Comunità Sant’Egidio, poveri e rifugiati ucraini al pranzo di Natale
Hanno mangiato lenticchie e polpettone e ricevuto ciascuno un regalo personalizzato i circa 300 poveri, senzatetto, anziani e, quest’anno, anche rifugiati ucraini che hanno partecipato oggi al pranzo di Natale organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nella Basilica di Santa Maria in Trastevere.
Era il 25 dicembre 1982 quando 35 poveri furono accolti per la prima volta nella Basilica di Santa Maria in Trastevere, attorno ad un tavolo. Da allora, ogni Natale, quello stesso tavolo delle Feste ha accolto senza fissa dimora, migranti, anziani soli e famiglie in difficoltà, e si è allargato raggiungendo un numero crescente di persone in difficoltà in oltre 70 Paesi, anche e soprattutto nel 2021 di pandemia, quando, nel rispetto delle norme di protezione sanitaria, sono state raggiunte, con modalità diverse dalla tradizionale tavolata, 80.000 persone in tutta Italia e 240.000 nel mondo, dall’Europa alle Americhe, dall’Africa all’Asia.
Questa mattina ce n’erano invece circa 300, seduti nelle varie tavolate imbandite con tovaglie rosse e stelle natalizie.
Ospite d’onore al pranzo di oggi di Sant’Egidio, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin che ha portato a tutti i presenti “il saluto e l’augurio di Papa Francesco”. Il porporato ha parlato di “un ritorno”, ricordando di aver partecipato al pranzo della Comunità nel 2015. “Ma è sempre un’esperienza molto bella ed emozionante – ha detto -, vedere tutte queste persone insieme a celebrare il Natale, qualcosa che tocca il cuore”.
Parolin ha espresso “l’augurio che queste esperienze possano ripetersi e moltiplicarsi”, perché “abbiamo tanto bisogno di solidarietà e amore nel nostro mondo”. “Il Natale ci richiama a questo: l’unica soluzione dei nostri problemi è quella di essere attenti e vicini agli altri, soprattutto quelli che soffrono e si trovano in difficoltà – ha affermato il segretario di Stato -. Il Papa ci dà questo esempio quotidianamente, noi cerchiamo di seguirlo in tanti modi, ma cerchiamo di rendere un po’ migliore questo nostro mondo”.