Che il Prosecco (ottimo e abbondante) diventi anche ecosostenibile

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Scrivo questo articolo con il pensiero rivolto a Salvatore Sanna, alla sua vedova Mariuccia Correddu e alla loro figlia Eleonora

Glielo devo da qualche anno, da quando è deceduto per una grave malattia determinata dai pesticidi che, come trattorista, nel corso degli anni di buon lavoro presso la più grande tenuta vitivinicola della loro isola aveva sparso tra i filari difendendosi purtroppo soltanto come si usava fare una volta, tanto che era soprannominato amichevolmente “cappuccetto”.

Negli ultimi anni c’è una maggiore attenzione a questo problema, secondo voi? Può darsi.

Oggi vedo corsi di formazione sulle irrorazioni, vedo anche trattoristi in tuta bianca da capo a piedi, è sicuramente aumentata la coscienza collettiva sull’argomento prevenzione, ma io piango ancora, anche mentre scrivo, credetemi, perché fin dai primi esami clinici che Tore aveva potuto fare grazie alle insistenze di mia madre, l’ho visto spegnersi in una lunga agonia senza poter fare nulla, non ci sono cure. Non ci sono cure. Quasi sempre sul letto o sul divano, tremando come una foglia d’autunno quando secca, gridando più volte di notte e di giorno il nome della moglie che non poteva far nulla, con gli ospedali che lo rimandavano a casa dopo ogni esame perché anche loro non potevano più far nulla e non avevano stanze in cui isolarlo per non disturbare con la sua atroce agonia gli altri pazienti.

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Non ho brindato come i produttori di Prosecco del Veneto dopo il riconoscimento avuto dall’UNESCO di costituire un patrimonio dell’umanità con le sue colline di Valdobbiadene e Conegliano che avevo visitato con  entusiasmo in lungo e in largo guidato dal mitico prof. Giovanni Cargniello (Università di Padova), accademico della Confraternita della Vite e del Vino, Granduca della Confraternita Colle di Giano, docente all’Istituto Sperimentale per la Viticoltura… una marea di responsabilità e titoli che non finisce più (quindi vi rimando a a leggerle qui). Proprio come non hanno brindato o hanno festeggiato molto meno le popolazioni delle  campagne di quell’ambiente che subiscono tutti i giorni l’inquinamento dato dall’uso massiccio dei pesticidi.

Le vigne del Prosecco, infatti, hanno il primato italiano dell’abuso di pesticidi.

Dai dati ISTAT si rileva che la superficie destinata a quella vitivinicoltura trevigiana (che costituisce ormai quasi la metà in costante aumento dell’intera superficie vitata veneta) è passata da 27.846 ettari nel 2010 a 41.230 ettari (+ 48%) – fonte inumeridelvino.it su dati del censimento di fine 2021 pubblicati il 2 luglio 2022 – e che il sistema Prosecco ha già superato i 750 milioni di bottiglie annue e con questa espansione si avvia verso quel miliardo preconizzato da Gianluca Bisol. Un successo eclatante, tanto che questo ottimo vino viene pirateggiato in molte parti del mondo e barbaramente taroccato.

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Solo in Provincia di Treviso, però, che è la culla della sua produzione, i pesticidi venduti nel 2017 superano però le 4.000 tonnellate, ossia 1.320 litri di soluzione venefica per ogni abitante. La Provincia di Treviso (e in particolare la Pedemontana del Grappa, l’Asolano, il Coneglianese, ma anche il Montello e il Piave) ha il triste primato per uso di pesticidi: se ne impiegano ben 12 kg per ettaro l’anno contro la media nazionale italiana di 5 kg (quasi 2 ,5 volte!) suddivisi in media tra 22 trattamenti fitosanitari.

I dati del dossier Stop Pesticidi 2019 hanno confermato che residui di Boscalid, Chlorpyrifos, Fludioxonil, Metalaxil, Imidacloprid, Captan, Cyprodinil trovati nel 67% delle acque di superficie e nel 45% di frutta e verdura sono presenti in misura crescente anche negli alimenti. Si tratta di fungicidi e insetticidi utilizzati in vigna, nei frutteti e nei campi coltivati e che si trovano in primis nelle acque superficiali e profonde come testimonia l’ultimo rapporto ISPRA.

Chi abita in queste zone non riesce più a coltivare i propri orti e nemmeno a passeggiare tra i filari delle viti oppure non può andare a fare un giro sulle piste ciclabili pensando alle ”nubi tossiche” che si alzano verso il cielo e si appoggiano sulle superfici esterne delle case, sui bambini che giocano in cortile, su tutte le piante. Quando si esegue un trattamento fitosanitario, infatti, soltanto una parte della miscela irrorata contenente la sostanza attiva raggiunge il ”bersaglio” desiderato, mentre il resto viene disperso nell’ambiente e interferisce sull’insieme tra aria, terra e acqua, contaminandole e può provocare danni ad altri organismi, compresa la vegetazione spontanea e gli insetti utili.

Anche se l’ULSS 2 di Treviso ha analizzato le segnalazioni e svolto un capillare lavoro di controllo dei dati epidemiologici da cui emerge che no, nella zona più vitata della provincia di Treviso non c’è una maggiore incidenza di tumori, né infantili né negli adulti, a pagarne il prezzo sono i cittadini e il territorio sempre più compromesso da questi prodotti della chimica di sintesi nonché da pratiche agricole fortemente impattanti sugli ecosistemi e sulla salute degli esseri viventi.

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Una volta iniziavano i trattamenti iniziavano a maggio e finivano a inizio agosto. Adesso iniziano a marzo e finiscono a fine agosto.

