I vini rossi austriaci crescono: per esempio il Pannobile
- Mario Crosta
- Ti potrebbe interessare Autori, Un sorso di, Vino e olio
Ero emigrato in Polonia già nel 1995 e spesso dovevo attraversare l’Austria parecchie volte l’anno, ma quando mi fermavo a pranzo o a cena lungo la strada non avevo mai trovato dei vini austriaci che potessero soddisfare i miei gusti e non ne avevo perciò mai acquistati.
Appena cambiato il millennio, però, mi era capitato di leggere su Winereport i rapporti di Wilma Zanaglio che invece indicavano delle marche molto affidabili, di alta qualità e così ho cominciato a frequentare l’Accademia del Vino a Cracovia dove ogni tanto incontravo Wojciech Gogoliński che è stato il primo sommelier polacco riconosciuto dalla sommellerie francese, cioè mondiale, letteralmente immerso nelle ricerche dei migliori vini austriaci, se non proprio innamorato.
Ho incominciato così a incuriosirmi e a frequentare l’antica casa da caccia degli Asburgo nella riserva forestale di Promnice e ho partecipato alle presentazioni dei vini di Willy Bründlmayer, che ho imparato a considerare un po’ come la Ferrari del cavallino rampante dell’enologia austriaca, come ho dichiarato in pubblico all’ambasciatore austriaco in una serata di degustazioni a Varsavia nel 2003 dove ero andato a dare una mano a CollegiumVini per distribuire i calici di vino fra gli inaspettatamente numerosi partecipanti, tutti personaggi importanti del mondo culturale e artistico polacco.
L’Ambasciata austriaca di Varsavia e il Consolato austriaco di Cracovia avevano poi organizzato due wine tasting molto interessanti nell’immenso salone del piano superiore del Mercato dei tessuti (Sukiennice) situato nel centro della Piazza piazza del Mercato di Cracovia (Rynek Główny) che, con i suoi 40.000 metri quadrati, non è solo la più grande della Polonia, ma è anche la piazza medievale più estesa d’Europa. Questo palazzo era stato inaugurato nel XIII secolo per fungere da centro del commercio dei tessuti ma, a causa di un incendio, nel 1555 era stato quasi interamente distrutto per essere ricostruito in seguito in stile rinascimentale dall’architetto fiorentino Santi Gucci. I numerosi turisti italiani che ci sono stati sanno che il piano terra è attualmente adibito a vendita di souvenir e artigianato, mentre in quel primo piano c’è la Galleria di pittura polacca del XIX secolo con tele di tutte le dimensioni, per fino due davvero enormi.
E proprio in questo salone, diviso in due parti, erano stati allestiti da una parte i banchetti delle degustazioni per il pubblico e dall’altra i tavolini individuali di assaggio e valutazione dei giornalisti e dei sommelier per i 335 vini esposti da 68 produttori delle maggiori regioni vitivinicole austriache. Quando avevo ricevuto l’invito e avevo scoperto che a presentarli in lingua polacca erano gli amici Wojciech Bosak, presidente dell’Istituto polacco della Vite e del Vino di Cracovia, e Wojciech Gogoliński, allora presidente dell’Associazione polacca dei Sommelier oggi presieduta dall’amico Piotr Kamecki, non avevo resistito. Ho fatto armi e bagagli e sono andato di corsa a Cracovia. Mi incuriosivano soprattutto i nuovi rossi d’Austria, di cui questi tre amici mi avevano parlato molto bene dopo i loro numerosi viaggi nelle terre asburgiche, anche perché la produzione di vini rossi austriaci continuava ad aumentare, sebbene l’Austria fosse più famosa all’estero per i suoi vini bianchi.
Non sono un degustatore professionista, ma solo un amatore, i vini perciò difficilmente li sputo. Preferisco berli, limitando la quantità dell’assaggio allo stretto necessario, per rendermi conto per intero del valore del vino, perciò non sono stato in grado di assaggiare in due giorni tutti i vini di tutti i produttori proposti, ma sono andato a scegliermi quelli di cui negli ultimi due anni mi ero annotato qualcosa e mi sono perciò fermato a 50 vini di 25 produttori ben ripartiti nelle due giornate.
