Degusta. L’anima del narratore irpino

     Nessuno meglio di me ci ha litigato così bene ai tempi della mia altra vita come recensore di Osterie d’Italia o Fiduciario di Slow Food!
Nessuno meglio di me lo stima e (forse) è da lui stimato.

     Sta di fatto che, e chi non ne è convinto se ne faccia una ragione, Degusta senza Giovanni Mariconda sarebbe un gran bel locale, ma con lui è decisamente l’Osteria perfetta.

     So che potrà apparire esagerato, ma Giovanni ha in sé l’anima dell’Oste narratore, il fascino del cuoco (si badi non chef e non come diminutivo!) che quando lo incontri capisci immediatamente che ad ogni boccone viaggerai da cime montuose attraverso valli lungo declivi e fiumi, il tutto ascoltando aneddoti e racconti.

La cucina di tradizione dovrebbe proprio esser tale per meritare la sua glorificazione.

     Così alla fine mi sono deciso ad andarci, soprattutto perché ero anche e soprattutto curioso di provare la pizza di Degusta che Giovanni mi aveva invitato spesso ad andare a provare.

     Qui lui e Alessio Sisinno, calabrese con la passione per la lievitazione, creano pizze dall’impasto lieve e soffice, senza cornicioni esasperati o buoni per recarsi da Napoli ad Ischia e farciture che sono spesso restyling di piatti tradizionali o di piatti crativi spinti.

     Ma per gradi.

     Quando arriverete da Degusta non spaventatevi dalla sua aria milanese, dal suo essere trendy. Lo è. Né vi dovrete spaventare se i camerieri in sala indossano le giacche come quelli dei Grand Hotel newyorkesi. E’ tutto normale. Come è decisamente normale che al centro di ogni tavolo vi sia un cestino con la frutta di stagione, nemmeno troppo selezionata per bellezza o lucentezza. A casa va così. E’ il criterio di cucina che Giovanni Mariconda ha sempre adottato nel suo modo di concepire la cucina. Rigore, ordine e territorio.

     Iniziamo il nostro viaggio gastronomico, non senza essere stati accolti da una sala attenta e finalmente professionale, con i fritti. Giovanni ce li viene a spiegare di persona. Polenta fritta, di quella bella grezza dove la macina la senti ancora sotto i denti, frittatina di maccheroni, arancino di riso e ketchup di San Marzano. Parto con  la polenta e la intingo nel ketchup. L’arancino è di quelli classici ma la frittatina ricorda i tagliolini alla besciamelle del giorno dell’assunzione (tipici delle parti mie e di Giovanni) e la pizza piena pasquale.

     Di lì a poco arrivano le alici fritte (il pesce di montagna come lo chiama assieme al baccalà Giovanni) con su l’infusione della scapece e le foglie di menta fresca. Uno “sikbâg” persiano poi divenuto prima scapece da noi e poi la scapece di Mariconda.

Poi arriva la prima pizza.

     “Omaggio alla Famiglia Fischetti”. Giovanni sa di colpirmi sul vivo. Negli affetti. Il legame con Carmine e la sua famiglia (tutti gestori di quella meraviglia di locale che è l’Oasis a Valle Saccarda) è profondo e antico. La pizza è fiordilatte di Agerola, ricotta, salsa d’aglio bruciato e salsa di tartufo. Il mitico raviolo servito di primo piatto che è un simbolo del locale. Eccelsa.

     Poi arriva la “Pizza Mallone”. Qui viaggiamo nella notte dei tempi e nelle origini dell’entroterra irpino e sannita. Patate schiacciate, broccoli, pancetta di maiale. Il piatto dei contadini che di questi periodi alle patate, che erano uno dei riempitivi principe accanto al pane, aggiungevano le verdure o coltivate come i broccoli o spontanee. Buona, davvero buona.

     Infine la “Scostumata”. Una amatriciana con pomodoro, pecorino, guanciale e riduzione di basilico. Magnifica anche questa.

     Potremmo smetterla qui, ma so che se non assaggio una mini forchettata di pasta di Giovanni lo deluderò e perderò un’occasione per provare ancora una volta un’emozione. Ed è così. Fusilli tirati a mano con ragù e podolico. Un vaggio a casa di mia nonna di domenica.

     Si finisce a parlare di formaggi e Giovanni tira fuori il Carmasciano (15 anni fa fu motivo di discussione tra noi nell’allora sua Taberna Vulgi). Stavolta si assaggia una scaglia in totale silenzio. Non c’è da commentare. Si mangia e si gode. Il silenzio alle volte fa più rumore di mille parole.

     Due tozzetti (in Toscana cantucci) e il passito di Feudi. Bello. Buono. Fatto bene.

     Andateci.
Niente di più, niente di meno.

Degusta
Ristorante Pizzeria
Via Ammiraglio G. Ronca, 35
Avellino
Sempre aperto – Pranzo e Cena
Tel. 0825 784957

 
 

Autore

  • Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori. Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo. Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta. Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito. Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.

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Giustino Catalano

Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori. Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo. Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta. Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito. Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.

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