Della frutta secca non si butta via niente!
- redazione
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Immagino che ricordiate tutti il celebre detto toscano “del maiale non si butta via niente”.
Ebbene, a me è subito venuto in mente quando, nell’apprendere la procedura dell’estrazione del latte vegetale dalla frutta secca (mandorle, noci, nocciole, anacardi, etc.), ho scoperto che da un semplicissimo pugno di mandorle, corrispondente a circa 100 gr, non solo si ricava quasi 1 lt di latte vegetale, ma anche una polpa di scarto dall’aroma delicato, che gli asiatici chiamano okara, composta essenzialmente di fibre e amido, che trova largo impiego in cucina.
Inoltre, la buccia esterna del frutto, dura e non edibile, può essere utilizzata come materiale naturale per accendere stufe e caminetti durante la stagione invernale.
Giungo quindi alla preparazione del latte vegetale, che oggi più che mai rappresenta una valida alternativa al latte vaccino per tutti coloro che sono intolleranti al lattosio; per coloro che hanno deciso di eliminare le proteine di origine animale dalla loro alimentazione; infine per coloro che hanno necessità di una dieta povera di grassi, di integrare sali minerali e vitamine del gruppo B e di prevenire il colesterolo cattivo con una buona percentuale di grassi monoinsaturi e polinsaturi.
Processo di produzione del latte vegetale
Affronterò il processo di produzione del latte vegetale ottenuto da leguminose (soia in primis) e cereali (avena e riso) in un secondo momento, poiché l’argomento è più complesso e merita una trattazione a parte. Poniamo dunque la nostra attenzione sul seguente procedimento, che, vi assicuro, è molto semplice e conduce a risultati che soddisfano enormemente il palato.
Iniziamo col dire che la frutta secca va lasciata alcune ore in ammollo prima di essere utilizzata, con o senza pellicina. In linea generale, e per facilitare la procedura, si consiglia un ammollo di almeno 8 ore, che può essere fatto comodamente la sera prima in modo tale da essere pronti al mattino seguente.
L’ammollo è di fondamentale importanza perché stimola la germinazione, che, a sua volta, aumenta la disponibilità delle vitamine e dei caroteni, rendendoli ancora più nutrienti. Inoltre, neutralizza l’acido fitico, il quale inibisce l’assorbimento dei sali minerali. Come dire, sgranocchiare frutta secca direttamente dalla confezione appena acquistata non apporta i quantitativi di nutrienti necessari.
E questo è un aspetto da non sottovalutare
Una volta lavata per bene sotto l’acqua corrente la quantità di frutta secca desiderata, vi si aggiunge dell’acqua naturale – mediamente occorrono 750 ml di acqua naturale per ogni 100 gr di frutta secca – e si passa il tutto nel frullatore.
Vi suggerisco di non perdere la testa a pelare né mandorle né noci né nocciole. La pellicina apporta sapore e contiene antiossidanti preziosi. Tanto poi il tutto va filtrato. Potete utilizzare un passino, in prima istanza, e ricorrere poi ad un canovaccio di cotone a maglie larghe per una filtrazione più accurata.
In pratica il vostro latte vegetale è già pronto. A questo punto potete dolcificarlo e/o aromatizzarlo a piacere con i semi di una bacca di vaniglia, con dello zucchero di canna integrale, con del cacao magro in polvere.
Io ne ho ottimizzato il sapore aggiungendo nel frullatore dei pezzetti di datteri, prugne o fichi secchi, uvetta sultanina o albicocche disidratate, a seconda della frutta secca utilizzata. Ad esempio, le noci con i fichi, le nocciole con le albicocche, le mandorle con i datteri, etc. A voi la scelta. In questo caso ulteriori dolcificanti naturali come zucchero o miele, ad elevato indice glicemico, non servono più.
