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Fårikål, il piatto nazionale norvegese: che storia!

Fårikål, il piatto nazionale norvegese: che storia! Sono rimasta sorpresa quando ho scoperto che in Norvegia è stato ufficialmente nominato un piatto nazionale e che a questo è finanche dedicato un giorno in particolare.

Mi sono subito chiesta: “e qual è il piatto nazionale italiano?!”, ma in pochi secondi la mia mente è stata invasa da una miriade di opzioni tra le quali non ho avuto il cuore di scegliere.

Invece i norvegesi non hanno esitato quando, nel 1972, il programma radiofonico di NRKNitimen” ha lanciato il sondaggio su quale fosse il piatto nazionale norsk (foto di copertina mataprat.no).

È stato un plebiscito: era ed è il fårikål il piatto più amato dalla Norvegia.

Addirittura, nel 1997, l’ente che si occupa della tutela della carne e delle uova (Opplysningskontoret for egg og kjøtt) ha istituito la giornata del fårikål, detta Fårikålens dag, che ricorre l’ultimo giovedì di settembre.

E nel 2014 il ministro dell’agricoltura e del cibo (landsbruks og matdepartementet) ha lanciato un sondaggio di aggiornamento, all’esito del quale il fårikål è stato confermato il piatto più amato dai norvegesi con il 47% dei voti (seguito dalle pinnekjøtt con il 15% e dalle svineribbe con il 9%).

C’è chi scrive versi sul fårikål.

Si costituiscono associazioni dedicate al fårikål.

La prima volta che ho cenato in una casa norvegese ho mangiato la pietanza più norsk di tutte: il fårikål

Pensate che esiste addirittura la Fårikålpolitiet: la vigilanza sul fårikål, munita di una vecchia macchina della polizia appositamente adattata alla nuova missione. Si tratta di una Opel Olympia sul quale tettuccio è stato posizionato un enorme pentolone, sui suoi sedili vi sono anche fantocci di pecore e la sua sirena emette un suono assolutamente anomalo: un belato!

Così l’ultimo giovedì di settembre i simpatici vigilanti fanno visita ai ristoranti norvegesi per controllare che abbiamo il fårikål nel menù del giorno e che questo sia stato realizzato secondo tradizione, pena l’emissione di una sanzione simbolica.

photocredit matprat.no

Ma cos’è questo pluridecorato fårikål?

Il fårikål (leggi «forikol) nasce come un delizioso stufato di carne di montone e di cavolo cappuccio.

Tuttavia oggi viene preparato spesso con carne di agnello (lam), probabilmente perché il sapore più delicato dell’agnello viene preferito al sapore più forte del montone. Sembra comunque che tanti adottino una soluzione di compromesso, scegliendo una carne di ungsau, pecora adulta ma giovane.

Nel periodo autunnale si trovano in vendita in tutti i supermercati delle confezioni di fårikålkjøtt (carne per fårikål) le quali contengono l’assortimento giusto per una perfetta riuscita del piatto, solitamente: nakke (collo), bog (spalla), bryst (petto), lår (coscia) aventi una certa quantità di ossa e di grasso.

È una pietanza veramente essenziale costituita da: carne a pezzettoni (1,5kg), cavolo cappuccio a spicchi grandi (1,5kg), pepe nero rigorosamente in grani (4 cucchiaini), sale (2 cucchiaini) e acqua (3dl). La carne e il cavolo si dispongono nella pentola a strati alternati, salando e pepando ogni strato, alla fine si aggiunge l’acqua e si lascia cuocere a fuoco lento 2,5/3 ore, fin quando tutto il composto diventi scioglievole. Tutti consigliano di mangiarlo il giorno seguente.

Photocredit matprat.no

Usualmente insieme al fårikål si servono patate bollite e talvolta confettura di tyttebær (mirtilli rossi); contestualmente si può trovare associato anche il flatbrød (pane azzimo) e si può accompagnare con birra scura, vino o acquavite oppure mosto di mele.

Ma se pecora/montone in norvegese si dice sau, perché questa pietanza si chiama får-i-kål e non sau-i-kål?

Ebbene la parola fårikål deriva dalla lingua danese, per la quale får è pecora e kål è cavolo.

