Due chiacchiere con Fedor Malík, un’autorità del vino in Slovacchia

Fedor Malík

Il prof. Ing. Fedor Malík è un eminente enologo slovacco molto noto nel mondo del vino dei Paesi dell’Est, ma anche in Occidente, per la sua genuina simpatia.

Per lui il vino rappresenta il senso della vita: coltiva la vite, degusta i vini, insegna enologia e scrive di vino. Come titolare della cattedra di Chimica e Tecnologia Alimentare presso l’università di Bratislava, dove ha educato molte generazioni di enologi, si è sempre basato non solo sui testi degli altri, ma soprattutto sulle proprie pluriennali esperienze nella pratica della coltivazione della vite e della vinificazione.

È autore di più di 400 tra relazioni e studi scientifici pubblicati in Slovacchia e all’estero. I suoi libri “Il buon vino” (1994), “Anno vinicolo” (1998) e “Vino, il mio scettro” (1999) hanno ottenuto dei premi importanti a Parigi. Come degustatore professionista, il prof. ing. Fedor Malík ha partecipato a più di 100 concorsi internazionali di vini di tutto il mondo. Per il suo lavoro e i suoi meriti in campo enologico, nel 1995 è stato nominato dallo Stato francese Cavaliere dell’Ordine al Merito Agricolo. È stato a lungo anche caporedattore della rivista “Vinič a Vino”  e con suo figlio organizza degustazioni nella loro enoteca in via Štúrova 62 a Modra, una cittadina poco distante da Bratislava, dove hanno anche la sede in via Kalinčiakova 21 e sono reperibili al cellulare +421.903.587447.

L’oggetto degli interessi del prof. ing. Fedor Malík non è soltanto l’enologia professionale, infatti è molto noto soprattutto per la vera passione con cui diffonde la cultura del consumo del vino e vanta perciò molti amici con i quali volentieri appende la toga dell’accademico e si abbandona all’abbraccio fraterno. Intanto vi traduco il testo di una conversazione tra il prof. ing. Fedor Malík e cinque giornalisti slovacchi che era stata pubblicata come intervista dalla rivista polacca Świat Win, in attesa di approfondire con lui anche l’argomento barrique.

Il traduttore: Rolando Marcodini

blank

  1. Signor professore, il vino per lei è come l’amore per la vita. Lei lo produce, lo insegna agli studenti, ne scrive e lo giudica professionalmente. Ci dica: come si può diventare degustatori?
  2. Può diventarlo la persona che ama il vino e sa apprezzarne la bellezza e la ricchezza degli aromi e dei gusti. Non ha importanza se coltiva un vigneto o se produce vino. È meglio che cresca in un paese vinicolo e che si occupi del vino fin dalla gioventù. Il futuro degustatore dovrebbe possedere una vera e propria predisposizione genetica, cioè dei sensi delicati, ma ben sviluppati fisiologicamente, nonché deve avere la capacità di distinguere tutte le sfumature. Se vuole operare su scala internazionale deve conoscere qualche lingua, essere molto comunicativo ed esprimersi con facilità. Non sempre si può valutare il vino secondo un punteggio e spesso si deve saperlo caratterizzare descrivendolo. Il degustatore deve conoscere le proprietà dei vini e deve saperle esprimere adeguatamente. Dovrebbe avere inoltre un rapporto positivo con… la poesia per riconoscere e ascoltare la poesia del vino e dovrebbe anche conoscere bene e studiare pure lo sviluppo tecnologico della produzione del vino. E dovrebbe anche, perciò, continuamente studiare. Naturalmente è necessaria la sobrietà, affinché i sensi del degustatore rimangano freschi e sensibili.

 

  1. Come dovrebbe essere, secondo lei, signor professore, un buon vino?
  2. Uno dei miei libri è intitolato appunto “Il buon vino”. Per i miei gusti è sempre un vino secco, perché soltanto questo tipo di vino può presentarsi nella sua forma più naturale. A eccezione dei vini che sono dolci naturali, lo zuccheraggio del vino (ammesso nei Paesi dell’Europa centrale e settentrionale, ndt) viene aggiunto allo scopo di coprirne i difetti. È come vedere una bella donna in piscina o vederla coperta ermeticamente da una pelliccia. Riconoscerete che c’è una certa differenza, perché non sappiamo cosa si nasconde sotto la pelliccia. Con il vino è la stessa cosa, anche in questo caso non sappiamo cosa si nasconde dentro un vino zuccherato.

