Il biscotto all’amarena. L’unico vero dolce napoletano.
- Giustino Catalano
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So bene che già dal titolo molti di voi si arrabbieranno e penseranno che anche io, col biscotto all’amarena, voglia cavalcare l’onda mediatica del prof. Grandi che tra alcune cose giuste e vere dice anche tante castronerie. Non è così. Tranquilli.
Ma che si debba dire che il babà (polacco) e la graffa (austriaca) siano dolci napoletani è un errore. Come non lo sono propriamente la sfogliatella che viene dalla costiera, la figlia Santarosa, la zeppola (mediorientale) è dato di fatto. Certo la pastiera nata dalle mani delle operose suore di San Gregorio Armeno del Monastero di Santa Patrizia e poco altro fa eccezione ma come dolci monastici potremmo non considerarli propriamente tali come origini.
Di certo, però, il biscotto all’amarena lo è.
Benché non si possa dire chi sia stato il primo a inventarselo è certo che questo biscottone il cui sapore, posso garantire senza tema di smentita, ormai non è più quello di 50 anni fa, dalla forma tozza e dall’aspetto poco invitante è napoletanissimo.
Va annoverato in una cultura lontana del riciclo delle lavorazioni di pasticceria. Delle rifilature di pan di spagna, della pasticceria secca ormai divenuta dura, delle pastine di mandorla asciutte per il passar del tempo. E allora il sig. Esposito o come si chiamava che ti inventa? Una frolla croccante e profumata di vaniglia che al suo interno racchiude un morbido impasto profumato con sentori a metà sospesi tra il cacao e una lontana vena di amarene. Un morso che parte dal croccante della glassa superficiale attraverso il croccante della frolla e il suadente morbido del ripieno.
Ne ho memoria quando lo sceglievo da ragazzino tra gli sguardi poco contenti di mio padre o mia madre che ben sapevano con cosa fossero fatti e li ritenevano prodotto fatto con scarti e dolciumi vecchi.
Ma l’antica cultura napoletana del riciclo, del reimpiego, del non si butta nulla se è ancora buono aveva vinto ed io forse, da figlio del ventre di questa città ne avevo il sentore e non sapevo resistere al richiamo della mia cultura.
Oggi di quei biscotti esistono solo povere imitazioni. Insapori e spesso prive di quel gran gioco del gusto sospeso tra cacao e amarena. Oggi non esistono più quelle frolle di strutto e non di burro.
Se volete rifarli in casa eccovi una possibile ricetta ma il consiglio e di sostituire parte del pan di Spagna del ripieno con biscotti secchi e paste di mandorla. Di non lesinare sulla confettura di amarene e, se ne avete la possibilità, di metterne una quota di quelle in acqua e zucchero, quelle nere e non le rosse. E, infine, di creare una glassa spessa e massiccia. Perché il bello di questo dolce è la dozzinalità, l’approssimazione, l’idea di qualcosa che non si dovrebbe mangiare ma senza non si può stare.
Messo lì tra un sontuoso babà laccato di lucida gelatina di albicocche e un eclaire al cioccolato fondente dalla spessa e croccante copertura al cioccolato. Lui povero tra i ricchi, unico tra tutti.
Eccovi la ricetta
- Pasta Frolla
1 dose di Pasta Frolla con strutto (NO BURRO!)
- Ripieno
200g di pan di spagna (o altre preparazioni secche)
100g di biscotti (meglio pastarelle con le ciliegie candite e pastine di mandorla ormai asciutte)
2 cucchiai abbondanti di confettura di amarene
100g di amarene (con il loro sciroppo)
50g di cacao amaro
- Copertura
40 gr di albume
100g di zucchero a velo
Qualche goccia di limone
Procedimento:
- Preparare la Pasta Frolla con strutto la sera prima e lasciarla riposare in frigo per tutta la notte.
Per il Ripieno:
- In una ciotola, unire i biscotti e il pan di spagna sbriciolato. Aggiungere la confettura di amarene, le amarene e il cacao e mescolare con cura.
- Aggiungere lo sciroppo di amarene poco per volta fino a ottenere un composto umido ma non troppo duro né troppo molle. Coprire con della pellicola e tenere in frigo.
Per i Biscotti all’Amarena:
- Tirare fuori dal frigo la Pasta Frolla e lavorarla su una spianatoia infarinata per renderla più morbida.
- Stendere la Pasta Frolla su un foglio di carta forno, formando un rettangolo dello spessore di circa ½ cm
- Versare il ripieno su una metà della frolla e ricoprire con l’altra metà di frolla avendo cura di chiudere bene i lembi.
- Preparare la glassa mescolando fuori dal fuoco l’albume, lo zucchero a velo e le gocce di limone fino ad ottenere un composto abbastanza denso.
- Spennellare abbondantemente la glassa sul ripieno e tagliarlo a fette di circa 4 cm. Dovrete ottenere delle fette di 10-12 cm per 4 cm belle alte anche 3-4 cm. Trasferire le fette su una teglia.
- Incidete la glassa con l’aiuto di un coltello e nei solchi mettete della confettura di amarene che in cottura si asciugherà e darà un colore ai solchi rossiccio. Ovviamente potete decorare come vi pare ma questo aspetto è quello storico
- Cuocere in forno preriscaldato a 190°C per circa 25 minuti o quando sembrano belli cotti.
Si consumano freddi per apprezzare meglio il loro gusto particolarissimo.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.