Domìni Veneti Raudii Corvina Merlot 2018 Cantina Valpolicella di Negrar
- Mario Crosta
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Certe volte si capita in piccole trattorie di paese, in riva al fiume, dove la gente evita i tavoli all’aperto per via delle zanzare, ma dal viavai si intuisce che si mangia bene e si paga il giusto, e cosi è successo anche a me in quel di Soave con due colleghe polacche.
La cucina tipica veneta è quasi sempre una sorpresa anche per i veneti, da quanto è ricca di sane prelibatezze con tutti i profumi ed i sapori della campagna. I piatti si fanno al momento e nella doverosa attesa si deve sapere resistere alla tentazione del pane profumato, ma come si fa quando il vino bianco ordinato nel frattempo è cosi buono?
Tanto buono che difficilmente si cambia e allora avanti con i bigoli al torchio con le sardelle, le seppioline in umido con piselli, le sarde in saor, cicorie e asparagi con il saporito olio extravergine del Garda. Una vera festicciola in tavola se si adotta il sistema degli assaggini, cioè di portate limitate in quantità al fine di gustare di tutto un po’. Ma come si fa a non offrire alle due valchirie la cucina ”da siori”, le pappardelle coi fegatini e il risotto al tastasal, una specie di ragù che si fa con l’impasto per il salame, la pastissada de caval e lo stracotto? D’obbligo a questo punto un sano vino rosso della Valpolicella che si accompagna tanto bene da soddisfare in pieno tutte le aspettative.
A fine pasto arrivano i formaggi delle malghe dei monti Lessini e…. scappa l’occhio su un vino tenuto saggiamente al fresco in quei nuovi frigoriferi fatti apposta per il vino, con diverse temperature a seconda dei ripiani, finalmente anche in trattoria un trattamento da re per il re della tavola.
Il nome è una novità, ma chi conosce bene la Corvina sa che ha un aroma di amarena e di spezie tanto intenso da catturare i nasi anche a distanza, tanto è vinoso e pieno, però ha sempre bisogno di un compagno di gran corpo per dare al vino quel tanto di morbidezza e rotondità di sapore che sono all’altezza di accompagnare alla grande il suo bouquet.
Contratto al bancone il prezzo, la padrona sorride, accondiscende e torno al tavolo con tre bei calici da vino rosso rubacchiati al tavolo della posateria (avevamo già cambiato almeno tre volte i bicchieri e non osavo chiederlo per la quarta volta), pronti per l’avvenimento.
E invece mi arriva una simpaticissima cameriera con tre ballon grandi come meloni, un cooler di vetro trasparente per mantenere la temperatura a 17/18°C e questa bottiglia di Domìni Veneti Raudii Corvina Merlot 2018 della Cantina Valpolicella di Negrar. ”Signori, liberiamo il tavolo dalle stoviglie e se volete vi porto ancora qualche bocconcino di pane”.
Numi del cielo! Che buono, ma che buono!
Un vino da centellinare poco a poco, a fine pasto, così intenso nel suo colore rubino dai riflessi granati, profumo fruttato con sentori di ciliegia matura, amarena, spezie e una nota lontana di vaniglia, dal sapore secco, pieno, ricco di corpo, morbido e rotondo con tannini dolci che si fondono bene con la tessitura del vino e dal finale lungo e ben disposto su toni leggermente speziati, accattivanti ed eleganti allo stesso tempo. Un vino che sa d’antico e che scalda il cuore come pochi, eppure tanto moderno.
Molto buono, complimenti alla Cantina Valpolicella di Negrar fondata nel 1933 e che è, diciamolo ad alta voce per riconoscere pieno merito ai 230 soci che costituiscono la proprietà, una cantina sociale, estesa su oltre 700 ettari di vigneti (di cui 140 coltivati biologicamente) tutti situati nella zona collinare della Valpolicella, oggi con il presidente Renzo Bighignoli, il vicepresidente Gianmichele Giacopuzzi e il Direttore Generale ed enologo Daniele Accordini. Questo vino è uno dei risultati più importanti di quel grande processo di valorizzazione dell’uva dei soci conferenti in vini di pregio, tramite attività che migliorano la cultura e la conoscenza della viticoltura e dell’enologia, secondo principi di mutualità e solidarietà con un grande impegno che ha portato nel 1998 alla meritata certificazione ISO 9002, trampolino per nuovi successi.
Oltre alla vitivinicoltura nella Valpolicella classica delle vallate Negrar, Marano, San Pietro Incariano, Fumane e Sant’Ambrogio di Valpolicella si occupano anche di quella a Soave, Bardolino, Custoza e Lugana. La coltivazione dei vigneti ha tra i suoi obiettivi principali quello del massimo rispetto possibile nei confronti della natura, con l’uso di tecniche biologiche e il minor ricorso possibile ai pesticidi. Le vendemmie vengono effettuate con parecchie selezioni per i vini speciali, per i quali si vinificano singoli vigneti onde esaltarne le caratteristiche.