Fedor Malík

  1. Di molti esperti di vino si dice che sappiano dire da quale regioni provengano i vini degustati. È veramente possibile?
  2. Non dipingiamo gli esperti come dei ciarlatani. Ho visto alcuni reportages delle televisioni estere in cui venivano presentati degli esperti che sapevano riconoscere non solo le varietà delle uve, ma anche le regioni, se non addirittura l’annata di un vino anonimo. L’enologo svizzero Egenberger, mio ottimo amico, aveva vinto con grande vantaggio un concorso alla cieca tra degustatori dell’Air France e ottenne in premio un viaggio intorno al mondo. Con lui ho parlato spesso di questo tema. Sì, il degustatore esperto può riconoscere un vino monovitigno e la sua provenienza da questa o da quell’altra regione. Però bisogna ricordare, per quanto riguarda le marche di vino più diffuse nel mondo, che ne esistono attualmente molte decine di migliaia. Bisogna aggiungere a questo anche le migliaia di vitigni che fruttificano in condizioni pedoclimatiche differenti e le cui uve vengono lavorate con tecnologie molto diverse. Tutto questo ha un enorme influsso sul prodotto finale vino. Se esaminassi un vino rosso, secondo la mia preparazione ed esperienza, potrei dire che è un Malbec d’Argentina di due, tre o cinque anni, ma non mi azzarderei a dire che è precisamente il Malbec di Lujan de Cuyo dell’annata 1999. Del resto, nella gran parte dei concorsi alla cieca che si tengono in tutto il mondo non è dichiarato il vitigno, ma si indicano soltanto la categoria e l’annata, quindi nel vino esaminato possono esserci due o più varietà d’uve diverse. Negli ultimi anni, inoltre, l’aspetto varietale si è accentuato moltissimo. La qualità di un vino e il risultato finale non sempre provengono da una varietà in purezza com’è tipico nelle vinificazioni della tradizione vinicola tedesca. Io ammiro e apprezzo molto i vini di Bordeaux, nei quali l’assemblaggio dei vini delle varietà Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Merlot è irripetibile. La preparazione dell’assemblaggio in modo magistrale è una delle abilità fondamentali del vinificatore. Bisogna rammentare che non tutte le varietà sono adatte all’assemblaggio, che è una tradizione, ma anche una filosofia enologica, francese.

blank

  1. Sicuramente, come degustatore lei avrà bevuto dei vini molto invecchiati, che fanno girare la testa, soprattutto a causa del loro prezzo. Non è mai diventato triste bevendo una bottiglia di vino che costava, per esempio, centinaia di Euro?
  2. Per bere un vino invecchiato e costoso ci si deve in qualche modo preparare interiormente. Bisogna scendere a un compromesso. Non bisogna aspettarsi nessun miracolo, perché l’aspetto qualitativo di questi vini non è mai troppo elevato. Interiormente si deve abbandonare lo snobismo e prestare il dovuto rispetto per chi ha saputo produrre tanti anni prima un vino che ha conservato dei discreti valori per lunghi decenni, e questo lo può suscitare soltanto un vino onesto. Fino a questo momento il vino più invecchiato che ho bevuto è stato l’Amarone Acinato 1929. Le uve per fare questo vino sono state raccolte a novembre e sono state pigiate in marzo, dopo un appassimento su graticci. Negli acini il tenore zuccherino è aumentato fino a un valore del 35%. Il vino è poi fermentato ed è maturato per i successivi dieci anni e soltanto allora è stato venduto.

 

  1. Qual è il suo personale punto di vista sul rapporto tra il rendimento della raccolta e la qualità delle uve e del vino?
  2. In molti Paesi altamente sviluppati la resa per ettaro è limitata dai disciplinari. Se la quantità di vino prodotto è più alta di quella ammessa per legge, il vino non rientra nella categoria dei vini di qualità. Bisogna ricordare che il ceppo della vite ha un proprio specifico rendimento dovuto alla fotosintesi. Non è indifferente che sulla pianta ci sia un unico chilogrammo d’uva oppure ce ne siano dieci. Quell’unico chilogrammo può contenere il 22% di zuccheri, mentre dieci chilogrammi ne conterrebbero appena il 14%. In quest’ultimo caso il produttore deve aggiungere zucchero e così produce un vino mezzo sintetico e non naturale. Bisogna anche sapere che ci sono Paesi vinicoli nei quali la resa per ettaro non è limitata in modo così restrittivo, ma riguarda soltanto i vigneti irrigati (quando è autorizzata l’irrigazione di soccorso, ndt).

Fedor Malík

  1. Secondo la sua opinione, una vigna vecchia può dare un buon vino?
  2. Molti dei vini francesi in vendita riportano in etichetta una nota che informa se il vino proviene da vecchi vigneti (vieilles vignes). Spesso si tratta di viti che sono sopravvissute alla strage della filossera all’inizio del secolo scorso. Marginalmente posso dire che probabilmente i più vecchi ceppi del mondo sono quelli della varietà autoctona Modra Kavčina nella località slovacca di Maribera. Stimo i vini delle vecchie vigne, però non li apprezzo esageratamente. Mancano di quella freschezza e di quello slancio tipici dei vini provenienti da vigne in pieno rigoglio. Con i vini invecchiati è come con le vecchie signore: sono intelligenti, distinte, ponderate… ma non emozionano.

 

  1. Hanno trovato delle anfore di vino… o più precisamente delle marmellate di vino dentro le anfore su alcune antiche navi greche sommerse. Questo vino si può ancora consumare?
  2. Questo vino non era soltanto vecchio, ma anche malato… I batteri mucillogeni avevano assorbito tutto l’estratto del vino e con le loro fecce prima in forma di muco e poi di marmellata l’hanno conservato per alcuni secoli. Questo vino non si può bere, si può solo mangiare col cucchiaino… se dopo questa informazione ne avete ancora voglia.

 

  1. …. e per finire la nostra conversazione, qual è il prezzo massimo di una bottiglia che lei ha incontrato nel corso dei suoi viaggi in giro per il mondo?
  2. Ultimamente ho scoperto una meravigliosa enoteca a Montreal. Là ho visto il vino fino a questo momento più caro che ho trovato: Château Petrus di Pomerol in magnum, annata 1900, a 33.000 dollari canadesi la bottiglia (oltre 24.000 euro, ndt).

 

Mašlejová, B.Kraus, J.Filip, M. Radič, P. Ušák

Lascia un commento