Trentacinquenne, dopo gli studi universitari, ha svolto un Erasmus a Lione in Francia e durante un master in Art & cultural management di nuovo a Bologna, è volato in Cina grazie a una borsa di studio che gli ha permesso di svolgere un anno di intenso studio della lingua.
Mentre la passione per il mondo asiatico cresceva, aumentava anche quella per il vino, diventata ormai una professione anche grazie a un corso con la rinomata associazione Wset (Wine & Spirit Education Trust)
Davide, da qualche anno, è direttore della distribuzione dei vini di Cws, succursale cinese del gruppo Elan, colosso dell’import-export da circa 250 dipendenti con base in Francia e sedi, oltre che in Cina, anche in Corea, Kazakistan e Honk Kong. È lui che insieme ad altre quattro persone, tutte esperte e sommelier, sceglie quali vini commercializzare nella terra del dragone dove il gruppo è tra i primi cinque per dimensione.
Il suo è un lavoro soprattutto di carattere commerciale e relazionale e si svolge in gran parte in Cina, dove è impegnato nel radicamento della rete di agenti che la società ha sparsi per l’enorme paese.
“Abbiamo circa ottocento referenze da tutto il mondo, almeno trecento italiane che provengono soprattutto da Piemonte, Veneto e Toscana con un portfolio di cantine blasonate come Bellavista, Grattamacco, Poggio di Sotto, Aldo Conterno o Allegrini, ma anche alcune eccellenze di nicchia. Dopo tre anni di stop ho voluto cercare nuovi prodotti tra le cantine abruzzesi e non solo perché è la mia terra: la scorsa estate ho visitato alcune aziende che stiamo provando a inserire nel nostro catalogo”, racconta.
“Agricola Estroversa è una di quelle selezionate”, prosegue, “abbiamo estremo bisogno di vini naturali fatti bene. I suoi vini sono già arrivati a Shangai e sono stati assaggiati dal nostro team, sono piaciuti e quindi il feedback è positivo. Un’altra parte dei campioni è giunta a Bordeaux dove c’è la nostra sede centrale e anche lì saranno assaggiati. Sono fiducioso che da qui a qualche mese, con la nuova annata, si parta con una collaborazione. Quello che spiego sempre ai nostri clienti e a qualunque interlocutore, è che il vino è sicuramente agricoltura ma anche arte e cultura”, riflette, “tutti i giorni trovo il modo di far capire che non è solo un prodotto ma un valore legato a chi lo produce, al territorio e anche all’arte, considerando peraltro che spesso commercializziamo bottiglie da centinaia di euro che assomigliano più a opere d’arte”.
Davide Lupi organizza incontri ed eventi in tutta la Cina.
“Stiamo sviluppando la distribuzione nelle regioni periferiche”, spiega, “dove a differenza di Pechino e Shangai abbiamo una presenza ancora limitata, regioni geograficamente molto distanti ma dove si concentra la maggior parte dei consumatori potenziali, cioè le nuove generazioni che iniziano a bere vino dove prima non si beveva. C’è una importante regione in Cina, Ningxia, che da una ventina d’anni sta producendo vini di ottima qualità. Non sono i primi che vengono prodotti in Cina ma questi sono di nicchia, prodotti in un territorio vocato che si sta facendo largo e potrebbe sfidare i più blasonati vini italiani. Un fenomeno che inizia a dirci che la Cina ha un potenziale nella produzione vinicola e questo alza la qualità del consumatore”, spiega.
Il mercato asiatico è un mercato a cui guarda con particolare interesse il mondo enologico italiano e non solo perché la Cina rimane molto interessata a comprendere e ad accogliere quello che viene dall’Europa, soprattutto a livello di cucina, vino e liquori, ma soprattutto perché ha delle potenzialità straordinarie se si pensa che il consumo annuale di vino pro capite è di circa 1,3 litri a fronte dei 20 in Europa.
“È un mercato in continua espansione, immaginiamo cosa potrebbe accadere se la Cina arrivasse ad un consumo simile al nostro. È un mercato molto giovane in cui ci sono tante sfide e in cui bisogna impegnarsi a fondo. Il nostro ruolo è quello di importare ma siamo noi a scegliere cosa, e quindi decidiamo implicitamente quale direzione dare, privilegiamo alto livello, produttori veri e non solo imbottigliatori e, soprattutto negli ultimi anni, che abbiano una certa sensibilità verso la sostenibilità di tutto il ciclo produttivo”, conclude.
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