Pane al lievito di olive
- redazione
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Che forza la natura!
Dalla Terra nascono tanti frutti, cereali, verdure, e crescono spontaneamente o con l’aiuto dell’uomo che ha imparato a coltivarli ormai millenni fa!
Ma l’uomo, oltre che a coltivarli ha anche imparato a trasformarli per esigenze di conservazione o per ottenere bevande e cibi appaganti al palato. Diciamo l’uomo anche se forse dovremmo vedere i veri artefici, guardare all’invisibile, a tutti quei batteri, lieviti, funghi e altri microorganismi che convivono con noi, dentro e fuori!
Leggevo in un libro molto istruttivo (nda: “L’intestino felice” di Giulia Enders) che ne abbiamo circa 2,5 kg nell’intestino! Sono i batteri che ci aiutano a digerire e a scomporre i cibi che ingeriamo. Sempre i batteri (lactobacilli, lieviti e così via), inoltre, ci permettono di operare le fermentazioni tanto utili da sempre per produrre formaggi, salumi, vini, birre e, of course, PANE!
Come?
Ma semplice, contaminando gli sfarinati o i cereali in genere, operano dei processi fermentativi che contribuiscono alle lievitazioni.
Queste fermentazioni più o meno spontanee, già nel 3500 a.C., nella valle del Nilo, hanno consentito agli egiziani di produrre birre e pani! Anche in Sardegna abbiamo ritrovamenti molto antichi, un villaggio nuragico del 1500 a.C. a Villanovaforru è a detta degli archeologi un esempio di laboratorio di panificazione!
È così che è nata la Pasta Madre, probabilmente casualmente da un impasto di farina e acqua dimenticato da qualche parte. Gli invisibili l’hanno contaminato e fatto lievitare, da allora niente è più stato lo stesso!
I pani da semplici dischi di impasti cotti su pietre calde e forni rudimentali, hanno iniziato ad assumere forme di altro tipo, diciamo a tre dimensioni, e, soprattutto, sono diventati più digeribili. Da allora l’uomo ha sempre cercato di replicare il processo avvenuto casualmente, conservando parte dell’impasto fermentato, per le successive lavorazioni.
È così che la Pasta Madre passa di mano in mano! Ma che succede se per un qualche motivo si vuole crearne una nuova?
Beh, non c’è che da replicare il fenomeno della contaminazione spontanea e questo può essere fatto partendo da acqua e farina a contatto con starter di vario tipo: frutta o altri agenti contaminanti. Oppure, anziché uno starter, è anche possibile mettere a fermentare della frutta (ma non esotica che contiene la papaina, potente proteolitico), delle olive, certa verdura, fiori.
Io, tra le varie esecuzioni, sono partito proprio dalle olive, il procedimento è semplice
Prendete un barattolo sterilizzato, metteteci una parte di olive non trattate, due parti di acqua decantata, un cucchiaino di miele, chiudete.
Due volte al giorno agitate e fate uscire i gas, dopo 5-7 giorni, si formerà una schiumetta indicativa, odorerà di olive e di leggero acido, sono segni indicativi che la vostra acqua è pronta.
Potete a questo punto filtrarla e usarla per preparare un prefermento con tanta acqua fermentata e tanta farina. Vedrete che dopo circa tre ore sarà già raddoppiato!
Se volete rafforzarlo e insaporirlo ulteriormente fate degli altri rinfreschi e, infine, usate il vostro prefermento come in un impasto indiretto con una parte importante di farina prefermentata, appunto, e in cui la parte dei lactobacilli responsabili della componente acida è leggermente indietro rispetto alla popolazione di lieviti.
Le olive, rispetto alla frutta, hanno il vantaggio di avere degli oli aromatici che rimangono nel prefermento e quindi nel vostro pane. Questa ricetta, quindi, mi piace particolarmente perché cosa c’è di meglio del pane con le olive? Di seguito trovate le dosi e il procedimento! Divertitevi!
Ingredienti
- Farina di tipo 1 da panificazione: 1000 gr
- Acqua: 500 gr
- Prefermento di olive: 900 gr
- Sale: 28 gr
- Estratto di malto: 7 gr
Procedimento
Come prima cosa preparate la vostra acqua fermentata di olive come detto sopra, ve ne basterà 1 litro per fare diversi rinfreschi.
Appena pronta realizzate il vostro prefermento unendo 450 gr di acqua fermentata e 450 gr di farina medio forte, appena sarà raddoppiato ma non fatelo collassare (!!!), scioglietelo nell’acqua della ricetta, unite la farina e impastate, unite il sale e terminate di impastare senza incordare eccessivamente! Mettete a puntare per circa due ore – due ore e trenta a 26 °C e facendo due pieghe a tre ogni mezz’ora nella prima ora.
Appena il vostro impasto sarà quasi raddoppiato, rovesciate sul piano, spezzate in tre, preformate e lasciate riposare per mezz’ora, formate e mettete a lievitare a 26 °C per un’altra ora circa o comunque fino alla prova polpastrello (ossia schiacciate leggermente l’impasto, la vostra impronta dovrà tronare indietro in circa 2-3 secondi, se non lo fa, o è troppo giovane o è già passato di lievitazione).
Infornate quindi in forno statico, con pietra refrattaria scaldata a 250 °C e vapore per 15 minuti, quindi fate uscire il vapore abbassate a 220 °C e continuate per un’altra mezz’ora o comunque fino a fine cottura.
Il pane è cotto quando suona vuoto sul fondo!
Provate e fatemi sapere! Se avete dubbi o domande, venite a trovarmi sulla mia pagina Pbread Natural Bakery o visitate il mio blog Pbread.