Giuseppe Cupertino, il sommelier tra identità smarrita e riscatto

Giuseppe Cupertino, il sommelier tra identità smarrita e riscatto

 

Giuseppe Cupertino, il sommelier tra identità smarrita e riscatto

Giuseppe Cupertino (comunicatore, presidente regionale della Fondazione Italiana Sommelier, wine manager professionista) analizza il futuro della figura del sommelier sempre più compromessa da logiche commerciali e superficialità. Critica la banalizzazione della figura sui social e la perdita di riconoscimento professionale invitando a una migliore formazione e valorizzazione del ruolo per tutelare la figura del Sommelier e salvaguardare la cultura enogastronomica.

 Se sbaglio mi correggerete ma io continuo a lottare! La verità che non si vuole accettare!

Negli ultimi anni, la figura del Sommelier Professionista ha subito un preoccupante declino in termini di percezione e reputazione.

Un tempo simbolo di eleganza, competenza, cultura enologica e raffinata capacità di abbinamento, oggi il sommelier viene sempre più spesso confuso con un semplice mescitore del vino (se non acqua).

Questa riduzione del suo ruolo non solo ne svaluta le competenze, ma minaccia anche l’intero settore della sommellerie, che rischia di perdere il suo valore distintivo.

Insomma, dalla vera cultura al servizio: una semplificazione dannosa.

Il sommelier non è, e non dovrebbe essere, un mero esecutore di ordini.

La sua formazione richiede anni di studio, esperienza sul campo e un affinamento costante della sensibilità degustativa.

Egli non si limita a versare il vino nel bicchiere, ma ne conosce la storia, il terroir, le tecniche di vinificazione e l’evoluzione organolettica.

Tuttavia, nel contesto attuale, la sua funzione viene spesso banalizzata e ridotta a un ruolo meramente operativo, quasi meccanico.

Questa semplificazione è figlia di diversi fattori.

In primis, la crescente superficialità con cui molti ristoranti e locali gestiscono la vendita e il servizio del vino.

Sempre più spesso, si preferisce affidare la selezione dei vini a logiche commerciali anziché all’expertise del sommelier, privilegiando marchi noti o accordi con distributori a discapito della ricerca enologica ed esperienziale.

In secondo luogo, la proliferazione di pseudo-sommelier, formati in corsi lampo e privi di una reale preparazione, ha contribuito a confondere il pubblico e a svilire il valore della professione.

E dell’influenza della cultura pop e dei social media ne vogliamo parlare?

Un ulteriore elemento che ha minato la figura del sommelier è la crescente spettacolarizzazione del vino attraverso i social media e la cultura pop.

La sommellerie, un tempo legata a un sapere raffinato e specialistico, è oggi soggetta a una sorta di democratizzazione forzata, che porta chiunque a definirsi esperto solo perché ha degustato qualche bottiglia pregiata o ha seguito un corso base.

Se da un lato è positivo che il vino sia diventato più accessibile e democratico, dall’altro questa tendenza ha generato una percezione distorta della professione e delle capacità di upselling.

I veri sommelier, quelli che dedicano la loro vita a viaggiare, a perfezionare il palato, a studiare abbinamenti e a raccontare il vino con passione e competenza, vengono messi sullo stesso piano di figure improvvisate, spesso più abili nel marketting che nella degustazione e nel racconto.

Conseguenze per il settore della Sommellerie? (S maiuscola).

Questa perdita di appeal non è solo una questione di percezione, ma ha conseguenze concrete.

Molti ristoranti stanno rinunciando alla figura del sommelier, ritenendola un costo superfluo.

I giovani talenti che vorrebbero intraprendere questa carriera si trovano di fronte a una realtà poco gratificante, in cui il riconoscimento professionale è sempre più raro.

Inoltre, il pubblico stesso, non educato alla differenza tra un vero sommelier e un semplice addetto al servizio del vino, finisce per non percepire il valore aggiunto di questa figura, con il rischio di un generale appiattimento della cultura enogastronomica.

Come riscattare la professione?

Per contrastare questa deriva, è necessario un cambio di rotta su più livelli.

In primo luogo, le associazioni professionali di sommellerie dovrebbero rafforzare la formazione e la certificazione, creando un divario netto tra chi è un sommelier qualificato e chi invece si improvvisa tale.

Allo stesso tempo, ristoratori e operatori del settore dovrebbero riconoscere l’importanza del Sommelier non solo come figura di servizio, ma come vero e proprio consulente strategico per valorizzare la carta dei vini e migliorare l’esperienza del cliente, oltre a generare profitto.

Infine, serve una maggiore educazione del pubblico.

È fondamentale promuovere una cultura del vino che non si fermi alla superficie, ma che sappia riconoscere e apprezzare la profondità del lavoro di un Sommelier.

Solo così si potrà dare nuova dignità a una professione o a una passione che, anziché essere ridotta a un ruolo secondario, merita di tornare a occupare il posto d’onore che le spetta nel panorama enogastronomico italiano.

Si, perché all’estero il Sommelier è una figura professionale ambita e ricercata, considerato un vero ambasciatore della cultura gastronomica oltre ad essere un grande generatore di profitti pensante.

E saper vendere emozionando non è da tutti, anzi!

Conclusione:

E se la contrazione drastica delle vendite del vino nella ristorazione italiana, non dipendesse solo dalle norme del nuovo codice della strada, bensì dalla mancanza di professionisti del vino così autorevoli dal non riuscire più a conquistare un pubblico sempre più attento ed esigente?

È difficile accettare le proprie colpe, lo so, ma rifletteteci.

Contraddittorio, mode on! Io aspetto lottando!

 

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