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Donne e gusto: tra cucina, scrittura e spettacolo

 

Donne e gusto: tra cucina, scrittura e spettacolo

Intervista alla donna scrittrice Raffaella Ferré.

Narratrice appassionata, penna tagliente e mente curiosa: Raffaella Ferré è una scrittrice e giornalista che ama raccontare storie capaci di lasciare il segno.

Collaboratrice di testate come Valigia Blu, The Vision e Il Mattino, cura la rubrica settimanale “Di riffa o di Raffa” e si muove con naturalezza tra podcast, longform e domande scomode.

Nata a Eboli, ma da vent’anni adottata da Napoli, porta nel cuore l’energia della città partenopea e l’amore per le parole.

In questa intervista per il quotidiano Di testa e di gola, Ferré si racconta senza filtri.

Dal suo rapporto con la scrittura alla sfida della parità di genere nel mondo del lavoro.

Passando per la sua visione della letteratura contemporanea e la passione per il cibo.

Un incontro ricco di spunti, riflessioni e una buona dose di ironia.

Dott.ssa Ferré può presentarsi al pubblico dei lettori del quotidiano “Di testa e di gola”?

“Certo: volete la versione istituzionale o quella più saporita?

La prima è facile: scrivo, mi occupo di narrazioni e storie che lasciano il segno.

Ho pubblicato diversi libri, l’ultimo è “Lo Stronzo Geniale”, collaboro con testate come Valigia Blu, The Vision e Il Mattino, dove curo anche la rubrica settimanale “Di riffa o di Raffa”, e mi perdo volentieri tra podcast, longform e domande scomode. Ma se devo dirla davvero tutta, sono una che ascolta, osserva, legge e racconta.

Sono nata a Eboli, ma da vent’anni Napoli mi ha adottata, e io la ricambio con un amore incondizionato e una curiosità che non si esaurisce.

Tifosissima azzurra, mi piacciono le città che hanno qualcosa da dire, e Napoli parla ininterrottamente.

Per lo stesso motivo, mi piace  incontrare le persone, ancora di più se sono miei lettori: così ogni storia diventa un dialogo, e ogni scambio una nuova prospettiva.

Ergo: piacere di conoscervi!”

Essendo sposata con un noto giornalista napoletano, in che modo la vostra relazione influisce sulle  rispettive  carriere professionali? Ci sono sfide o vantaggi particolari nel condividere la vita con un collega del mondo dell’informazione?

“Be’, la nostra storia, a volte, è una rassegna stampa permanente. Ma con grande disciplina: da sempre, io e Ciro abbiamo il tacito accordo di non trasformare casa in una redazione.

È inevitabile che la professione di entrambi entri nella quotidianità, perché non è solo un lavoro, ma un modo di essere, però abbiamo imparato a non parlarne troppo.

La vera sfida – che è anche la parte più affascinante – è vivere con una persona che sta sempre sul pezzo, pronto a coprire ogni emergenza con un ritmo instancabile.

Capita che la vita quotidiana debba incastrarsi coi fatti in tempo reale: Napoli cambia, l’Italia cambia, il mondo cambia, e a volte i nostri piani devono cambiare con loro.

Tra notizie dell’ultima ora e cene rimandate per breaking news, il vantaggio è innanzitutto che so sempre quali pezzi leggere per documentarmi.

E poi, avere accanto qualcuno che vive la città con attenzione e profondità, che sa dove guardare e cosa ascoltare, è un privilegio che non ha prezzo”.

Quali sono, secondo lei, le principali difficoltà che le donne incontrano nel mercato del lavoro attuale e come possono essere superate?

“Il mercato del lavoro in Italia è un campo minato per tutti, ma per le donne è proprio una gara a ostacoli, senza neanche il premio finale.

I numeri sono chiari.

Siamo il fanalino di coda in Europa per occupazione femminile, e quelle che un lavoro ce l’hanno spesso faticano a tenerselo, accontentandosi di settori meno pagati, contratti precari e stipendi più bassi dei colleghi uomini.

La parità salariale?

Al momento, una bella favola della buonanotte.

E poi c’è la questione della maternità, che in Italia più che una scelta sembra un test di resistenza.

Una donna su cinque lascia il lavoro dopo aver avuto un figlio, e non perché abbia scoperto una passione travolgente per le collezioni di bavaglini, ma perché semplicemente mancano i servizi e la flessibilità lavorativa è un’utopia.

La soluzione?

Ecco il punto: non ne ho una, perché il problema è strutturale e va risolto con politiche serie, concrete e costanti, non con consigli motivazionali tipo “basta volerlo”.

Ma c’è una cosa che possiamo e dobbiamo fare subito: gruppo.

Perché il problema più grande è che, pur essendo tantissime a vivere queste condizioni per niente paritarie e spesso inappropriate, continuiamo a gestire questa ingiustizia collettiva come una questione individuale.

Ognuna si arrangia da sola, in silenzio per timore che altri – e altre – ne approfittino, cercando di far quadrare tutto mentre c’è chi dà per scontato che in un modo o nell’altro, se davvero ci interessa, “ce la caveremo”.

Credo, invece, che dovremmo proprio smettere di cavarcela, soprattutto da sole.

Dovremmo parlare, piuttosto, e soprattutto con le nostre colleghe, per sostenerci quanto possibile, fare rete, e creare alleanze sul lavoro e nel quotidiano, non competizioni o gare a chi riesce meglio a far finta che va tutto alla grande”.

