I vini dell’Europa orientale in ascesa come quelli del Nuovo Mondo?
- Rolando Marcodini
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Alcune acute osservazioni sull’andamento dei mercati, fondate sulle tabelle dei dati raccolti dall’Organizzazione Internazionale del Vino (OIV), evidenziano una situazione che sta emergendo chiaramente, cioè l’ingresso sul mercato occidentale dei vini dei Paesi dell’Est.
Una sorpresa emersa da queste ultime è stata per me particolarmente gradita la posizione della Moldova che, pur essendo il 24° Paese al mondo per superficie vitata (circa 112 mila ettari), oggi si trova tra le potenze vitivinicole mondiali salendo al 9° posto al mondo per l’esportazione di vino (da 120 a 130 milioni di litri l’anno) ed è diventata il primo fra tutti quelli dell’Europa orientale. Segno che l’auspicata speranza di riportare le condizioni di vita in quella poverissima repubblica a livelli un po’ più decenti grazie ai suoi vini è ben riposta, grazie anche a notevoli investimenti tedeschi. I maggiori produttori di vino dell’Europa orientale rimangono Russia, Romania, Ungheria e Bulgaria e da uno dei più recenti rapporti risulta che, nella stessa misura in cui i vini del Nuovo Mondo hanno migliorato la qualità e stanno raggiungendo le quotazioni di prezzo riservate una volta soltanto ai vini dell’Europa occidentale, i vini dell’Europa orientale possono in breve tempo sostituirli nelle fasce di mercato che hanno lasciato libere all’aggressione dei vini del Nuovo Mondo.
Per ogni nuovo ettaro a vigna coltivato nel Nuovo Mondo si sa che un ettaro di vigna dell’Europa occidentale sarà dismesso e abbandonato.
Ma i risultati delle analisi condotte da Wine & Spirits Intelligence Services hanno confermato che, mentre i vini dell’Europa occidentale stanno perdendo posizioni, i vini dell’Europa orientale possono diventare il nuovo importante giocatore nel mercato globale del vino.
Il contrattacco sta infatti arrivando dall’Europa orientale.
Nell’arena mondiale, la posizione dei Paesi vitivinicoli del Nuovo Mondo si è radicata da una parte grazie al numero limitato delle ditte che agiscono nel settore del marketing e della vendita e dall’altra parte grazie all’offerta di vini di qualità migliore. All’inizio i loro vini facevano ingresso nel mercato ai prezzi più bassi della forcella dei vini di pregio. Ma nell’ambito dei contratti di questo tipo nel mercato mondiale i Paesi del Nuovo Mondo hanno saputo creare dei vini di alta qualità a prezzi convenientemente più alti. Attualmente, in pratica non si trovano più vini di USA, Sudafrica o Australia nella categoria dei vini sotto i 4 dollari USA la bottiglia. La realtà, però, è che, nella stessa misura in cui il Nuovo Mondo si concentra sempre di più nelle fasce più alte di mercato, lascia dei posti liberi in quelle più basse dove stanno subentrando i vini dell’Europa orientale.
Come nuovi giocatori potenziali sul mercato ci sono Paesi come Ungheria, Bulgaria, Georgia, Romania, Moldova e, prima delle sanzioni, anche la Russia.
Sono tutti Paesi che stanno ristrutturando le loro cantine di produzione di vino grazie agli enormi investimenti finanziari attuali di alcune banche di livello mondiale e di qualche investimento privato.
I vigneti dell’Europa orientale occupano aree assai simili a quelle dove si coltiva la vite nel Nuovo Mondo e producono adesso l’8,5% dei vini del mondo rispetto al 7,4% di due decenni fa. Queste regioni offrono vini da varietà internazionali, ma anche da vitigni autoctoni che mostrano una differenza organolettica netta con gli altri. L’Europa orientale, inoltre, ha anche un numero limitato di ditte esportatrici di vino similmente al Nuovo Mondo, cosa che permette la concentrazione delle risorse e la creazione di un monolitismo nella presentazione di vendita, semplificando i rapporti tra venditore e cliente.
Un asso nella manica per l’Europa orientale sono i costi di produzione più bassi.
Il prezzo basso della terra e della manodopera permette a queste regioni di vendere la maggioranza dei loro vini tradizionali a prezzi di 1 dollaro USA la bottiglia e i costi di trasporto sono più bassi anche per la vicinanza ai Paesi maggiori consumatori di vino dell’Europa occidentale. Oltre a tutto questo, bisogna fare attenzione anche ai collegamenti con gli importanti mercati della Russia, della Cina, della Corea, del Giappone e del Vietnam, che stanno aiutando l’Europa orientale a perfezionare l’ingresso dei suoi vini nei loro mercati e quindi a disporre delle risorse per sdebitarsi dagli investimenti che avevano inizialmente affrontato prima dell’ingresso nel mercato occidentale.
In conclusione, i vini dell’Europa orientale possono portare, in un futuro assai prossimo, alla nascita di una nuovo settore di vini.
