Giovedì Trippa!
- redazione
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Quante volte vi sarà capitato di leggere “Giovedì Trippa” su una lavagna posta all’esterno di un ristorante o di sentirla ripetere come un mantra dai camerieri di trattorie, osterie o bistrot?
Per i devoti e praticanti della religione di stato ovviamente fino al venerdì si deve mangiare di magro, soprattutto in quaresima, quindi giovedì gnocchi e venerdì pesce, la trippa la tengono per iniziare bene il weekend.
Un’altra frattaglia dunque, mi sembrava giusto non escluderla e doveroso renderle omaggio, vista la sua diffusione che la rende disponibile non solo dal nord al sud Italia ma addirittura in gran parte dell’Europa!
La parola stessa “Trippa” è di origini incerte, pare possa derivare addirittura dal celtico (e qui entriamo in gioco noi) “Tripa” che a sua volta trova il corrispettivo nella parola gaelica “Tarp” che in modo poco lusinghiero vuol dire “Cumulo o mucchio” (senza vergogna web docet, che per cercare curiosità di cui si ignora l’esistenza è il top!).
Comunque sia la trippa fa parte di quel famoso, trascurato il più delle volte, e succulento quinto quarto. Ricavata da alcune parti del tratto digestivo del bovino (ma non solo) come: omaso, abomaso, reticolo, rumine e duodeno.
In grado di regalare una varietà di piatti che spaziano dagli umidi fino ad arrivare al Lampredotto o la Trippa di Moncalieri, intense emozioni, al palato e se non trattata correttamente anche all’olfatto… la seconda però sarà intensa e poco piacevole.
L’umile piatto di trippa che vedete fotografato (probabilmente male, ma che volete farci? Non sono né un bravo fotografo e nemmeno bravo nell’arte dell’impiattamento) l’ho preparato iniziando a tagliare la trippa, già pulita dalla tripperia, in strisce che poi ho fatto bollire per circa un’ora in acqua salata e aromatizzata con grani di pepe leggermente pressati e una foglia di alloro.
Nel mentre ho preparato un soffritto di sola cipolla e olio extra vergine di oliva. Una volta sbollentata per bene la trippa l’ho scolata e passata nel soffritto, pepata e sfumata con vino bianco. Asciugato il vino ho aggiunto brodo, qui la scelta può ricadere sia su uno vegetale che di carne, a seconda di quale nota volete dare al piatto, delle croste di parmigiano raschiate e tagliate in piccoli quadratini e un paio di mestoli di buona salsa al pomodoro (mi piace rossa ma non troppo e soprattutto che non si vedano i pezzi del pomodoro).
Da qui in avanti è solo questione di pazienza, la trippa dovrà passare da una consistenza morbida/gommosa iniziale ad averne una morbida/che si scioglie in bocca alla fine.
Prima di servirla mi piace aggiungere una ulteriore spolverata di parmigiano (che si deve integrare totalmente al piatto) e una grattata di cubebe che da una nota decisamente fresca.
Detto ciò, se siete amanti del genere, non mi resta che augurarvi buon appetito.
(Ricetta dello Chef Fabio Villa per gentile concessione del gruppo FB Ghetto School)