Basta un poco di zucchero… sì, ma quale?

zucchero

     Immaginate di dover sospendere tutt’a un tratto l’assunzione dello zucchero nel vostro regime alimentare: la giornata diverrebbe senza dubbio molto amara, a partire dal caffè mattutino fino ad arrivare alla tisana della sera, passando per il piccolo dolce strappetto quotidiano cui non riuscite quasi mai a resistere.

     Quella che ha tutta l’aria di essere una provocazione, in realtà è una vera e propria tesi sostenuta dal Dott. Franco Berrino, epidemiologo e patologo italiano, il quale, in una famosa intervista per l’Expo 2015, ha proclamato: “facciamolo scomparire questo zucchero!”.

     Le motivazioni di una proposta all’apparenza così radicale da parte del Berrino trovano fondamento nel fatto che il fruttosio, presente nello zucchero assieme al glucosio, metterebbe a repentaglio il buon funzionamento dell’ormone insulina, che a sua volta regola i livelli di glucosio nel sangue. Al di là di questioni prettamente mediche che l’argomento porta con sè, è necessario fare chiarezza su cosa prima di tutto sia lo zucchero e su quali siano le fonti energetiche di cui disponiamo oggi per la nostra alimentazione.

Iniziamo col dire che il termine scientifico dello zucchero è saccarosio.

     E che il saccarosio è costituito da fruttosio e glucosio in percentuali variabili. In natura queste percentuali variabili di fruttosio e glucosio sono presenti in diverse forme tra cui: zucchero di barbabietola, zucchero di canna, zucchero di cocco, zucchero di stevia, zucchero d’uva, zucchero di malto, e per finire miele, sciroppo d’acero e sciroppo d’agave. Salto a piè pari tutti i dolcificanti artificiali che dovrebbero essere irreprensibilmente banditi dal commercio.

     E dunque. Partiamo proprio dallo zucchero di canna e da un dato di fatto: la richiesta di zucchero di canna da parte di tutte le catene alimentari è oggi in vorticoso aumento. Oramai non c’è bar che sia sprovvisto di bustine di zucchero di canna. E non c’è sito online di pasticceria o trasmissione televisiva che non proponga ricette di dolci realizzate con questo fantomatico “brown sugar”.

zucchero

Chiariamo allora una cosa.

     Lo zucchero bruno, grezzo (a cristalli) o integrale (sabbioso) che sia, deriva dalla canna da zucchero. Lo zucchero bianco, semolato o no, deriva dalla barbabietola da zucchero. Con la differenza che lo zucchero bruno integrale è l’unico zucchero tra questi che non subisce alcun processo di raffinazione.

     Quando si chiede una bustina di zucchero di canna al bar, nel 100% dei casi lo zucchero in essa contenuto è grezzo, cioè raffinato. Ma, aprite bene le orecchie, spessissimo le industrie ne esaltano il colore bruno ricorrendo ad un colorante, l’ E 150, ossia il caramello. E, apritele ancor di più, molto spesso sotto la dicitura “brown sugar” si nasconde in realtà zucchero di barbabietola, raffinato, cristallizzato e colorato. Una vera e propria truffa velata, insomma.

Di recente ho visitato alcune piantagioni di canna da zucchero della Thailandia.

     Quelle della campagna di Kanchanabury, a 100 km da Bangkok. La canna da zucchero è un dono della natura.

     A piena maturazione ciascuna canna presenta all’interno una polpa assai fibrosa, ma zuccherina che, se succhiata, è di una bontà indescrivibile. Purtroppo tale liquido si ossida e deperisce in fretta, per cui – ed è anche giusto così – alle multinazionali non è mai saltato in mente di esportarla. Questo nettare ha sfamato per lungo tempo le popolazioni indigene dei tropici con i suoi innumerevoli nutrienti tra cui i sali minerali essenziali, le vitamine, nonché con le sue proprietà antiossidanti e proteiche.

