Il sommelier Michał Jancik e il piacere di degustare
- Mario Crosta
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Michał Jancik è stato campione dei sommelier polacchi ed è arrivato 9° a un Trophée Ruinart a Reims, ma è anche uno dei rari esempi di autodidatta e la sua professionalità l’ha acquisita esclusivamente per la grande passione che lo anima.
Posso garantirvi che sa trasmetterla molto bene anche agli altri, come ho avuto modo di provare lavorandoci insieme ai tempi del programma televisivo “La seconda faccia”, dove in un mese e mezzo siamo riusciti a trasformare Krzysztof, il giovane protagonista che era boscaiolo in Germania, in un sommelier con un avvenire promettente nei migliori ristoranti del suo Paese, la Polonia. Questo articolo di Michał Jancik sul piacere di degustare è comparso dapprima sulla rivista Dobry Magazyn con le foto appunto di Mariusz Kapczyński, poi su Vinisfera.pl e l’avevo tradotto per Enotime.it che però non è più sul web. Poiché è ricco di spunti per godersi meglio il vino senza strafare, lo ripropongo volentieri.
Il traduttore: Mario Crosta
Dobbiamo necessariamente conoscere minuziosamente l’etichetta per gustare con piacere i vini che ci vengono serviti al ristorante? Certamente no. Il rispetto di alcune basi culturali nell’ordinare e servire il vino al ristorante può assicurarci un vero piacere allo stesso modo con cui la conoscenza dei fondamentali del savoir vivre può aiutare molto i rapporti umani, oppure può guastarcelo perfino con il vino migliore nel caso queste basi siano infrante. Per questo vale la pena conoscerle ed esigere che vengano osservate. Come scegliere il posto adatto per una degustazione? Come dobbiamo essere serviti? Ecco a che cosa dobbiamo rivolgere l’attenzione prima di sederci a tavola per poter gioire in pieno nel gustare il vino.
Primo: la prima impressione.
Di solito si va al ristorante per mangiare o per bere qualcosa. A volte non sappiamo ancora nemmeno che cosa, se sarà un antipasto, un piatto unico o una minestra, oppure se sarà soltanto una bottiglia, un calice di vino. Spesso accade veramente di decidere soltanto dopo aver superato la soglia del locale. Il tempo che passeremo in quel posto dipende da quanto ci piacerà. Perciò il proprietario e il personale del ristorante devono curarsi di soddisfare lo sguardo di un nuovo cliente nel modo migliore possibile perché un’ottima prima impressione permetterà agli ospiti di decidere di restare più a lungo o di ritornare. È un principio elementare e dovrebbe essere anche evidente che il locale debba essere sempre idealmente pulito, il che non significa sterilizzato come un ospedale, però sono inammissibili, per esempio, le macchie sotto i tavoli.
Secondo: l’aria fresca.
Inoltre, indipendentemente dal fatto che la cantina o il locale abbiano o no le finestre, agli ospiti si deve sempre assicurare aria fresca. Nel nostro caso è addirittura essenziale perché soltanto in un locale bene aerato siamo in grado di percepire il naturale profumo dei vini, senza la compartecipazione di aromi estranei. Dirigiamo dunque i nostri passi verso quei ristoranti nella cui sala da pranzo non si avvertono troppo i profumi sgradevoli della cucina, come quelli delle griglie bruciate o delle padelle in cui si frigge la carne. Anche se vale la pena di sapere che ci sono dei posti in cui il cuoco getta apposta sulla graticola, per esempio, un pezzo di pancetta affumicata perfino quando in cucina non si sta cucinando nulla, in modo che il suo profumino, qualcosa di arrostito e saporito, galleggi nell’aria… ma è un buon profumo, a differenza di quelli sgradevoli che derivano dalla trascuratezza. È un profumo che ci stuzzica l’appetito. Vale la pena di ricordare inoltre che in ogni locale gli ospiti devono essere indirizzati a sale diverse e divise, cioè quella per fumatori o quella per non fumatori. Se non c’è una tale divisione, dobbiamo prepararci al fatto che prima o poi ci siederà vicino qualcuno che con il nostro dessert si metterà a fumare… e allora possiamo dimenticarci qualsiasi degustazione di vini. L’ospite che fuma la pipa è purtroppo forse l’unico che può godere di qualche impressione gustativa dei piatti o delle bevande che ha ordinato. Le restanti persone si troveranno in ogni boccone che consumano quel dolciastro profumo del tabacco da pipa, spesso anche piacevole, ma molto intenso. Riepilogando: se pensiamo di degustare dei vini rivolgiamo prima l’attenzione al locale in cui entriamo, poi al profumo e infine anche all’aria fresca.
Terzo: la luce.
Come sappiamo, in principio il vino bisogna guardarlo, cioè prima lavora l’occhio. Per questo sul calice deve cadere un forte, chiaro, raggio di luce. È evidente che sarebbe meglio la luce del giorno, ma se fosse sera o notte basterà un punto luce sul tavolino. Se vogliamo divertirci a riconoscere i colori dobbiamo anche disporre di qualcosa di bianco, che può essere una tovaglia, un tovagliolo o semplicemente un piccolo foglietto del taccuino sul quale potremo discretamente annotare le nostre impressioni di degustazione.
