“Robin Food” l’unione tra Napoli e il cibo
- anna cali
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“Robin Food” l’unione tra Napoli e il cibo
Napoli non è soltanto la città del Vesuvio, del mare limpido e del cielo quasi sempre senza nuvole e con un sole che ti mette allegria e vitalità anche nei tuoi momenti più tristi. Anche quando avresti voglia di restare in silenzio, lui ti ricorda che non puoi.
Napoli è un palcoscenico di tante cose messe assieme. È la città del caffè bollente che si beve con tre c, dei babà, delle sfogliatelle, della pizza a portafoglio, del ragù che si mette a fare il giorno prima perché deve “pippiare” bene.
La città partenopea è un insieme di tradizioni e usanze, non soltanto per quanto riguarda la cultura, ma anche per quanto riguarda la tavola. Tradizioni che devono essere rispettate sia a Natale che a Pasqua e non soltanto, perché a Napoli ogni festività è buona per sedersi a tavola e riassaporare i vecchi sapori.
E l’omaggio alla cucina e ai suoi piatti tipici l’ha fatto lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni tramite la sua più recente pubblicazione dal titolo “Robin Food”
Robin Food è un libro che si legge in maniera molto veloce, un breve racconto.
Breve sì, ma essenziale. Perché ci permette di capire fino a che punto la cucina napoletana sia importante per il suo popolo e per chi viene da fuori, non per altro, la città è diventata nel tempo la patria dello Street food.
Durante la lettura possiamo notare non soltanto l’amore verso la cucina e i piatti come: lasagne, genovese e gattò, ma anche l’amore che il protagonista, Roberto, prova verso un’altra donna: Marianna.
Pagine che scorrono veloci, grazie all’utilizzo di uno stile non soltanto molto fluido e un ritmo veloce, ma anche molto coinvolgente.
“Sono un napoletano atipico, non mangio pesce. Tra la cucina natalizia e quella pasquale, preferisco la pasquale. Il mio piatto preferito è il tortano, non altro che un’evoluzione del casatiello. L’unica differenza è che non ci sono le uova soda. Sulla tavola delle feste non deve mai mancare il ragù“, dichiara con queste parole lo scrittore De Giovanni
Neanche il tempo di mettersi comodi sul divano, pronti per iniziare la lettura che dopo una 15ina di minuti vi ritroverete già alla fine del racconto… con un incredibile acquolina in bocca.
Infatti, il finale del libro si conclude proprio con la scrittura delle tipiche ricette che si eseguono ogni volta è possibile all’interno delle case napoletane, perché cucinare a Napoli è un atto d’amore sì, che non si fa soltanto verso se stessi ma anche verso il prossimo e chi cammina tra i vicoletti della città può rendersene conto: l’odore del bucato appena steso che va a confondersi e a unificarsi con quello del sugo, del basilico ma anche delle cipolle. Perché qui a Napoli, tutto fa sapore.
La cucina però ha anche i suoi contro e le sue difficoltà. Chi è in cucina non soltanto ha paura che un piatto non possa riuscire, ma anche il timore che i suoi commensali non vengano soddisfatti abbastanza.
E la stessa identica paura, l’ha provata proprio l’autore del libro:
“Io non so cucinare. Quando ero con i miei figli, fortunatamente avevo con me una signora ucraina bravissima che cucinava per loro. Io avevo paura per loro, ma fortunatamente loro non badavano a questa paura, anzi, mangiavano tutto e hanno saputo apprezzare tutti i piatti tipici della cucina napoletana”.
E ancora, Maurizio De Giovanni in merito all’espressione “chi invecchia è come il vino”, afferma che: “Non mi guardo mai indietro. Non ho grandi rimpianti. Ritengo di essere sufficientemente accettabile per la mia età e sono tutto sommato contento di come sia andata sotto ogni punto di vista”.