COSA HANNO IN COMUNE VINO E CIOCCOLATO? MOLTO DI PIÙ DI QUANTO SI CREDE
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Vino e cioccolato hanno in comune molto più di quanto si crede. Si tratta di tre processi cruciali, da seguire con cura ed attenzione, per esaltare le note aromatiche intrinseche del cacao e rendere il cioccolato di altissima qualità.
“Nel vino è importante la genetica, la cultivar, nel cacao è lo stesso. Solo che, mentre sui vitigni si conosce tantissimo, per il cioccolato, dopo che negli anni ’80 sono state individuate 10 genetiche di cacao, c’è ancora tanto da studiare”, spiega Beatrice Rosa, abruzzese dell’Aquila, socia di Fabrica de Chocolate Momotombo, del Nicaragua.
La seconda fase cruciale nel processo di produzione del vino, come del cioccolato è la fermentazione. “Per avere un ottimo cacao – prosegue – devi saperlo fermentare perché è in questa fase che si tirano fuori tutti i precursori delle note aromatiche che poi si ritrovano nella tavoletta. Un cioccolato non è persistente, è piatto e ha difetti se il cacao viene fermentato male”.
Il terzo livello è quello della tostatura, che nell’assonanza ideale con il nettare di Bacco, corrisponde alla fase di affinamento. “È una parte di processo importante perché altrimenti si bruciano le note aromatiche. Se vuoi tirare fuori l’anima del cacao devi stare attento a questi passaggi. Di questi tre momenti, i primi due parametri vengono realizzati nei Paesi di origine del cacao. Il cacao viene coltivato in Paesi tropicali, e la fermentazione si fa subito dopo la raccolta. Bisogna affidarsi a mani esperte”.
“Un quadretto di cioccolato di qualità ha una persistenza aromatica che rimane anche 15 minuti in bocca. Questo significa che se è davvero buono, non si sente nemmeno l’esigenza passare a un quadretto successivo. Tutto sta nel mordere quel pezzetto, scioglierlo in bocca e piano piano assaporarlo. Non farsi prendere da fregole e dal consumo sfrenato. Prendersi del tempo e godersi l’attimo”, rileva Beatrice Rosa, facendo osservare come in un processo di produzione così articolato, anche l’approccio al prodotto finito deve rimodularsi e l’esperienza con il cioccolato diventa di degustazione.
Nel 2018, Beatrice di ritorno da esperienze nella cooperazione internazionale, decide di lanciarsi nell’iniziativa imprenditoriale avviata con alcuni amici nel paese centroamericano. Parallelamente il cioccolato Momotombo ha cominciato un percorso di affiancamento al mondo delle fiere del vino. Quella di Beatrice Rosa è quasi una missione: spingere sempre di più la conoscenza del mondo del cioccolato. “Sul vino, sulle birre ormai si conosce tantissimo – dice – . Sul cioccolato poco o niente, ma il legame e le assonanze con il vino sono tantissime”.
In Nicaragua l’azienda è portata avanti da un team quasi tutto al femminile. Donne che hanno sposato il progetto fin dai suoi primi passi. Per produrre il cioccolato Momotombo i contadini raccolgono le cabosse, spaccate a mano con il machete per estrarre i semi di cacao avvolti in una polpa gelatinosa e zuccherina. I semi di cacao vengono messi a fermentare in delle casse di legno dove il processo della fermentazione si compie raggiungendo quasi 50 gradi. Dopo circa due o tre giorni, le fave vengono estratte e messe a essiccare al sole per ridurre l’umidità. È allora che Momotombo le acquista e si comincia la tostatura.