Pepe, Coppola, Cipriano: e si scatena il Terrae Motus
- redazione
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Appena due mesi fa, a Milano, avevo sentito il toccante ricordo di Franco Pepe su suo nonno che continuava a sfornare il pane in una Caiazzo sfigurata dalla guerra assieme a tutta l’alta provincia di Caserta, in un racconto che disegnava il senso del suo mestiere oggi e faceva già da passaggio di consegne a Stefano suo figlio.
Un senso che continua adesso – proprio nel mezzo del corso Aulo Attilio Caiatino da poco rinnovato in splendida passeggiata – da Terrae Motus, il pub – anzi, l’agripub – che Franco Pepe, Vincenzo Coppola e Mario Cipriano hanno fatto nascere a quattro passi da quella scalinata di Vico San Giovanni Battista dove da mattina a sera si celebra la processione degli avventori di Pepe in Grani.
Franco Pepe, il pizzaiolo che per primo ha percorso la strada per portare la pizza a dialogare alla pari con l’eccellenza gastronomica, partendo da un impasto che ha dell’incredibile, giocando tutto su qualità e territorialità estrema degli ingredienti, fino ad approdare a un progetto che unisce salvaguardia della biodiversità attraverso la valorizzazione dei prodotti tipici locali e autonomia produttiva e di approvvigionamento – non ultimo il progetto di realizzare farine da grani antichi autoctoni – , quindi creazione di una rete di collaborazione e sostegno reciproco con i contadini, gli allevatori e gli artigiani dei dintorni di Caiazzo, trasformando il viaggio nel paesino del casertano, la visita alla pizzeria e magari il soggiorno nelle stanze attigue in un’immersione benefica all’interno di un microcosmo dove il rispetto della natura genera il fiorire della cultura ambientale e gastronomica.
Vincenzo Coppola, il giovane agronomo che conosce ogni palmo di questa terra, innamorato della tradizione, della cultura e delle usanze sul mangiare e bere locali, e che segue personalmente il lavoro delle aziende coinvolte in questa grande idea, animato dalla convinzione che il rispetto della terra, delle buone pratiche agricole e dello sviluppo degli allevamenti non fallisce mai in termini di gusto e quindi di piacere generato in chi quei prodotti li prova, se ne innamora e quindi trova giusto a sua volta rispettarli cercandoli e pagandoli, a patto di conservare le giuste dimensioni che permettono a questi prodotti di conservare la loro identità, senza adulterarli al solo scopo di venderne di più.
Mario Cipriano, che con la birra Karma ha materializzato i suoi sogni di homebrewer convinto che il sapere sia anche sapore, interpreta il rispetto per la terra e per la sostenibilità usando malto d’orzo da agricoltura biodinamica, mieli biologici e zuccheri di mercati equo-solidali, e che ha intuito il potenziale di ingredienti poveri quanto potenti come le mele, il mosto, gli agrumi, armi che colpiscono i sensi, prendendo posizione netta su che cosa voglia dire birra artigianale, puntando senza tentennamenti sulla rifermentazione in bottiglia, senza pastorizzare, senza filtrare, nella convinzione che il sedimento sia il benvenuto alla sincerità della sua birra, che rifugge ovviamente da qualsiasi conservante.
Tre colossi simili non potevano che generare un vero Terrae Motus
Il nome rimanda ovviamente alla collezione donata da Gianni Amelio alla reggia di Caserta, e con la quale il progetto dell’agripub in fondo ha parecchia affinità: in entrambi i casi si tratta di collaborazione, di amicizia, di competenza e professionalità, e di cogliere il momento; laddove Gianni Amelio, dopo il devastante terremoto dell’Irpinia del 1980 sensibilizzò i suoi amici artisti ad esprimersi sull’evento con opere uniche che oggi è possibile ammirare nelle stanze del palazzo reale, così gli amici Franco, Vincenzo e Mario uniscono le loro arti realizzando una collezione di bontà che, parlando la lingua caiatina e campana, si donano a coloro che verranno ad assaggiarle, scoprendo non solo ingredienti e prodotti ma costumi e modi di pensarli e consumarli secondo l’uso del luogo.
È sereno, Vincenzo, come Franco che arriva poco dopo, hanno il passo e il respiro di chi vive a misura umana e ha capito che restandole fedele in realtà genera molta più attenzione di chi invece si snatura inseguendo modelli più diffusi. Sono giustamente fieri e trasmettono quello stesso equilibrio che sono riusciti a infondere al pub e alla sua offerta, con un menù strutturato tra sfizi, antipasti, tipicità, fino ad approdare ai veri e propri panini realizzati a partire dall’impasto di Franco e ripassati nel forno del locale prima di arrivare a tavola.
Senza nulla togliere alle etichette selezionate da Vincenzo in persona, più che i vini ci sembra giusto onorare le birre di Mario (oltre alle sue, in carta, una cernita attenta e garantita dal lui stesso che spazia in tutto il territorio italiano), tra una Marilyn che regala una morbidezza leggera, e una Carminia che prende tutta la sua personalità dai luppoli aggiunti solo a fermentazione avviata.