E veniamo all’utilizzo della polpa
Da 100 gr di frutta secca si dovrebbero ottenere circa 100 gr di polpa. Essa presenta un odore e un sapore molto delicati, che riconducono al frutto di origine. Può essere adoperata nella preparazione di dolci quali biscotti, torte, praline, etc.
Io vi suggerisco di utilizzarla per aromatizzare dei morbidi panetti integrali da gustare a colazione. Le proporzioni, per 100 gr di polpa, potranno essere: 100 gr di pasta madre rinfrescata, 300 gr di un buona farina biologica di tipo integrale forte, un pizzico di sale, olio di semi di mais.
In genere la polpa è abbastanza umida.
Se ciò non dovesse bastare, potete utilizzare un po’ d’acqua intiepidita o dello stesso latte vegetale per aiutarvi nell’impasto. A piacere, si può rendere l’impasto dolce aggiungendo ad esso della frutta (fichi secchi, albicocche disidratate, datteri, uva passa, etc.), frullata e ridotta in pasta con un po’ di olio di semi. In questo caso sono stati aggiunti 1 fico secco, 1 albicocca disidratata ed 1 dattero.
L’impasto ottenuto in questa prima fase va fatto riposare per circa 4 ore, o comunque fino al raddoppio del suo volume, dopo di che va lavorato per bene sulla spianatoia cosparsa di semola di grano duro, al fine d’incorporare aria, e suddiviso in circa 10 panetti sui quali potrete divertirvi a incidere una quadrettatura a mo’ di rosetta.
Lasciate riposare questi panetti per ulteriori 2 ore (o comunque fino al raddoppio del loro volume) direttamente sulla teglia del forno rivestita di carta forno e cosparsa anch’essa di semola, e infornate poi in forno statico ad una temperatura iniziale di 200°C per i primi 5 minuti; abbassate poi a 180°C per altri 15 minuti e finite di cuocere a 160°C fino a che vedrete i panetti dorare in superficie.
Non dimenticate che i forni non sono tutti uguali, né tantomeno le forze delle vostre paste madri; pertanto i tempi potrebbero essere ben diversi.
La caseificazione del latte vegetale da frutta secca
Infine, vorrei raccontarvi la mia personale esperienza con la caseificazione del latte vegetale da frutta secca. Tutti conoscono le alternative vegetali ai prodotti lattiero-caseari che si possono ricavare dalla soia (latte, panna, yogurt, ricotta, mozzarella, formaggio, etc.).
Ebbene, non immaginavo che anche dalla frutta secca si potesse ricavare un latticino fresco, cremoso, profumato e gustoso, come la ricotta. Ed il procedimento è straordinariamente semplice!
Basta partire dal litro di latte vegetale autoprodotto (io ho testato quello di nocciola), bollirlo sul fuoco della vostra cucina, aggiungere il succo filtrato di un piccolo limone (circa 30 ml) – l’acido citrico favorisce la coagulazione delle proteine del latte vegetale e dunque la cagliata -, mescolare, e, dopo aver versato il tutto in una ciotola di vetro trasparente, attendere che il composto s’intiepidisca per una mezz’oretta.
Trascorso il tempo necessario, vedrete che nella ciotola si saranno formati due strati netti: la cagliata, in superficie, e il siero, sul fondo. Non vi rimarrà che filtrare il tutto attraverso un canovaccio di cotone a maglia larga (praticamente come avete fatto per ottenere il latte vegetale, solo che al posto della polpa di scarto, questa volta nel canovaccio ci sarà la vostra ricotta, mentre al posto del latte ci sarà il liquido di scarto della cagliata, cioè il siero).
Vi consiglio di non dolcificare il latte vegetale di partenza né aromatizzarlo, così da rendere quanto più neutro possibile il risultato finale della sua caseificazione.
Siete pronti per assaggiare la vostra ricottina fresca spalmandola sul pane abbrustolito? Io, ben presto, con quella di latte di mandarle, vi ci faccio, udite udite, il migliaccio!