Ne valeva davvero la pena. In due decenni l’Austria ha fatto passi da gigante per quello che riguarda la qualità e posso suggerire, senza nessun problema, di andare a scoprire i vini austriaci di oggi per quello che sono diventati e cioè dei signori vini. I produttori che maggiormente mi hanno impressionato sono stati, oltre a Bründlmayer, che produce sempre i migliori bianchi ma non è più solo soletto all’apice, e poi Achs, Auer, Gsellmann, Heinrich, Peck & Umathum, Pockl, Sattlerhof, Stift Klosterneuburg e Umathum e molti altri che non nomino perché vi annoierei con l’elenco.
Una grande ammirazione per alcuni vini bianchi, che conoscevo ormai già bene, ma a dire la verità mi avevano sorpreso soprattutto i vini rossi, che in gran parte ho trovato piacevoli, puliti, beverini, senza quegli appesantimenti dovuti all’eccesso di legno e senza quelle stucchevoli note di vaniglia che invece trovo sempre più in evidenza nei vini italiani presentati all’estero, quelli che alcuni produttori credono siano i più competitivi con i vini americani e francesi, come se i Polacchi facessero riferimento soltanto a questi due modelli di vinificazione forzata in tostatissimi barrels di rovere dolce e in barriques.
Mi era infatti venuto spontaneamente da pensare: che i nostri produttori stavano impazzendo. Forse me lo leggeva negli occhi il giovane produttore Paul Achs, che con un sorriso molto largo mi aveva detto che la vaniglia forse piace molto alle donne, ma non va troppo d’accordo per esempio con il Blauburgunder, il Blaufränkish, lo Zweigelt e il St. Laurent, cioè con quei vitigni che meglio si adattano al clima austriaco e in particolare a quello del Burgenland, la sua regione, che è vicina come caratteristiche all’Ungheria (che ancora lo chiama Őrvidék) a cui dopo un plebiscito non appartiene più soltanto da 100 anni. In Austria si preferiscono i vini rossi dai delicatissimi, ma ben pronunciati, profumi di lampone, di ribes rosso, di ciliegine, di melograno, che sono l’espressione naturale migliore di queste uve e si abbinano benissimo sia con le pietanze montanare che con le squisitezze viennesi. La vaniglia, il cuoio e il tabacco sono dei profumi potenti, ma esotici, non appartengono alla tradizione, ma soprattutto non si sposano neanche bene con la cucina locale, perché sono aromi estratti dal legno e rischiano sempre di soffocare i vivaci bouquet floreali e fruttati delle uve autoctone.
Paul Achs mi aveva detto che non ha piantato né cabernet sauvignon né merlot, nonostante che abbia imparato a fare il vino proprio in California, perché non maturano bene in questo clima.
Esattamente come aveva dovuto rinunciare col tempo anche ai leggendari (altrove) grüner veltliner e welchsriesling (il riesling italico) per l’acidità troppo debole che dimostravano sul suo terreno, 25 ettari nel posto più caldo di tutta l’Austria. Fa vino solo dal 1990, ne deve fare ancora molta di strada, ma l’igiene mentale è una dote essenziale di questi tempi, specialmente per i produttori di vino. Pochi, ma buoni: è del tutto evidente che non si sono lasciati prendere per i fondelli (come invece molti dei nostri) dai guru dei falsi miti e dagli spacciatori dei piccoli legni tostati. Pure qui usano le botti di rovere, anche quelle di origine francese, ma con molta più serietà, preparazione, intelligenza e saggezza, cioè lo stretto necessario. A fare danni al vino non è il legno piccolo, ma il suo uso inopportuno con mosti che non lo sopportano, oppure il suo abuso. Infatti i vini rossi austriaci in genere sono molto equilibrati e armonici e non puzzano di legno neanche quando s’impiegano le piccole botti d’origine transalpina.
