Con le Donne dell’Ortofrutta focus sui consumi e chiarezza su alcuni “tabù”, dagli agrofarmaci alla food safety
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Con le Donne dell’Ortofrutta focus sui consumi e chiarezza su alcuni “tabù”, dagli agrofarmaci alla food safety
Grande partecipazione al convegno “L’ortofrutta come prevenzione” che si è svolto il 28 marzo scorso a Ferrara, presso la Sala Estense, promosso dall’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, realtà fondata nel 2017 a Bologna che oggi riunisce 136 professioniste e imprenditrici provenienti da tutta la Penisola e impegnate in tutti gli anelli della filiera.
L’evento – patrocinato dal Comune di Ferrara e organizzato dalla coordinatrice regionale delle Donne dell’Ortofrutta Silvia Carpio, della nota azienda ferrarese Cico-Mazzoni, con il supporto delle socie emiliano romagnole – si è svolto in una sala gremita, dove il pubblico ha seguito con attenzione le tematiche affrontate.
Ad aprire i lavori del convegno, moderato dalla giornalista Raffaella Quadretti, direttrice di myfruit.it, è stata la presidente delle Donne dell’Ortofrutta Carola Gullino, che ha presentato l’associazione e la sua attività.
Quindi è salita sul palco Elisa Macchi, direttrice di CSO Italy, che ha analizzato i trend di consumo dell’ortofrutta nelle famiglie italiane.
Calano i volumi, crescono i prezzi: “Occorre comunicare perché”
In lieve calo fino al 2021, ma comunque abbastanza stabili, i consumi di frutta e verdura nel 2022 hanno subito un primo crollo importante, con gli acquisti all’interno delle famiglie che sono diminuiti del 9% rispetto all’anno precedente.
Trend negativo che si è confermato nel 2023, quando purtroppo si è registrato un’ulteriore diminuzione del 6%, secondo l’analisi di CSO Italy. Contemporaneamente, però, la spesa che sostengono le famiglie italiane per acquistare ortofrutta è aumentata, registrando a valore un +4% nel 2023 rispetto al 2022, con un prezzo medio al dettaglio che, sotto la spinta inflattiva, è salito dell’11% da un anno all’altro.
Il calo di consumi riguarda un po’ tutti i prodotti ortofrutticoli, con poche eccezioni. Le motivazioni?
“Per alcune specie ha inciso l’offerta deficitaria – ha spiegato Elisa Macchi -, in altre situazioni può aver influito la qualità, che per un prodotto come l’ortofrutta non è sempre definibile a priori, anche in presenza di buone tecniche produttive e di conservazione.
Poi ci sono prodotti poco innovativi, che non hanno saputo parlare al consumatore, per i quali il disinteresse è costante e progressivo da tempo.
C’è infine chi pensa che le nuove tendenze alimentari limitino la presenza della frutta nella dieta, perché ritenuta calorica”.
Sotto la spinta inflattiva si è quindi verificato un aumento generalizzato del prezzo medio al dettaglio e questo ha riguardato tutto il carrello della spesa, non solo l’ortofrutta.
Secondo i dati Istat la spesa media famigliare mensile, nel 2022, ha toccato quota 2.625 euro (+9% rispetto ai 2.415 euro del 2021).
In questo contesto gli italiani hanno messo in atto strategie volte al risparmio, anche per quanto riguarda il cibo, limitando sia la quantità che la qualità.
Con le Donne dell’Ortofrutta focus sui consumi e chiarezza su alcuni “tabù”, dagli agrofarmaci alla food safety
Ma quanto pesa l’ortofrutta nel bilancio famigliare? Incide per il 3,7%, rivela l’analisi del CSO Italy. Ciò significa che eventuali tagli negli acquisti di frutta e verdura hanno comunque un’incidenza marginale, in una strategia di risparmio.
Quindi, sul palco dell’evento delle Donne dell’Ortofrutta, un appello a sfatare alcuni luoghi comuni che incidono negativamente sulla già critica situazione dei consumi.
“Accanto all’impegno di tutta la filiera dell’ortofrutta per fornire un prodotto di qualità, è necessario oggi educare il consumatore a scelte più consapevoli – ha concluso Elisa Macchi -.
Quante volte sentiamo dire che la frutta è cara, perché magari un chilo di mele costa 2 euro? Poi si va al bar e si spendono 3 euro per un caffè e una pasta, ma di questo non ci si indigna.
Il consumatore non conosce la qualità che sta dietro all’ortofrutta, quali sono i processi che i produttori mettono in campo e quanto costa tenere alto il livello qualitativo dell’offerta: dobbiamo raccontarglielo di più e meglio”.
Sicurezza e rintracciabilità di filiera, agrofarmaci, stagionalità: facciamo chiarezza
Flavia Succi, european industry liaison manager di Zespri, ha aperto il suo intervento toccando un tema tanto dibattuto quanto controverso, quello degli agrofarmaci.
“Chi ha scarsa conoscenza in materia li demonizza e li chiama impropriamente ‘pesticidi’, dipingendoli come velenosi, o inutili.
