Vinelli da vacanza per uscire dai soliti schemi!
- Mario Crosta
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Vinelli da vacanza per uscire dai soliti schemi! Cominciano le vacanze.
Si evade dal tran-tran quotidiano al lavoro, a far la spesa nei soliti negozi, alle pietanze e ai vini abituali. Si può uscire dalle righe, come si suol dire, anche se per chi risiede nelle metropoli può significare rimettersi in coda da un’altra parte.
Ma c’è qualcosa delle vacanze che sicuramente ci affascina come un sogno, una liberazione. Non soltanto i paesaggi, le persone, gli avvenimenti, ma anche qualche specialità che abbiamo gustato e qualche buon vino che ce l’ha fatta apprezzare meglio.
In vacanza quello che ci attira di più, cioè la migliore regola, si sa, è non seguire le regole. E capita allora che anche l’appassionato del vino importante si lasci tentare a volte anche dai vinelli da vacanza, freschi, frizzanti e rilassanti, per vincere la calura e la sete.
Pineta, tenda, spiaggia, giardino, cioè grigliate, spiedi, piatti e bicchieri di cartone da quest’anno perché sono vietati quelli di plastica, insomma si sta benissimo anche in canottiera e con i calzoni corti, vero?
Lo so che all’inizio magari è un po’ dura scrollarsi di dosso lo stile di vita della grande città. Compreso i suoi bei vini in bottiglia, col tappo di buon sughero, l’etichetta attillata, di un’annata scelta tra le migliori, da cantine podiate e di gran successo mediatico.
Ma prima o poi ci si deve arrendere alla magia del posto, al baretto preferito sulla passeggiata, alla simpatia del personale e alle nuove compagnie.
Perché vergognarsi allora di quel vino alla spina, leggero, rinfrescante, senza troppe pretese, economico, che ci fa l’occhiolino nelle rosticcerie o sotto i tendoni sulla spiaggia e magari ci tenta anche più di una volta?
Il vino alla spina, servito al bancone o in caraffa e non soltanto nei bar, ma anche in molti negozi di generi alimentari fra i più diversi, ha un incredibile successo d’estate nel nostro Paese.
Una volta non riuscivo nemmeno a crederci, eppure si parla di milioni di fusti (kegs) che per l’occasione raggiungono le località turistiche dove i prezzi degli altri vini rigorosamente in bottiglia diventano come tutti gli anni sempre più proibitivi.
La bassa gradazione alcolica, la fragranza, la fresca temperatura di servizio e infine anche il prezzo contenuto fanno del vino alla spina una bevanda molto richiesta specialmente al mare e dovunque ci si scatena nelle feste di paese.
Prosecco, Lambrusco e altri frizzanti fanno la parte del leone, ovviamente. Ma a far bene la conta si trovano anche tutti i bianchi classici del Nord, dal Pinot Bianco allo Chardonnay per non parlare del Verduzzo e del Tocai, oltre ai rossi generosi delle pianure del Veneto e dell’Emilia Romagna, in primis Merlot, Cabernet, Raboso, Refosco e Gewurztraminer con qualche sorpresa fra i rosati.
Ecco, appunto, i rosati…
I rosati, cioè i vini più dimenticati per tutto l’anno, d’estate si riscattano alla grande e vanno finalmente per la maggiore, come meritano. Non importa se in bottiglia, in bottiglione, in cartone o in tanica (sic!), d’estate i rosati hanno il proprio momento di gloria.
Acciughe, sardine, gamberi, calamari, tutti quei fritti che ormai in casa non si cucinano quasi più (perché poi puzza troppo a lungo la cucina se non tutta quanta la casa), ma anche salsicce, braciole e costate alla brace, per non parlare di pastasciutte supreme condite con le superlative salse fatte in cortile dentro gigantesche pentolone se non proprio tamburrane e imbottigliate in tutte le campagne e le località turistiche… che ci vorreste bere? Il rosato mette d’accordo tutti, o no?
E alla spina si trova anche quello. Fra gli altri c’è perfino qualche vino che non farebbe mai fortuna fuori dal territorio in cui nasce, un esempio fra tanti è il Rabosello, un frizzantino rosso scarico che è molto amato nel Trevisano e che solo grazie alla mescita alla spina si è fatto strada fra i turisti tedeschi e austriaci.
Ne ho visti tanti riempire qualche bottiglia di plastica recuperata da quelle dell’acqua a fine vacanza e portarselo a casa. Cioè in trasferta, in quelle regioni dell’Europa centrale dove impera da sempre la birra e dove il vino è considerato ancora un lusso, troppo elegante, troppo importante, troppo caro.
Ed ecco che anche quel Rabosello proveniente dai fusti d’acciaio inox (che è sempre meglio dell’alluminio, almeno per i vini frizzanti) se ne va semplicemente così, con le sue piccole bollicine, a giocarsi la qualificazione in campo internazionale.
Non la otterrà certamente con le tovaglie di carta e i bicchieri usa e getta da picnic, ma intanto è proprio così che questo vino ancora colpevolmente sconosciuto a sud dell’Adige riesce ad aprirsi la sua bella strada a partire dai campeggi dell’Adriatico dove si parla ormai prevalentemente tedesco con i relativi lungomare, lo struscio serale e le baldorie notturne, dove non si fa certo sottomettere dalla birra, anzi!
E non è certo da solo, ma in allegra compagnia con tutti gli altri vini alla spina che i 12 gradi non li raggiungono nemmeno e non se li sognano neanche, ma parlo ovviamente soltanto del tenore alcoolico perché è proprio a 12 gradi (quelli della temperatura, però!) che preferiscono essere serviti. Non sono certo di gran gala, ma c’è anche chi si accontenta delle briciole.
O meglio, anche il topolino vorrebbe la sua parte.
Perché non dargliela?
I bambini, che di solito imparano a vedere il mondo più dai cartoni animati che dai propri genitori, si sa che simpatizzano più con Jerry che con Tom, si schierano più col topolino che col gatto.
E in vacanza, diciamoci la verità, diventiamo un po’ più bambini tutti quanti, non è vero? Sì, è vero che finita la pacchia si torna poi a guardare questi vini alla spina ancora nel solito modo, un po’ più da adulti, un tantino più altezzosi, seriosi, critici. Anche la posizione vorrà la sua parte quando si smette di uscire in canottiera e bermuda e si ritorna al vestito scuro con camicia e cravatta.
Ma non riusciremo facilmente a dimenticare quella boccata d’aria fresca che con quei vini senza blasone, ma dall’insolita verve, ci siamo goduti in vacanza fino in fondo, i maschietti in canottiera e calzoncini corti e le bellezze col copricostume comprato al mercatino a pochi euro, ma tanto comodo.
Perciò, signori, nel partire non facciamoci venire degli inutili scrupoli di coscienza. Andiamo a strafogarci un po’, perché quei momenti, e quei vini, di sana spensieratezza, ci faranno tornare di buon umore e al ritorno ci verranno ancora in mente, come un buon viatico per un altro anno del solito tran-tran e nonostante le ottime bottiglie che ci aspettano nelle abituali enoteche sicuramente fino alle prossime ferie.
Un consiglio.
Quando bevete l’acqua non dimenticatevi di fare scorta di bottiglie di vetro vuote con tappo a vite o a gabbietta. Potrebbero rendersi utili appunto al ritorno, quando da bravi italiani ci distingueremo sicuramente dagli anglosassoni, perché il vino ci piace in vetro e la plastica la lasciamo volentieri a loro.
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it e oggi scrive per lavinium.it, nonché per alcuni blog. Un fico d’India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.