Quando a Palermo è la festa del papà tutto l’anno. La “Sfincia”.

Sfincia

Se a Napoli il giorno della festa del papà significa Zeppola di San Giuseppe nel sud Italia questa festa segue spesso la concomitanza con un dolce specifico. Palermo, capitale di una delle pasticcerie più importanti al mondo, non è ovviamente da meno. Ma per gradi.

Nel Regno di Napoli prima e delle due Sicilie poi molte tradizioni si sono fuse tra loro in maniera tale da non rendere sempre facile l’identificazione delle origini di un piatto molto simile ma non uguale.

Già in precedenza (QUI) parlando dei pasticciotti abbiamo visto come sia quello leccese (Galatina per la precisione) e quello napoletano fossero figli di una emulazione, con prodotti similari reperibili su quel dato territorio, della Varchiglia cosentina. Talvolta però questi passaggi non ci sono consentiti, così appare complesso desumere se sia nato prima un prodotto in un posto anzichè in un altro.

E questo è il caso della Zeppola di San Giuseppe e della Sfincia. Napoletana la prima, siciliana  la seconda.

Sfincia

Sfincia

Infinite le analogie e similitudini di entrambe.

Tutte e due grandi come il pugno di una mano. Entrambe composte da una pasta choux fatta di farina, strutto, uova e sale. Fritte nello strutto (almeno originariamente). Guarnite di una crema sopra, le siciliane di ricotta di pecora e le napoletane pasticcera. Le sfinci siciliane sormontate da una ciliegia candita mentre le zeppole napoletane da un’amarena sciroppata. Entrambe consumate il giorno di San Giuseppe, il 19 marzo che è dal 1968 la festa del papà.

Ma allora quale è nata prima? Chi ha copiato chi?

Alcune variazioni con il tempo si sono avute e alcune piccole differenze, non filologiche ma di estetica ci sono e sono di tutta evidenza. Le sfinci originariamente erano solo farcite sopra con la crema ricotta, poi hanno ottenuto una farcitura interna a mo’ di bignè con il passare del tempo.

Ma vediamo come sono fatte. Le sfinci sono dei bignè formati con le mani e fritti nello strutto. Le zeppole invece sono l’impasto choux estruso con una sac a poche formato a ciambella e messo a friggere con quella forma. Di tradizione la Sfincia era fritta una sola volta nello strutto. La Zeppola, che richiedeva maggior cottura per la sovrapposizione dell’impasto della ciambella, due volte.

La Sfincia è guarnita con un cucchiaio (anticamente solo sopra ma ora spesso anche internamente) con ricotta lavorata con zucchero e gocce di cioccolato. La Zeppola con la sac a poche con la crema pasticciera solo sopra anche se ultimamente (e la cosa non dispiace) molti pasticcieri spingono la sac a poche anche all’interno ottenendo una maggior presenza della crema.

Entrambe sono sormontate da una ciliegia. La Sfincia una ciliegia candita, la zeppola un’amarena sciroppata. La sfincia ha anche una zest di arancia candita e di tradizione granella di pistacchio.

Il nome sfincia deriva dall’arabo isfanǧ che significa “spugna”. In effetti la Sfincia si presenta come una frittella morbida e dalla forma irregolare, proprio come una vera e propria spugna. E questa è la prima differenza con la zeppola che è più “garbata” nelle forme e più prodotto di pasticceria. Una sorta di imitazione evoluta successiva.

L’origine della sfincia è antichissima, tanto che compare, con nomi differenti, nella Bibbia e nel Corano.

La sua prima evoluzione da semplice frittella cosparsa di zucchero portata dagli arabi in quello che fu il Califfato di Sicilia la si deve alle suore del monastero delle Stimmate, situato a Palermo, che l’hanno tramandato ai pasticcieri palermitani e l’hanno dedicato al Santo degli umili.

Ai pasticceri palermitani si deve l’introduzione della granella di pistacchio e dei canditi che in epoca rinascimentale diedero vita a capolavori come la cassata.

La zeppola di San Giuseppe, nota come zeppola fritta o isfang se vogliamo proprio dirla tutta è per la prima volta riportata da Goethe che, in visita nel capoluogo partenopeo alla fine del 1700, scriveva: Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti… ”

In effetti le frittelle erano note anche ai romani che durante le celebrazioni delle Liberalia, feste organizzate dai romani in onore delle divinità del vino e del grano che si celebravano il 17 marzo, venivano cotte nello strutto e accompagnavano coppe di vino.

Con l’ascesa dell’Imperatore Teodosio II (in realtà fu Antemio – Prefetto del Pretorio di Oriente – in quanto il neo imperatore aveva solo 7 anni all’epoca), che proibì qualsiasi culto pagano, non furono più celebrate le Liberalia. Ma è probabile che nel tempo siano state assimilate ugualmente dal cattolicesimo che fissò due giorni più tardi la festa di San Giuseppe (ndr i primi a festeggiarla furono i monaci benedettini nel 1030, seguiti poi dai servi di Maria nel 1324 e dai francescani nel 1399. La festa divenne poi canonica per la Chiesa Cattolica nel 1621 grazie a Papa Gregorio XV e fu un giorno festivo sino al 5 marzo 1977).

La forma di zeppola le frittelle viste da Goethe la avrebbero assunta poco prima della sua visita grazie alle monache dello Splendore e della Croce di Lucca o alle monache di San Basilio del Monastero di San Gregorio Armeno nella metà del 1700.

Risalirebbe al 1873 la prima ricetta scritta di zeppole di San Giuseppe, attestata nel trattato di cucina napoletana di Ippolito Cavalcanti

Da quanto visto quindi la Zeppola di San Giuseppe sarebbe un’imitazione migliorata ed evoluta della Sfincia siciliana. Ma i francesi con la loro pasta choux? Le eclaire? I croquembouche? I bignè (poi diventati in Piemonte bignole)? I profitterols?

Il 23 ottobre del 1523 Caterina de’ Medici sposò Enrico II di Valois e con il suo seguito portò i propri cuochi e pasticcieri. Qui i pasticcieri medicei avrebbero portato l’impasto ormai noto in tutta la nostra penisola e perfezionato dai Pasticceri Penterelli e Popelini con la farcitura a base di creme.

Solo successivamente, agli inizi del 1800 grazie a nomi come Jean AviceMarie-Antoine Carême(maestro di Escoffier) si sarebbero avute le grandi creazioni di pasticceria a base di pasta choux francesi.

La sfincia oggi è l’unico dolce che benchè sia tipico della Festa del Papà si consuma tutto l’anno.