     Durante il processo di raffinazione tutte queste proprietà si perdono e non resta che saccarosio. Inutile sottolineare che lo zucchero bianco, in quanto raffinato, non presenta alcuno di questi nutrienti. Per di più è anche più calorico dello zucchero di canna integrale.

Ma le barbabietole da zucchero, si sa, sono un prodotto nostrano e non obbligano ad una logistica d’oltreoceano.

     Il che comporterebbe consumi di carburante e relativo inquinamento ambientale. Per questo è nato il consorzio del Fair Trade, o commercio Equo e Solidale, per assicurare, per lo meno, uno sviluppo sostenibile complessivo, assicurando i diritti ai produttori marginalizzati dal mercato del Sud del mondo.

     E, sempre a proposito dello zucchero, volete sapere la cosa più assurda che ho visto in Thailandia?

     La maggior parte dei thailandesi consuma zucchero bianco raffinato importato dall’Europa. Sono al quarto posto dopo brasiliani, indiani e cinesi per la produzione di zucchero di canna e importano zucchero raffinato dall’Europa.

     Trovare zucchero di canna integrale nei coffe bar è stata un’impresa. Anche e soprattutto nei centri abitati circostanti le piantagioni. Eppure ogni anno la Thailandia produce circa 70 milioni di tonnellate di zucchero di canna, la maggior parte delle quali viene però esportata. Ho capito ben presto il perché.

2_Zucchero di Cocco

I tailandesi adoperano un altro tipo di zucchero in cucina: lo zucchero del fiore di cocco!

     Bruno come quello di canna, esso si caratterizza per un netto sentore di caramello. Il consorzio del Fair Trade lo importa in Europa da alcuni anni, ma i costi sono ancora improponibili per chi pensasse di adoperarlo in casa propria per sfornare dolcetti. Eppure, lo zucchero del fiore di cocco, in natura, è lo zucchero col più basso indice glicemico. Meno male che me ne sono portata dietro 1 kg dalla Thailandia!

     Un altro zucchero che già da molti anni ha iniziato ad entrare nell’industria alimentare per il suo caratteristico aroma fruttato è lo zucchero d’uva, sebbene fosse nato con tutt’altro scopo, dal momento che si adoperava, e si adopera tutt’ora, per fini enologici. Ebbene sì, altro non è che il famoso MCR, o mosto concentrato rettificato, introdotto per aumentare il grado alcolico di taluni vini in momenti di necessità. Lo si trova in forma liquida e incolore, e può rappresentare un ottimo alleato nell’industria dolciaria sia per accessibilità di prezzo che per praticità d’uso.

     Ma io un dolce casalingo con un liquido incolore e inodore come dolcificante non lo potrei mai fare!

E veniamo così alla stevia

     La stevia, pianta naturale brasiliana dalle foglie dolcissime, così lungamente messa in discussione, probabilmente dalle stesse aziende concorrenti che vendono prodotti dolcificanti artificiali. La Comunità Europea continua però ad immetterne sul mercato lo zucchero senza alcuna difficoltà.

     Che dire. Se proprio bisogna usarla – metti che un giorno mi venga diagnosticato il diabete -, per lo meno mi procurerei i semi e me la coltiverei a casa (la pianta si adatta perfettamente anche a climi temperati). Perché le compresse dolcificanti che vengono fornite dalla grande distribuzione non contengono affatto stevia in purezza, ma essa è addizionata ad altre sostanze con lo stesso apporto calorico dello zucchero. Pur risultando meno calorica dello zucchero, un contributo calorico comunque lo da. A quel punto non è preferibile diminuire la dose di zucchero nel caffè o limitare il numero giornaliero di caffè, ma gustarlo al meglio?

     Le foglioline della stevia ci riconducono ad un’altra famiglia di zuccheri, quelli di malto (o maltosi), derivati dai cereali germogliati come l’orzo, il riso, il mais e il frumento.