La cantina ha una capacità totale di 160.000 ettolitri e produce normalmente almeno 8 milioni di bottiglie l’anno. Nonostante i veloci mutamenti del nostro tempo, i vini della Cantina Valpolicella di Negrar si sono mantenuti fedeli ai capisaldi del luogo, senza mai eccedere in miti e rispondendo in pieno al territorio. In tutta la Valpolicella il clima è complessivamente mite e si avvicina a quello mediterraneo (come testimonia la presenza di cipressi e olivi) in quanto il territorio gode della buona protezione delle Prealpi Lessiniche a Nord e di felici esposizioni collinari a Sud. La piovosità annua media è compresa fra gli 850 mm. della zona piana, i 1.200 mm. di quella tra i 500 e i 700 metri sul livello del mare, i 1.000 mm. di quella montuosa. La media annua delle temperature minime è intorno ai 10°C, mentre nel periodo vegetativo da maggio a settembre è compresa tra i 12 e i 15°C.
La media annua delle temperature massime è sui 18°C e nello stesso periodo vegetativo è compresa tra i 23 e i 25°C. È importante anche sottolineare la provenienza dei venti dominanti. Nella stagione invernale il vento di Nord Est (bora o greco) è freddo e piuttosto secco mentre quello di Sud Est (scirocco) è caldo e umido. Un cenno a parte merita il föhn (normalmente in inverno) vento da Nord apparentemente mite e secchissimo. Nella stagione estiva, accanto alle brezze di monte e di valle, con tempo stabile e cielo sereno, dopo i forti temporali si notano i venti da Ovest e da Nord Ovest. I terreni sono rossi e bruni su detriti, compatti rossi su calcari eocenici e compatti rossi su basalto, con calcare tra il 15 ed il 50% e pH fra 7 ed 8.
Per quanto riguarda il vino Corvina Merlot 2018 IGT Provincia di Verona in questione, il nome Raudii si riferisce ai campi di una battaglia che le genti del popolo cimbro indigeno avevano combattuto e perso contro le legioni romane e perciò erano state costrette a un esilio secolare sulla catena alpina. L’etichetta recupera una simbologia presente nell’arte orafa dei Cimbri, tratta da reperti del luogo.
Il vino è rosso secco e proviene da vitigni corvina veronese per il 70% e merlot per il 30% allevati nella parte pedecollinare vicino a Verona a un’altimetria da 100 a 200 metri s.l.m. con una tipologia del terreno molto varia da calcarea ad argillosa e una lavorazione del terreno sulla fila con sistema di allevamento a pergola doppia. L’età delle viti in produzione va da 20 a 25 anni, la densità di impianto è di 2.700 viti per ettaro, il carico di gemme è di 22 gemme per ceppo, la resa di uve è di 130/140 quintali per ettaro vendemmiate dalla seconda decade di settembre con una resa per ettaro di 90 ettolitri.
La vinificazione inizia dalla pigiatura con diraspatura delle uve e dalla fermentazione del mosto a temperature controllate tra 25 e 28° C con macerazione per 10 giorni in presenza di follature programmate alla frequenza di 3 al giorno per la durata ciascuna di 20 minuti. La maturazione del vino avviene in vasche di acciaio inox fino a febbraio con la fermentazione malolattica completa, poi il vino viene affinato in bottiglia per 4 mesi. Questo passaggio è importante perché il primo Raudii Corvina Merlot che avevo assaggiato, quello del 1999, aveva fatto anche 12 mesi di stagionatura in legno, ma hanno preferito dunque di dargli una maggiore freschezza per adattarlo a tutto pasto e non soltanto alle seconde portate di carni scure, ma anche a quelle bianche, alla pasta fresca al ragù, ai formaggi di media stagionatura e al pesce azzurro arrostito sulla piastra, ma sinceramente merita anche la meditazione al fresco, servito in calici ampi a una temperatura da 16 a 18 °C.
Il tenore alcolico è del 13%. Questo vino rosso secco di gran classe, se è ben conservato alla temperatura costante di 14-15°C, con bottiglia coricata e in assenza di luce, può mantenere le sue caratteristiche per 10 anni almeno, ma è talmente ben vinificato che già adesso è maturo al punto giusto per un consumo qualificato, da amatori. Il colore è rubino con riflessi granati e il suo profumo è quello dei piccoli frutti rossi e neri come l’amarena, la ciliegia e la prugna, intenso e persistente. Il sapore è morbido e rotondo, con tannini che si fondono bene nella struttura del vino e un finale leggermente speziato.
Mario Crosta
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it e oggi scrive per lavinium.it, nonché per alcuni blog. Un fico d’India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.