Come la stessa etimologia del suo nome rivelerebbe, il piatto nazionale norsk sembrerebbe nato per effetto di una contaminazione tra diverse tradizioni, quella danese e quella norvegese, contaminazione invero plausibile, essendo state Norvegia e Danimarca unite sotto la stessa corona per circa 500 anni (1536-1814).

Sembra che l’antenato del norvegese fårikål sia il danese gås i hvitkål ossia uno stufato di carne di oca (gås in danese) e cavolo cappuccio.

Tant’è che secondo un antico ricettario di cucina norvegese del 1835, scritto dalla norvegese Karen Dorothea Bang, il gås i hvitkål ben può essere realizzato sostituendo l’oca-gås con la pecora-får.

Dev’essere stata una prassi quasi naturale che, in terra norvegese, la carne di oca fosse sostituita dalla carne di montone, probabilmente perché la carne di pecora sembra essere più facilmente reperibile e anche più economica.

Inoltre nella stessa stagione autunnale in Norvegia si raccoglie il cavolo cappuccio e si macellano le pecore dopo che queste hanno trascorso l’estate al pascolo, concomitanza di eventi che avrà ulteriormente agevolato la sostituzione dell’oca con la pecora.

È interessante sapere anche che la parola får sembra derivare dall’antica parola norrena fær che significava appunto pecora, da cui il nome delle Fær Øer – Isole Faroe, nel cui stemma compare proprio un montone su uno scudo blu

Rispetto alla storia del fårikål mi sono posta diverse domande, perché secondo la mia opinione il cibo può esprimere molto sul paese da cui origina.

1) Perché la Norvegia ha voluto nominare ufficialmente un piatto nazionale (nasjonalrett) e perché attorno a esso c’è così tanto clamore?

Penso che questo possa essere stato determinato dal grande senso di identità nazionale norvegese. Qui si esalta qualsivoglia aspetto che possa recare lustro alla nazione e, ancor prima, si favoriscono dinamiche e iniziative che possano evidenziare il concetto stesso di nazione.

Ciò si nota nelle piccole e nelle grandi cose della vita norsk: basta guardarsi intorno e notare i numerosi vessilli che sventolano ovunque ogni giorno e le immancabili bandiere che vengono puntualmente esposte nei giorni di ricorrenza nazionale. Si pensi anche al bunad, il bellissimo abito tradizionale norvegese che viene indossato da uomini e donne in occasione delle ricorrenze importanti.

Photocredit visitnorway.com

Ebbene il fatto di aver voluto nominare il piatto nazionale e il fatto di sancirne costantemente la sacralità mi sembrano un ulteriore modo di esaltare il concetto di nazione e di sottolineare la sua maestà.

2) Perché proprio il fårikål e non altre pietanze?

Credo che il nasjonalrett sia proprio il fårikål perché questa effettivamente è una pietanza preparata in maniera diffusissima in Norvegia. Si stima che nel periodo autunnale il 70% dei norvegesi cucini il fårikål.

Il fårikål è un piatto certamente gustoso, ma credo che sia cucinato in maniera così diffusa soprattutto perché la sua preparazione è molto semplice bastando solo 4 ingredienti i quali, una volta disposti nella pentola, si cucinano da soli. I norvegesi sono molto pratici, credo quindi che il fårikål per loro rappresenti la giusta soluzione per poter cucinare un piatto saporito senza fatica e senza stress.

Ritengo che questo possa essere stato un aspetto che abbia favorito la sua diffusione, di qui l’essere entrato a far parte della tradizione familiare norsk: in (quasi) ogni casa norvegese si cucina il fårikål mentre non è detto che ciò avvenga per le altre pietanze tipiche norsk.

A ciò si aggiunga che la carne di agnello norvegese è particolarmente pregiata, soprattutto quella proveniente dai pascoli in riva al mare delle Isole Lofoten.

Si pensi anche al Fenalår, buonissimo cosciotto di agnello salato ed essiccato, che viene esportato anche in Europa e che gode del marchio europeo di qualità I.G.P. (indicazione geografica protetta).

3) Perché Fårikålens dag ricorre l’ultimo giovedì di settembre?

