Collaboratore delle guide dell’Espresso dal 1997, Riccio si è specializzato negli ultimi quindici anni nella pizza, il piatto italiano più famoso al mondo.
Secondo Riccio la pizza è cambiata enormemente: da una situazione di pressapochismo e poco interesse l’ondata di attenzione ricevuta ha portato un miglioramento della qualità del prodotto. L’evoluzione è in parte dovuta all’emulazione di chi ha iniziato a innovare per cui molti pizzaioli hanno cominciato a studiare impasti e ingredienti da utilizzare. Le guide di settore come 50 Top, il Gambero Rosso e l’Espresso hanno dato la svolta decisiva contribuendo a cavalcare una spinta che veniva dal basso.
Attribuisce senz’altro a Enzo Coccia, tra i promotori del disciplinare della pizza napoletana, il merito di aver acceso la miccia nel 1994, innescando un movimento di sperimentazioni e innovazioni che si è presto rivelato contagioso. L’evoluzione della pizza è in continuo fermento e, trent’anni dopo, sorprende ancora. Così come anni fa il “modello veneto” di Renato Bosco e Simone Padoan ha tratto ispirazione dalla napoletana creando qualcosa di nuovo, oggi la tendenza forte è quella della pizza napoletana nelle varianti contemporanee come ha preso piede in Toscana, Abruzzo e Sicilia.
La pizza napoletana – continua Riccio – deve essere morbida, scioglievole e appena croccante. Sull’eterna diatriba tra forno a legna o elettrico, il critico non si iscrive agli estremisti, non demonizza i forni elettrici che fanno grandi cose ma rimane un fedele sostenitore del forno a legna.
Riccio è critico sugli esperti a tempo perso e gli influencer improvvisati che si occupano di cibo senza averne le basi. Afferma inoltre che probabilmente ci sono troppi concorsi di pizza, ma nel tempo lui è riuscito a scremare i migliori a cui partecipare come giudice. La comunicazione influisce sul successo di un’insegna, ma ci sono ancora pochi comunicatori e influencer veramente bravi.
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