I vini del Vecchio Mondo dominerebbero nelle categorie super e ultrapremiate, preferite dai consumatori più maturi. Quelli del Nuovo Mondo potrebbero svilupparsi ancora nello stesso settore, conquistando i consumatori di età media e con minore esperienza. Mentre i vini dell’Europa orientale entrerebbero nel gruppo dei prezzi più bassi che presto faranno concorrenza ai nostri in tutti i supermercati e potrebbero anche conquistare il gruppo dei consumatori di età inferiore ai 25 anni, che preferiscono dei vini più economici e con meno pretese soprattutto nel fast-food.
Con l’aumento degli investimenti e una chiara direzione verso la qualità, poiché la povertà non si vince con una deleteria sovrapproduzione di vini di qual si voglia fattura, ma con la qualità della scelta di prodotti buoni all’altezza delle più sane tradizioni gastronomiche, i vini dell’Europa orientale non saranno più il fanalino di coda dell’enologia europea e sarà meglio che l’Unione Europea si svegli e cominci a dedicare attenzione a queste bottiglie che invaderanno a decine di milioni i mercati europei.
C’è un enorme potenziale, infatti, e molti vitigni autoctoni e tipici con sconfinate possibilità di creazione di nuovi vini adatti al gusto dei clienti dell’Europa occidentale.
Naturalmente si tratta di superfici coltivate con i vitigni ammessi dai regolamenti vitivinicoli europei, dunque accettate per il commercio nell’Unione Europea.
Il coinvolgimento tedesco di cui ho parlato riguardo la Moldova, si sta sviluppando anche in altri Paesi dell’Europa occidentale e non è limitato all’assistenza finanziaria che ha permesso la creazione di sedi centrali destinate all’approvvigionamento dalla Germania, ma si estende alla fornitura di tutte le attrezzature necessarie al supporto tecnico e tecnologico nei vigneti e nelle cantine. Anche il mondo del vino italiano però non dorme, anzi ci sono molti italiani che investono nella vitivinicoltura non soltanto dei vicini Balcani, ma perfino del lontano Caucaso, convinti sicuramente da wine-writers di grande esperienza.
Ricordo che l’Atlante dei vini del mondo di Jancis Robinson e Hugh Johnson, tradotto in 15 lingue nella prima edizione, dedicava solo 2 paginette ai vini bulgari e oggi ne dedica almeno 10 volte tante. Jancis Robinson stessa ne aveva spiegato il motivo rispondendo tempo fa a una domanda veloce dell’amica ancora nubile Magdalena Skarżyńska (attualmente sposata Winiarska con un cognome che è tutto un programma…), in occasione della prima edizione a Sofia delle Degustazioni Internazionali dei vini bulgari:
«È stata davvero un’esperienza molto interessante. I vigneti della Bulgaria sono un grande tesoro. Si vedono i notevoli cambiamenti che stanno attraversando e quanti finanziamenti ed energie umane vi sono continuamente investiti. Bisogna però organizzare bene tutto il lavoro della vigna. Oggi in Bulgaria sono indispensabili dei buoni quadri direttivi, con una profonda conoscenza nel campo della produzione del vino e del mercato. Dev’essere gente che non teme le sfide, pronta a numerosi viaggi pur di sottoscrivere nuovi contratti con gli importatori. Questi impegni richiederanno molto tempo, ma porteranno sicuramente a dei risultati vantaggiosi. Bisogna investire in nuovi vigneti. Le cantine di produzione non hanno bisogno di chissà quanti capitali, dunque è meglio destinarli allo sviluppo delle vigne».
Quello che stanno facendo amici ingaggiati anima e corpo in questo progetto ambizioso, come il famoso pianista Ivo Varbanov, bulgaro nato a Pleven da genitori musicisti, ma cresciuto in Italia dall’età di 9 anni (la madre suonava nell’orchestra sinfonica di Sanremo), dove ha studiato a Milano con Ilonka Deckers. Oggi vive a Londra, dov’era stato ammesso alla Royal Academy of Music di Londra, anche se tiene concerti in tutto il mondo e impartisce lezioni presso numerose scuole di musica.
Oltre all’amore ereditato per la musica, aveva maturato proprio in Italia un’altra passione: il vino.
A Londra fin dal 1994, con i primi guadagni aveva iniziato a cercare e a collezionare le migliori bottiglie di Francia e d’Italia e, quando questi erano cresciuti a sufficienza, aveva deciso d’investirli nel suo paese natale per fare il vino in proprio. E così è ritornato finalmente per acquistare e piantare un vigneto con la moglie Fiammetta Tarli, pianista anche lei, e da allora ci torna sempre più spesso con un progetto che si sta realizzando nell’acquistare nuove vigne nel villaggio di Izvorovo, affidate a Stancho Bangiev, per vinificare le proprie uve nella propria cantina dopo aver scelto di farli inizialmente con i coniugi Tanya e Khristo Bratanov nella loro cantina con l’enologa Maria Stoeva.
In bocca al lupo, Ivo!
Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all’ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l’arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un “signor no”, eppure lo è stato finché non l’hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l’unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.