Sembra che i motivi di questa scelta non siano noti, ma come avvocato non posso consentire che la mia istruttoria sul fårikål abbia un vulnus, quindi vi propongo la mia ricostruzione dei fatti, basata molto sulla praticità norvegese.

Per i motivi detti il fårikål è un piatto tipicamente autunnale e quindi va festeggiato dall’equinozio di autunno in avanti.

Considerato che in genere i norvegesi vogliono essere liberi da vincoli durante l’helg (fine-settimana) da dedicare ai loro svaghi, probabilmente non è stata scelta una data fissa (come poteva essere l’equinozio del 23 settembre) per evitare che tre volte su sette il fårikålens dag cadesse nel fine-settimana.

In ogni caso credo sia giusto festeggiare il fårikål in settimana, perchè questa pietanza nasce come normale piatto feriale poi diventato piatto della festa. In origine infatti si preparava proprio durante la settimana, quando un tempo non tutti i membri della famiglia lavoravano e a casa c’era di certo chi avrebbe potuto dedicarsi alla cucina durante la lunga cottura del fårikål, poi diventato piatto domenicale o festivo quando il lavoro ha cominciato ad assorbire tutti i membri della famiglia.

Quindi doveva necessariamente trattarsi di un giorno infrasettimanale. Da escludere il lunedì solo perché molto spesso è il giorno in cui i norvegesi tornano a casa dopo aver trascorso l’helg in baita. Residuano il martedì, il mercoledì e il giovedì ultimi di settembre (posto che deve essere dopo e in prossimità dell’equinozio). Escludiamo l’ultimo martedì perché è epledag (il giorno della mela). Escludiamo l’ultimo mercoledì che è la giornata mondiale del latte a scuola. Ed ecco che il primo giorno utile per il fårikålens dag è l’ultimo giovedì di settembre.

Fino a prova contraria, rimane valida ed efficace la mia ricostruzione dei fatti!

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  • Sono nata nel sole di Napoli e vivo a Oslo dal 2019.
    La mia è una famiglia di pasticcieri da quattro generazioni, ma io in Italia avevo intrapreso una diversa carriera: sono stata avvocato per 15 anni.
    E poi a un certo punto ho fatto i bagagli e con la mia gattina diciassettenne mi sono trasferita a Oslo.
    Qui ho fatto tesoro dell'arte imparata dalla mia famiglia e ho aperto un laboratorio di pasticceria italiana e anche di catering, accolto con grande entusiasmo.
    Nel mio lavoro trasmetto sempre un messaggio: il cibo non è mai solo una fonte di sostentamento, ma è espressione della storia e delle tradizioni del luogo da cui quel cibo origina.
    Per questo ogni volta che preparo una pietanza la presento raccontando tante curiosità e regalando suggestioni per il palato e per l'anima.
    Su questo argomento infatti ho scritto anche un libro in doppia lingua, italiano e norvegese insieme, che sta facendo il giro del mondo.
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Anita Taglialatela

Sono nata nel sole di Napoli e vivo a Oslo dal 2019. La mia è una famiglia di pasticcieri da quattro generazioni, ma io in Italia avevo intrapreso una diversa carriera: sono stata avvocato per 15 anni. E poi a un certo punto ho fatto i bagagli e con la mia gattina diciassettenne mi sono trasferita a Oslo. Qui ho fatto tesoro dell'arte imparata dalla mia famiglia e ho aperto un laboratorio di pasticceria italiana e anche di catering, accolto con grande entusiasmo. Nel mio lavoro trasmetto sempre un messaggio: il cibo non è mai solo una fonte di sostentamento, ma è espressione della storia e delle tradizioni del luogo da cui quel cibo origina. Per questo ogni volta che preparo una pietanza la presento raccontando tante curiosità e regalando suggestioni per il palato e per l'anima. Su questo argomento infatti ho scritto anche un libro in doppia lingua, italiano e norvegese insieme, che sta facendo il giro del mondo. Ecco i miei contatti: - il mio sito: www.anitataglialatela.com - la mia pagina FB: https://www.facebook.com/profile.php?id=100034872072074 - il mio profilo Instagram: https://instagram.com/anita_taglialatela_?igshid=NGExMmI2YTkyZg

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