     Il loro potere dolcificante è del 50% in meno rispetto allo zucchero semolato e si presentano sotto forma di liquido viscoso e attaccaticcio paragonabile alla consistenza del miele. L’uso casalingo di tali dolcificanti potrebbe essere relegato alle bevande calde come tisane, tè e caffè, poiché risultano di difficile lavorazione a freddo. E poi se ne dovrebbero consumare dosi di gran lunga superiori per ottenere il giusto apporto dolcificante. Se non altro le industrie dolciarie hanno imparato ad usarlo molto bene soprattutto in prodotti come caramelle e cioccolata.

Sul finire, un breve cenno agli sciroppi è opportuno.

     Lo sciroppo d’acero, proveniente da Canada e Stati Uniti, è ricavato dalla linfa dell’acero, dopo aver sottoposto quest’ultima a bollitura. E’ meno calorico del saccarosio e presenta per di più un considerevole apporto di sali minerali.

     Lo sciroppo d’agave, invece, proviene esclusivamente dal Messico ed è ricavato dalla linfa dell’agave blu (la stessa che, distillata, viene utilizzata nella produzione della Tequila). Purtroppo i tempi di coltivazione di questa qualità pregiata di agave sono molto lunghi e ciò comporta dei costi di produzione e commercializzazione abbastanza elevati. Tuttavia il prodotto che se ne ottiene ha un bassissimo indice glicemico pur presentando un’altissima percentuale di fruttosio. Inoltre è neutro in sapore, il che gli consente molteplici utilizzi alimentari.

3_Maltosio

     Termino questo excursus zuccherino con un dolcificante naturale che divide il mondo in due parti: quella degli onnivori e quella sempre più prolifica dei vegani.

Sto parlando del miele, uno degli alimenti più antichi, già conosciuto persino al tempo degli egizi.

     Il miele altro non è che la secrezione del nettare dei fiori e della melata degli alberi da parte delle api, le quali, dopo aver rigurgitato tali sostanze, arricchite da enzimi nutrienti, nelle celle dei favi, richiudono questi piccoli contenitori con della cera autoprodotta – la cosiddetta cera d’api – e le conservano lì come cibo per l’inverno.

     Si è calcolato che per produrre circa mezzo chilo di miele, le api devono posarsi su più di due milioni di fiori. E che, da solo, il nostro paese consuma ventimila tonnellate di miele all’anno. Cifre da capogiro, che mi auguro facciano riflettere chi, come me, si sta ponendo la domanda: “ma se sottraiamo tutto il miele alle api, dopo che le stesse hanno lavorato incessantemente durante la primavera per procurarsi il cibo per sé, loro poi di cosa si nutrono?”.

     Restano indiscutibili le infinite proprietà che tale alimento possiede e i numerosi benefici che esso procura, tuttavia è facile constatare che al mondo esiste un numero sufficiente di alternative possibili sulle quali si potrebbe addirittura scrivere un libro.

Lo zucchero che mette tutti d’accordo?

     Converrete che lo zucchero di canna integrale, regolamentato dal commercio equo e solidale, è il dolcificante naturale che mette più d’accordo tutti: è nutriente, viene prodotto in grandi quantità senza andare a ledere la qualità e lo sviluppo delle piantagioni, è meno calorico dello zucchero raffinato, e non è processato quanto quest’ultimo.

     Certo, il costo è ancora caro e magari non tutti possono permettersene un consumo giornaliero, ma basterebbe consumarne meno e rinunciare a qualche sfizio di troppo. E pensare che all’inizio del ‘900 lo zucchero si poteva acquistare soltanto in farmacia, al grammo, mentre oggi il consumo pro-capite è arrivato in media a 50 kg annui. Non è forse il caso di ridurne le quantità a vantaggio di una salute più sana e controllata?

     Insomma, a voi la scelta! E che sia soprattutto equa 😉