Ageno La Stoppa – dieci anni per un gran bel viaggio al confine dei sensi!
- Fabio Riccio
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Nel 2022 ho stappato un altro un 2012…
Parlo dell’ Ageno la Stoppa, uno dei miei vini preferiti, in assoluto.
Un macerato, quelli che ora sono pure di moda? No. Di più, molto di più…
Già, perché l’ Ageno La Stoppa 2012 bevuto nel 2022 è la prova lampante che 4 mesi di macerazione, per non dire di quattro ulteriori anni tra bottiglia & barrique, servono. Non solo longevità senza enoporcate e in maniera pulita e rispettosa, ma fuochi artificiali sensoriali difficili da elencare, per intero.
Intendiamoci: non un vino per tutti
Qui si è in bilico sul quel sottile confine dove da un lato c’è una immensa e complessa piacevolezza, dall’altro il rischio del lavandino per raggiunti limiti di età.
Oltretutto, le chiare e non invadenti note ossidative, non per tutti sono un bonus.
Confine mai valicato.
Emozioni forti, belle e affascinanti che, pur se in bilico sull’abisso dei sensi, non precipitano giù.
Qui è il bello.
Concettualmente questo Ageno 2012 mi ha rammentato le sensazioni provate anni addietro quando un ristoratore esperto di carne (e affatto modaiolo), mi ha proposto una lombata di razza piemontese frollata personalmente più di quattro mesi, ma… con un’avvertenza, «ad altri non la propongo, perché non la capirebbero, la troverebbero “andata”»
Un sublime godimento, proprio come l’Ageno 2012 che attraversa il medesimo sentiero concettuale, dribblando tra i sensi.
Malvasia di Candia aromatica, Ortrugo e Trebbiano
Appena aperto il colore è quello di un brandy invecchiato…
Al naso primari chiarissimamente di cotognata, chiodi di garofano e tabacco Virginia.
Forti, fortissimi, quasi strillati.
Con l’evoluzione arrivano anche tocchi di camomilla e note balsamiche che riconducono “il volume” del tutto alla giusta armonia.
Anche in bocca sorprese.
Deciso, secco, corposo e avvolgente e curiosamente tannico, quasi certamente per la lunga macerazione.
Il finale è sì godurioso, ma non lunghissimo, e si snoda tra lo speziato e i chiodi di garofano.
Emozionante come pochi altri vini, punto.
Accostarlo al cibo è stato un vero cimento sensoriale.
Personalmente ci ho pasteggiato con delle ottime fettuccine limone, pepe, cozze e crema di pomodoro verde, e del cefalo stufato con funghi cardoncelli.
Non è poi andata male…
Però, di fronte a piatti dai profili sensoriali meno complessi la vedo dura, soccomberebbero…
E… se provassimo a considerarlo “da meditazione”?
Anche nel 2018 ho stappato un 2012 e ne ho scritto qui
Interessato da più di venti anni al modo del cibo, crapulone & buongustaio seriale. Dal lontano 1998 collabora come autore alla guida dei ristoranti d’Italia de l’Espresso, ha scritto sulla guida Le tavole della birra de l’Espresso, ha collaborato a diverse edizioni della guida Osterie d’Italia di Slow Food, ha scritto su Diario della settimana, su L’Espresso e su Cucina a sud. Scrive sulla rivista il Cuoco (organo ufficiale della federazione cuochi). Membro di molte giurie di concorsi enogastronomici. Ideatore e autore del sito www.gastrodelirio.it