto.

Personalmente mi sento tutelato da questa generazione di giovani cuochi che sempre più guarda dietro con idee modernissime.

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