In realtà sono tutt’altro che questo: oggi senza agrofarmaci non sarebbe possibile fare agricoltura”, ha esordito, spiegando come l’uso di queste sostanze – registrate e controllate – sia fondamentale per proteggere le piante dagli attacchi di infestanti e patogeni, riducendo le perdite sia in campo che in post raccolta.
Quindi un focus sulla lotta integrata, pratica sostenibile di cui l’Emilia Romagna è stata pioniera fin dagli anni ’50-’60, che oggi “è la base di qualsiasi produzione agricola, in Italia e nel mondo”.
Flavia Succi ha quindi parlato di tracciabilità di filiera, “un ‘passaporto’ che segue passo per passo tutte le fasi della produzione ortofrutticola”, e degli innumerevoli controlli a cui è sottoposta la produzione ortofrutticola al fine di assicurare qualità al consumatore: quelli eseguiti dall’autorità pubblica (190 mila all’anno) relativi alle norme di commercializzazione, alla sostenibilità e alla sicurezza alimentare, quelli che nascono da contratti commerciali tra fornitore e cliente e quelli infine che prevedono una certificazione da parte di enti terzi accreditati.
Dopo di lei Francesca Nadalini, imprenditrice ortofrutticola della Nadalini di Sermide (Mn), ha preso spunto dalla storia dell’azienda, specialista delle cucurbitacee, per toccare alcuni “tabù” relativi alla produzione ortofrutticola.
Oggi se parliamo di produzione ortofrutticola – non il contadino, dove qualcuno fa acquisti, ma quella che rifornisce i banchi dei negozi e dei supermercati, dove tutti fanno la spesa – parliamo di “aziende strutturate, con una vocazione imprenditoriale – ha chiarito –, fatte di professionisti e figure dedicate che lavorano giorno e notte nel rispetto delle regole e delle normative cogenti, e che si impegnano per certificare queste attività, altrimenti non sarebbe possibile essere sui banchi della Gdo, che, per quanto se ne dica, ha degli strumenti a garanzia del consumatore davvero stringenti”.
Francesca Nadalini ha poi parlato di territorio e vocazionalità (“non si può produrre tutto e ovunque”) e di stagionalità: meglio parlare di “vocazione stagionale”, perché oggi il cambiamento climatico deve essere assecondato dalla produzione agricola e dalla commercializzazione mondiale.
“Oggi per le tecniche colturali e il cambiamento del clima possiamo produrre meloni dal 15 maggio al 30 ottobre, mantenendo gli stessi standard qualitativi – assicura Nadalini -.
Inoltre esportiamo, ma siamo anche importatori.
Sempre citando il caso della mia azienda, abbiamo zucche che vengono dal Messico, piuttosto che dal Perù o dal Sudafrica, che hanno gli stessi standard qualitativi della nostra merce.
Quindi non possiamo essere integralisti, dobbiamo ragionare in termini di reciprocità. Pensiamo che consumiamo banane 12 mesi all’anno, che il pomodoro siamo abituati ad averlo sui banchi come commodity: quindi bando ai pregiudizi”.
Ortofrutta e salute
Durante il convegno sono intervenuti anche alcuni medici specialisti del territorio, che hanno dato il loro parere scientifico sul fare prevenzione a tavola, anche attraverso il consumo di ortofrutta.
Cristina Zagà, medico specialista in radiodiagnostica e senologia, ha parlato di prevenzione dal punto di vista radiologico e alimentare e in particolare dello studio del fegato, spiegando come patologie come la steatosi epatica possano essere evitate e sicuramente migliorate inserendo la giusta quantità di frutta e verdura nel proprio piano alimentare quotidiano.
Raffaella Giagnorio, medico specialista in medicina dello sport, e Francesco Palummieri, medico specialista in ortopedia e traumatologia, hanno invece parlato di nutrizione e salute, raccontando l’importanza della dieta mediterranea e spiegando quali sono i vantaggi di un corretto stile alimentare, specie se abbinato ad attività fisica.
Infine Giulia Felloni, medico specialista in dermoestetica e rigenerativa, ha parlato di infiammazione cronica di basso grado, una patologia silenziosa causata da un progressivo indebolimento del sistema immunitario a seguito di errati comportamenti e stili di vita.
Uno stile di vita sano, è stata la conclusione, è la terapia per la longevità e frutta e verdura sono la perfetta dieta anti aging.
L’evento “L’ortofrutta come prevenzione” si è chiuso con un ritorno sul palco della direttrice di CSO Italy Elisa Macchi, che ha terminato i lavori con un intervento su “La spesa medica sul budget della famiglia italiana: è meglio prevenire che curare?”.
L’assessore al Commercio, Turismo e Bilancio del Comune di Ferrara Matteo Fornasini ha riconosciuto il valore dell’associazione Le Donne dell’Ortofrutta e l’importanza dell’evento, che ha riempito la Sala Estense, e che è stato anche “l’occasione per parlare delle eccellenze di un territorio, quello di Ferrara, che a livello di provincia ha il più alto numero di Dop e Igp (18) riconosciute a livello europeo”, ha sottolineato, comunicando la disponibilità dell’amministrazione comunale a sostenere altre iniziative di questo tipo.