Raramente ho trovato dei vini squilibrati, per esempio un taglio blauburgunder/merlot che spero decidano di non produrre più, data la serietà del produttore, al quale ho espresso una critica motivata, senza girare in giro al problema e senza mezze parole, con l’assenso dell’immediato sorriso del gigantesco e simpatico Gogoliński che ascoltava con interesse. Avrebbe voluto dirglielo lui, ma vedevo che non osava e la faccia di tolla è una caratteristica che mi contraddistingue abbastanza bene. Invece ho trovato una novità interessantissima, il Pannobile rosso, un vino che comincia a piacere sempre di più e che viene prodotto da un gruppo di nove produttori della zona di Gols con le idee molto chiare: Achs, Beck, Gsellmann, Heinrich, Leitner, Nittnaus, Pittnauer, Renner e Reisinger. L’ideatore del nome è stato Nittnaus, che nel 1988 aveva voluto sposare l’antico nome della regione, Pannonia, con la parola “nobile”, che è insieme il progetto ed il programma del gruppo.
Insieme hanno deciso di combinare la tradizione con un moderno know-how e di creare un vino rosso e un vino bianco caratteristici. Il bianco è prodotto preferibilmente da uve weissburgunder, chardonnay, neuburger, grüner veltliner e welschriesling. Queste uve assicurano insieme un carattere e un ampio bouquet fruttato, versatile ed elegante con un moderato invecchiamento (gli austriaci ed i tedeschi prediligono i bianchi capaci di maturare nel tempo) sia per il tipo spätlese che per il tipo auslese, la cui fermentazione malolattica avviene in barrique. Il rosso è prodotto da uve blauer zweigelt, blaufränkisch e St. Laurent. La maturazione del vino avviene in piccole botti di rovere per ammorbidire i buoni tannini delle bucce delle uve, mantenerne la struttura e combinare una piacevole beva alla capacità di notevole maturazione e invecchiamento.
Questa zona del Burgenland, chiamata Neusiedlersee, che si estende dalle rive orientali del lago Neusiedl fino ai confini ungheresi, è particolarmente vocata ai vini di alta qualità. Il microclima è caratterizzato dalla più prolungata esposizione solare di tutta l’Austria, combinata con l’altissima umidità e la moderazione delle temperature fornite dal lago. Le vigne migliori si trovano intorno a Gols (Ungerberg, Altenberg, Gabarinza, Salzberg, Spiegel), sui fianchi meridionali del Parndorf Plate, una zona chiamata anche Wagram che si distingue per vini di grande stile, ben maturati, opulenti e di corpo pieno. Jens Priewe, il cui libro sul vino ho acquistato proprio su suggerimento di Winereport, scrive che ”the winegrowing village of Gols offers unique sites on the Wagram of the Parndorf Plate, and the Pannobile wines are the essence of what thrives in these sites: powerful white blends and red growths which belong to Burgenland’s and hence Austria’s tops. The future of Austrian red wine lies in the combination of the traditional Austrian grapes Blaufrankisch and Zweigelt with international varieties“.
Soltanto le uve migliori sono destinate ai vini Pannobile, le rese sono limitate e i controlli di qualità sono severi, perché il gruppo effettua delle degustazioni, promuove lo scambio di esperienze, organizza corsi e confronti professionali e autorizza infine l’uso del nome Pannobile soltanto quando il vino corrisponde ai requisiti richiesti. Ciascun produttore imbottiglia in proprio, ma la commercializzazione e la promozione sono in comune, fin dalla vendemmia 1997. Con Bosak e l’indimenticabile prof. Ryznerski ne abbiamo assaggiati diversi, tutti intorno ai 90/100 e con differenze veramente millimetriche. A me è piaciuto di più quello di Heinrich dell’annata 2001, ma devo dire che tutti sono di alto livello qualitativo. Un altro produttore del Burgenland, Joseph Pockl di Monchhof, pur non facendo parte del gruppo Pannobile ha deciso di produrre un vino simile, seguendo gli stessi criteri: la Cuvée Rosso e Nero (per noi tifosi di calcio, quando si tratta di vini eccelsi, si possono sopportare anche quei colori…).
