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Basmati: mito o realtà?

Basmati: mito o realtà?

Non esiste alcuna dieta che non abbracci il Basmati; sembra essere la cura miracolosa per ogni malanno, soprattutto per coloro che soffrono di infiammazioni intestinali.

Sulla carta (è importante leggere attentamente, poiché ciò non implica che il prodotto acquistato rifletta le stesse qualità), il Basmati crudo si vanta di contenere pochi grassi, avere un basso indice glicemico ed una scarsa presenza di amidi, mentre il chicco raddoppia di dimensioni durante la cottura.

È opportuno specificare “crudo” poiché, nonostante la Legge 1169/2011 prescriva che i valori nutrizionali si riferiscano al cibo “pronto all’uso”, cioè consumato, in Italia molti interpretano questo come “pronto per la cottura”.

La cottura comporta un aumento dei livelli di zuccheri e una generale perdita di nutrienti, a seconda della tecnica utilizzata.

Questo è un principio generale da tenere a mente quando si leggono le etichette.

Il confronto tra Basmati e riso a chicco lungo e bianco mostra una differenza pressoché trascurabile, così come i loro indici glicemici.

Gli studi scientifici che riguardano questa varietà si concentrano principalmente sulla versione integrale anziché su quella bianca disponibile in Italia, mettendo in discussione uno dei principi fondamentali della presunta salubrità del Basmati.

Ma avete mai pensato da dove proviene questo riso?

Il Basmati è una varietà di riso coltivata esclusivamente in India, Pakistan, Bangladesh e Nepal.

Le prime due nazioni sono i principali esportatori mondiali, con un aumento delle vendite nel 2021 del 30% rispetto agli anni precedenti.

Solo in Pakistan, le stime indicano che le scorte alla fine del 2022 hanno raggiunto 8.700.000 tonnellate (+3% rispetto all’anno precedente).

Per fare un confronto, l’intera produzione italiana nel 2022 è stata di 1.500.000 tonnellate.

India e Pakistan sono due paesi al di fuori dell’Unione Europea che non rispettano le nostre normative sull’uso di pesticidi e sostanze sterilizzanti.

Di conseguenza, i prodotti esportati possono contenere residui di sostanze chimiche non autorizzate.

Nell’ultimo anno in particolare, i limiti di tolleranza sono stati superati, portando al blocco delle spedizioni in dogana.

È importante notare che non tutte le merci vengono analizzate.

È  possibile quindi scoprire la presenza di sostanze chimiche solo dopo che il prodotto è già in commercio.

I valori nutrizionali non riflettono completamente il contenuto del cibo poiché il Basmati viene trattato fin dal momento della coltivazione.

Come può resistere durante il trasporto, spedito in sacchi da una tonnellata e trasportato in container non refrigerati per mesi via mare, esposto all’umidità e al calore, e alle intemperie?

Prima della spedizione, il riso viene spesso trattato con sostanze sterilizzanti, come l’ossido di etilene, che è vietato nell’Unione Europea per via delle sue proprietà cancerogene e mutagene.

È stata responsabile di serie contaminazioni in prodotti come il sesamo, la curcuma e la farina di carrube negli ultimi tre anni.

Mettete da parte il Basmati e optate per il riso a chicco lungo italiano.

Se il primo costa meno, chiedetevi come ciò sia possibile, considerando i costi di trasporto, le tasse doganali, le commissioni degli intermediari e il ri-confezionamento in Italia.

Autore

  • Classe 1969, diploma di perito chimico e laurea in lettere moderne, Gabriele Conte, dopo gli studi, lavora per 10 anni in una multinazionale americana per poi dedicarsi al mondo dell'imprenditoria.. A partire dal 2008 è fondatore di aziende nel settore food. Per circa vent'anni si è occupato di produzione, trasformazione e commercializzazione di riso e prodotti derivati, gestendo la parte commerciale e marketing. Nel 2019 lancia sul mercato il primo sake prodotto in Italia utilizzando riso Italiano. È consulente marketing e comunicazione e formatore in ITS nel settore delle filiere agroalimentari. È founder di Infermento Spirits e Co-founder di Brillo aziende che operano nella produzione e commercializzazione di prodotti alcolici e non, sempre con un’attenzione particolare ai processi produttivi di qualità ed alla creazione di filiere agro-alimentari virtuose, con una predilezione per la materia prima riso.

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Gabriele Conte

Classe 1969, diploma di perito chimico e laurea in lettere moderne, Gabriele Conte, dopo gli studi, lavora per 10 anni in una multinazionale americana per poi dedicarsi al mondo dell'imprenditoria.. A partire dal 2008 è fondatore di aziende nel settore food. Per circa vent'anni si è occupato di produzione, trasformazione e commercializzazione di riso e prodotti derivati, gestendo la parte commerciale e marketing. Nel 2019 lancia sul mercato il primo sake prodotto in Italia utilizzando riso Italiano. È consulente marketing e comunicazione e formatore in ITS nel settore delle filiere agroalimentari. È founder di Infermento Spirits e Co-founder di Brillo aziende che operano nella produzione e commercializzazione di prodotti alcolici e non, sempre con un’attenzione particolare ai processi produttivi di qualità ed alla creazione di filiere agro-alimentari virtuose, con una predilezione per la materia prima riso.

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