Anche l’anello di cipolla fritta può diventare eccellenza se lo fai con la cipolla di Alife, dolce ma dal substrato potente, un tempo coltivazione regina di questa terra che oggi invece è quasi da proteggere per evitarne l’estinzione (non a caso Slow Food l’ha inserita nel Presidio della Biodiversità dell’Alto Casertano assieme al lupino gigante di Vairano e alle mitiche olive di Caiazzo, che ovviamente sono presenti come “sfizi” nel menù), il che vorrebbe dire estinguere anche un’identità, visto che gli stessi alifani si appellano cipollari e che ‘nzertare – cioè intrecciare – le cipolle per conservarle costituiva uno di quei riti stagionali tipici al quale tutti i membri della famiglia dovevano dedicarsi.
Un pub senza le patate fritte sappiamo tutti quanto sarebbe inconcepibile, perciò da Terrae Motus si possono far scrocchiare questi meravigliosi veli di patate fritte, e non deludere i più giovani, facilitando il loro avvicinamento alla propria identità territoriale attraverso una serata al pub.
La parmigiana ce la spiega direttamente Vincenzo, alternativa a quella di melanzane, con i peperoni la consistenza gioca sulla morbidezza e nello stesso tempo il senso di fresco e di leggero incontra il fior di latte quasi come quando sulla pizza si crea quella fusione alchemica sublime, complice determinante l’antico pomodoro riccio che – come Vincenzo sottolinea – è volutamente lasciato “lento” e non “tirato” proprio per non far smarrire quella sensazione di levità e giovinezza, per un boccone che – seppur caldo – veramente sa di prodotti appena colti.
Da una famiglia di fornai come quella dei Pepe, dell’ottimo pane è il minimo che puoi aspettarti.
E l’idea di servirlo come bruschette – questo è il mezzo metro, ma volendo c’è anche quello intero! – diventa un modo gradevolissimo di coniugare lo stuzzico con la valorizzazione degli ingredienti tipici e di qualità, per cui si va dal tonno alletterato alle alici sul cuore di bue, passando per i pomodorini essiccati e provola, fino ai legumi della zona, ceci e fagioli, con l’ottima pancetta irpina di Mario Carrabs, e la divertente passeggiata disegnata da Vincenzo Coppola nella Campania Felix è bella e completa.
Con i panini ci si affaccia direttamente negli allevamenti di carne bovina di razza marchigiana IGP, tirati su come Dio comanda in aziende con macello integrato, che Vincenzo controlla in ogni millimetro della filiera mettendoci la faccia, così come per i maiali, che nel casertano sono da sempre curati con grande perizia, e laddove non arrivano gli allevatori ci pensano gli artigiani dei salumi e dei formaggi della Campania, come accade per la salsiccia casertana e il fior di latte di questo riccio nero che ha il pregio di essere davvero un panino archetipo, con le fette di salame e la scarola cruda a rinfrescare.
Dal panino fresco e leggero al rustico, che rievoca una vera e propria marenna, vuoi per il sostanzioso hamburger di maiale, e vuoi per la forchettata di peperoncini che lo rendono un piatto in mezzo al pane per un abbinamento classico della cucina popolare, il grasso del maiale e il dolce acidulo dei peperoncini. La descrizione sarebbe manchevole senza soffermarsi sul pane, che origina dall’impasto miracoloso di Franco ma che la cottura in forno elettrico trasforma in dei buns che hanno l’elasticità di una focaccia, con quell’intrico di alveoli, e la capacità di crearsi una patina croccante col passaggio finale in forno, così il dente incontra un gradevole croc prima di sprofondare nel morbido, senza perdere il “morso”.
È a questo punto che emerge lampante il segreto dei nostri tre titani e della forza del loro Terrae Motus.
L’estrema cura dei particolari, anche dei più piccoli, il gioco di rimandi e citazioni tra il menù e le usanze popolari, l’abilità nell’abbinare prodotti superiori ottenendo però sfizi e panini semplici da gustare con vini e birre di forte identità. Come già in pizzeria da Franco, anche da Terrae Motus si sceglie di andarci, si gode della scelta e ci si sente orgogliosi di aver onorato questo progetto teso a dare piena dignità a un territorio, un fine nobile e pienamente centrato.
Nobile il fine, come nobile è il latte usato nei dessert di Scaramuré che completano la carta del Terrae Motus, con i simpatici boccacci dell’azienda nolana che tra gelato alle noci, cioccolato e fuscella e fragoré – ossia fragole su crema di latte – permettono un ulteriore focus su un’altra lodevole iniziativa, quella appunto del latte nobile, in questo caso dell’Appennino Campano, un latte prodotto da animali tenuti in sistemi non intensivi e nutriti con razioni costituite per sette decimi da foraggi – negli allevamenti intensivi invece prevalgono i concentrati – che contengono almeno quattro essenze differenti, garantendo altissima qualità organolettica.
Bravi e competenti, ai tre è riuscito anche il miracolo di contenere i prezzi, con gli sfizi che vanno dai 2.50 ai 5 €, e i panini che si attestano intorno ai 7, come altrettanto opportuni sono i prezzi delle birre alla spina e in bottiglia, perché se l’eccellenza non fosse accessibile allora il bersaglio di far riappropriare il pubblico della propria cultura gastronomica sarebbe miseramente fallito.
Invece Franco, Vincenzo e Mario possono segnare un centro pieno e la casa che hanno costruito per farvi abitare la secolare cultura contadina è solida e pronta ad accogliere tutti coloro che la scossa del Terrae Motus spingerà a incamminarsi verso l’Alto Casertano.
Terrae Motus Agripub
Via Aulo Attilio Caiatino 41
81013 Caiazzo (CE)
Tel. 0823 615008
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