In occasione della giornata internazionale della Donna, quali cambiamenti ritiene siano ancora necessari per raggiungere una reale parità di genere, sia nel contesto lavorativo che nella società in generale?

E come descriverebbe l’evoluzione del ruolo della donna nella letteratura contemporanea e quali autrici ritiene stiano dando un contributo significativo in questo ambito?

“Parità di genere? Siamo ancora in fase beta.

Perché in teoria, sulla carta, nei proclami, dovremmo esserci già – stessi diritti, stesse opportunità, stessi stipendi.

Ma nella  pratica, ci arrabbattiamo ogni giorno sotto un carico mentale che ci vede contemporaneamente lavoratrici, madri, infermiere, psicologhe, project manager della vita domestica.

Ed esemplari esteticamente gradevoli, al passo con la moda, le letture, i temi di attualità.

Persino gli uomini più illuminati, quelli che si dichiarano “femministi”, spesso si fermano un passo prima.

Discorsi bellissimi, e poi i piatti nel lavello restano lì.

Insomma: sì alla carriera delle donne, ma invece di essere un diritto e una possibilità, è diventata un’ulteriore performance intensiva sul genere “Squid Game”.

Ci sentiamo dire continuamente che dobbiamo “imparare a farci valere”, ma spoiler: lo facciamo già, è il sistema ad essere tarato male.

E veniamo alla letteratura.

Per anni, le autrici hanno avuto ruoli marginali, accessori, di contorno.

Si è faticato, e a volte si fatica ancora molto, anche per spezzare lo schema della “donna che scrive per piacere al lettore maschio” o della “donna che scrive solo d’amore e sentimenti”.

Fortunatamente ci sono autrici che hanno fatto e stanno facendo un lavoro straordinario, che raccontano la complessità senza edulcorare nulla, rifuggendo le critiche di vittimismo o sentimentalismo.

Penso a Annie Ernaux che ha reso la vita quotidiana un atto politico, a Cynthia Rimsky che ha trasformato il viaggio e la memoria in strumenti di riscrittura del sé.

Prima ancora, devo ricordare Alba de Céspedes che ha raccontato il peso delle aspettative, e Susan Sontag ha smontato le dinamiche del potere intellettuale.

In questi giorni, poi, sto leggendo un saggio illuminante di Azélie Favolle, “Scrivere Femminista”, che dedica un capitolo alla rabbia femminile e alla risata, due strumenti fondamentali per resistere alla disuguaglianza.

E poi c’è Elena Ferrante che con la sua scrittura precisa ha reso impossibile ignorare la forza – e la frustrazione – delle donne, la verità delle relazioni, del potere e della rabbia femminile”.

Se fosse un piatto, sarebbe…?

“Domanda pericolosissima, perché amo mangiare e amo cucinare quasi quanto amo scrivere.

Ma se c’è una cosa che ho imparato negli anni è a cucinare non solo per gli altri, ma anche per il mio gusto, che sembra una cosa ovvia, ma per molte donne non lo è affatto.

Cresciamo sapendo che il cibo è cura, che si cucina per accudire, che il piatto va pensato in funzione di chi lo mangerà.

E io l’ho fatto per tanto tempo.

Finché non ho capito che ogni tanto posso cucinare anche solo per me, peccato stia ancora sperimentando per conoscere bene i miei gusti.

Il mio piatto del cuore è la pasta e piselli.

Sa di casa, di mia madre che ha sempre avuto la capacità di trasformare cose semplicissime in conforto puro.

Ma poi ci sono i dolci francesi.

La viennoiserie tutta burro e sfoglia, i cannelés con il loro cuore morbido e la crosta caramellata: sembrano delicatissimi ma hanno struttura, resistenza, carattere.

Quindi, se fossi un piatto?

Forse proprio qualcosa che richiede tempo, cura e un po’ di attenzione per dare il meglio di sé… oppure no.

Potrei essere anche uno spaghettone aglio, olio e peperoncino, che si gioca tutto sulla qualità degli ingredienti, sul polso e sul tempismo.

Uno di quei piatti che ti puoi fare anche a mezzanotte, quando nessuno cucina per te, ma sai farlo benissimo da sola.

Comunque, siccome scegliere è sempre un problema, direi che la risposta migliore è assaggiate e decidete voi”.

Autore

  • Anna Calì, classe ’96. Nelle sue vene scorre la lava del Vesuvio e la passione che contraddistingue il popolo napoletano. Giornalista di professione e con la passione dei libri sin da piccola. Adora annusarli e, quando va nelle librerie, si perde tra gli scaffali ad osservare le copertine. Grazie a questa passione è riuscita a mettere in campo due sogni nel cassetto: il primo, recensisce i libri che legge, esperienza che fa bene sia al corpo che alla mente. La seconda: è diventata anche scrittrice e ha pubblicato già due romanzi.

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Anna Calì

Anna Calì, classe ’96. Nelle sue vene scorre la lava del Vesuvio e la passione che contraddistingue il popolo napoletano. Giornalista di professione e con la passione dei libri sin da piccola. Adora annusarli e, quando va nelle librerie, si perde tra gli scaffali ad osservare le copertine. Grazie a questa passione è riuscita a mettere in campo due sogni nel cassetto: il primo, recensisce i libri che legge, esperienza che fa bene sia al corpo che alla mente. La seconda: è diventata anche scrittrice e ha pubblicato già due romanzi.

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