Ma vi porto un esempio pratico di Pannobile di questa zona del Burgenland che è chiamata Neusiedlersee e si estende dalle rive orientali del lago Neusiedl fino ai confini ungheresi. Il microclima è caratterizzato dall’esposizione solare più prolungata di tutta l’Austria, combinata con l’altissima umidità e con la moderazione delle temperature fornite dal lago. Le vigne migliori si trovano proprio intorno a Gols, sui fianchi meridionali del Parndorf Plate, una zona chiamata anche Wagram che si distingue per vini di grande stile, ben maturati, opulenti e di corpo pieno. La Weingut Judith Beck è sorta nel 1976, oggi possiede 15 ettari vitati, ma compra le uve anche da quei piccoli vignaioli dei dintorni a cui fornisce assistenza per migliorare le coltivazioni. Infatti Weingut Beck propone da sempre la massima densità di piante per ettaro per ridurre naturalmente le rese e nei vigneti di sua proprietà (tra cui i cru Breitenacker, Gabarinza, Altenberg, Herrschaftswald) e ha una media di 7.000 piante per ettaro. Produce anche vini bianchi, ma ottiene i risultati migliori con i vitigni rossi, tra cui zweigelt, st. laurent, blaufränkisch e pinot noir. Usano con vera maestria le botti di rovere, anche le barriques francesi, ma con preparazione, intelligenza e saggezza, cioè lo stretto necessario per non danneggiare i mosti che non ne sopportano l’abuso. Infatti questi vini rossi sono in genere molto equilibrati e armonici. Nel 2001 hanno cominciato a produrre il Pannobile bianco e il Pannobile rosso, vini che cominciano a piacere sempre di più e che vengono prodotti solo nelle ottime annate.
Nel Pannobile Rot 2015, diversamente dai primi anni di produzione sperimentale, la composizione delle uve si è stabilizzata intorno al 60% di zweigelt, 35% di blaufränkisch e 5% di st. laurent provenienti dal cru Breitenacker che ha i suoli ricchi di humus e dal cru Altenberg che li ha poveri e sabbiosi. La coltivazione segue i dettami della viticoltura biodinamica. La vendemmia è avvenuta alla fine di settembre, le uve sono state raccolte a mano in cassette da 20 kg massimo, la resa è stata di circa 40 ettolitri per ettaro. La fermentazione alcoolica è avvenuta in acciaio inox e quella malolattica in barriques, la vinificazione è stata seguita da Christine e Matthias Beck. La maturazione è proseguita per 18 mesi in barriques (70% nuove) per ammorbidire i buoni tannini delle bucce delle uve, mantenerne la struttura e combinare una piacevole beva alla capacità di notevole maturazione e invecchiamento. Questo vino ha un tenore alcoolico del 13%. Ha un buon potenziale di ulteriore affinamento in bottiglia di una decina di anni e per un rosso austriaco è una piacevole notizia.
Vino di colore rubino scuro con riflessi porpora. Il bouquet è complesso, con piacevoli aromi leggermente speziati e note di frutti di bosco neri (ribes nero e mirtillo) e rossi (lampone e ribes rosso) che si sviluppano gradatamente nei calici. Al palato è focoso e succoso, dai tannini morbidi, con una struttura elegante e un finale lungo e ben pronunciato. Ha un ottimo potenziale di ulteriore affinamento in bottiglia e dimostra autenticità e carattere. Consiglio di servirlo a 18 °C in calici ampi. Accompagna benissimo tanto le pietanze montanare come i sanguinacci blunzen e le fette di pane spalmate di strutto schmalzbrot quanto le squisitezze viennesi come le cotolette giganti wiener schnitzel. Ideale con umidi di manzo, arrosti di vitello, selvaggina in salse nobili e, in luogo, con il fegato d’oca alle cipolle gänseleber, con il tagliere di salumi e formaggi brettljause
Di Mario Crosta
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it e oggi scrive per lavinium.it, nonché per alcuni blog. Un fico d’India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.