Non bastano gli sbancamenti e la modifica del paesaggio, la distruzione di prati e siepi, non basta l’inaridimento dei suoli, la contaminazione delle falde acquifere e dei campi limitrofi, l’inquinamento per adulti e bambini che si barricano in casa durante le frequenti irrorazioni che avvengono ovunque presso le case degli abitanti delle campagne vicine alle vigne. Quando poi si hanno intorno proprietari diversi che trattano in giorni diversi delle settimana, in tutti quei giorni i bambini non si dovrebbero farli uscire di casa né aprire le finestre e non può nemmeno stendere il bucato sul balcone perché l’odore permane anche fino al giorno dopo (da Report, su Rai3). Perfino i cacciatori tengono lontani i cani dalle viti perché, annusando quei pesticidi, si rovinano il fiuto.

Le ragioni di questo ennesimo conflitto ambientale sono in parte da ricondurre alle recenti “espansioni a bassa densità e ad alto consumo di territorio che sono avvenute in modo incontrollato qui come nel resto del Veneto e hanno segnato le sorti del paesaggio regionale, dove la cementificazione nelle aree rurali in assenza di pianificazione territoriale ha generato un disordine nelle campagne dove lo spaesamento e l’individualismo la fanno da padroni.

I vigneti, sorti ovunque per incrementare gli utili sull’onda del successo del Prosecco, sono inframmezzati ai centri abitati, agli edifici pubblici e adiacenti alle case. Le ridotte dimensioni di molte proprietà agricole, incrociate con la necessità di produrre il massimo possibile, fanno piantare le viti anche ai bordi delle strade…

A fare le spese del largo ricorso alla chimica di sintesi per uso agricolo è la biodiversità.

Sarà capitato un po’ a tutti di leggere articoli o assistere a servizi televisivi che si occupano della massiccia morìa delle api in Veneto, dove si è perso circa il 50% degli alveari e sono rari gli apicoltori che avevo i mezzi per rivalersi in tribunale fino a ottenere il risarcimento dovuto dal viticoltore, mentre tanti altri senza risorse per reagire, sono stati costretti a tacere e qualcuno perfino a chiudere la propria attività.

Mal comune mezzo gaudio perché accade anche nel resto d’Italia e in tutto il mondo? Apicoltori residenti in varie zone della Marca Trevigiana, da Crespano del Grappa a Paese fino a Pieve di Soligo, sono stati colpiti da questo flagello che si è rivelato con i sintomi propri dell’avvelenamento. Migliaia di api che tremano con le convulsioni, incapaci di volare e di orientarsi, nonché altre migliaia ritrovate moribonde con il polline ancora sulle zampine. Quando le api muoiono, a farne le spese sono l’ambiente, l’alimentazione e l’agricoltura. In alcune località sono già scomparse anche le rondini e i passeri. Ma gli insetti e gli uccelli non hanno una USSL che certifica che il pericolo non esiste…

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La necessità di garantire alle produzioni agricole di essere quantitativamente e qualitativamente elevate e al contempo difendere le colture da attacchi di parassiti, funghi e insetti comporta un largo impiego di pesticidi. In una bottiglia di Prosecco sono state trovate tracce di ben sette fungicidi differenti.

Cosa fare per riuscire a far fronte all’inquinamento, conseguenza diretta di queste pratiche agricole al quale si aggiunge quello indiretto a livello ambientale? L’informazione ufficiale, quand’anche venga resa possibile, illude agricoltori e consumatori con prospettive di soluzioni alternative sostenibili soltanto in apparenza che però non sono altro che dei palliativi incapaci di risolvere davvero il problema dell’inquinamento. Si era mosso perfino il vescovo di Vittorio Veneto contro l’abuso di pesticidi e la monocoltura delle uve per il Prosecco.

Le sue forti parole però non erano certo rivolte a condannarne la produzione dall’importanza economica, sociale e culturale per il territorio che è indiscutibile. Tutto il contrario, semmai, esattamente come quelle che sto scrivendo qui anch’io, che apprezzo molto il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene DOCG, quello di Asolo e anche il Prosecco che cerco volentieri sfuso nelle caraffe dei bar e dei ristoranti. Anch’io lo considero un patrimonio dell’umanità.

Come ha affermato in proposito anche Carlin Petrini di Slow Food, però, ”l’epoca storica di transizione ecologica che ci apprestiamo a vivere ci chiede di porci alcune importanti domande volte a riformulare il rapporto che noi esseri umani e il sistema economico e produttivo che abbiamo creato abbiamo nei confronti gli uni degli altri e della Terra che ci ospita”.

L’abuso di pesticidi porterà sempre più a un impoverimento dei suoli, fino a che questi non saranno più adatti nemmeno alla coltivazione della vite, com’è capitato con le infiltrazioni provenienti da allevamenti intensivi di maiali a monte di alcune vigne. L’unica strada per soddisfare gli obblighi di legge, ottenere la qualità richiesta dal mercato e assicurare il reddito agli agricoltori difendendo la salubrità dell’ambiente è l’uso della tecnologia disinquinante, quella che permette di sanare i terreni, prevenire e ridurre le malattie delle piante, incrementare le produzioni di ogni azienda agricola sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo, eliminando i residui chimici nei prodotti agricoli.

Si può. Ricordo una videointervista del prof. Mario Tozzi che indica una delle strade per recuperare la fertilità della terra e neutralizzare la preoccupante presenza di pesticidi e concimi chimici: il BioAksxter® è in grado di bonificare i terreni e farli tornare incontaminati. L’agricoltura tutta, non solo la vitivinicoltura e non solo il Prosecco, non può avere futuro senza il disinquinamento.

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