Quarto: dove stanno i vini?
Siamo entrati in un ristorante che soddisfa tutte le esigenze sopra citate. Fra un attimo dovremo ordinare. È il momento di “cercare” i vini, anzi di condurre una piccola investigazione per assicurarsi che siano correttamente conservati. Se, per esempio, le bottiglie sono situate su uno scaffale vicino all’entrata e non si specifica che sono soltanto da esposizione, esiste una grande probabilità che il vino sarà servito a una temperatura troppo alta e quindi che non ci piacerà.
Le condizioni più adatte per conservare i vini sono: 12 gradi di temperatura, 70 % di umidità, assenza di luce e bottiglia in posizione coricata, cose che si possono ottenere unicamente in una cantina naturale o in un armadio frigorifero professionale. Vedere questo frigorifero, in cui i vini riposano con calma e si raffreddano, o la sua vetrina, ci dà la certezza che il ristorante ha cura del vino, che s’impegna almeno nel non farlo guastare nel caso che non venga venduto entro un mese o due. La situazione peggiore che purtroppo si ritrova nella maggioranza dei locali è quella dove le bottiglie sono esposte sul ripiano del bar (dove assorbono il profumo del tabacco, la luce, il calore, la polvere e via dicendo) e vengono servite in tavola direttamente da questo ripiano.
Se non si vede dove sono conservati i vini, non imbarazziamoci nel chiedere: «ma i vini li custodite in cantina oppure il locale ha un impianto refrigerante speciale?». Se non otteniamo risposta o se il cameriere dirà che hanno una cantina, tocchiamo la bottiglia del vino ordinato con la mano. Una temperatura evidentemente fredda dimostra che dice la verità e che ha portato il vino dalla cantina, mentre una temperatura da minestra dimostra che l’ha presa dal bar e che ci ha mentito. I vini spumanti e quelli bianchi devono essere ovviamente freddi, dallo scompartimento tra i 4 e i 12 gradi.
La temperatura più adatta per servire dei vini rossi è un po’ più alta, ma non dovrebbe superare i 18 gradi, dallo scompartimento tra i 14 e i 18 gradi, che è un po’ meno della temperatura ambiente. Con il palmo della mano siamo in grado di avvertire la differenza. Dobbiamo anche esigere che la temperatura sia adatta all’età, al tipo e alla qualità dei vini. I buoni ristoranti sono provvisti degli accessori adatti per assicurarlo.
Quinto: i calici.
Infine facciamo attenzione ai calici nei quali ci viene servito il vino. Il principio è questo: quanto più il vino è nobile, costoso e di rango, tanto più grande dev’essere il calice in cui è servito. Se i calici sono già in tavola, possiamo giudicarne la grandezza a seconda della qualità dei vini che vogliamo bere.
Partendo da un minimo di 350 ml di capacità. Nel calice dovrebbero essere versati tra i 150 e i 200 ml di vino perché questa è la quantità che ci permette un energico, sciolto, avvinamento del bicchiere con quel movimento circolare che serve per ossigenare il vino e fare sprigionare meglio gli aromi dalla sua superficie direttamente fino al nostro naso. Un calice troppo piccolo, come quello più frequentemente usato per il vino nei ristoranti (quel calice dalla capacità di 150 ml che raccomanderei invece per l’acqua minerale) non permette una rotazione in scioltezza, il vino addirittura straborda e il suo aroma va a profumare l’aria chissà dove. Sedendosi a un tavolo dove ci sono già i bicchieri, facciamo anche attenzione che siano puliti e che lo siano di recente.
L’esperienza più elementare del cameriere dice che il vetro (cioè la coppa, il gambo e il piede) dev’essere perfettamente pulito; per lustrare il bicchiere lo si tiene per il piede che poi viene pulito anch’esso, dato chele attuali norme europee vietano di lustrare il vetro, che deve essere perfettamente lavato e asciugato in una lavastoviglie speciale per il vetro. Verifichiamo dunque se i bicchieri non sono impolverati, se sono lavati bene, senza quelle impronte di polpastrello che non hanno diritto di esistere su quella parte che tocchiamo con le labbra, i bordi della coppa.
Alla fine possiamo annusare il calice. Potremo sentire se poco prima in cucina si è bruciato del grasso o se vicino al nostro tavolino si è seduto recentemente qualcuno che fumava, ma che non ha approfittato dei calici. In che cosa mescere i vini per farli gustare meglio? Per alcuni ci vorranno i calici adatti ai vini di Borgogna, per altri quelli adatti ai vini di Bordeaux, per altri ancora quelli adatti ai Barolo. Ma questo fa già parte dei segreti dei sommelier, che come clienti del ristorante non siamo però tenuti a conoscere. La persona che ci serve deve portarci il calice adatto ai vini che sceglieremo.
Ordiniamo!
Scegliamo il vino indicandone la posizione sulla carta dei vini o dando il numero che compare vicino al suo nome, perché come ospiti non abbiamo il dovere di conoscere la pronuncia dei nomi dei vini tedeschi, francesi, bulgari o altri. Poi il cameriere ci dovrà portare il vino avvolto nel tovagliolo di servizio, in modo da non scaldare la bottiglia con il calore della sua mano. Si avvicina da destra, presenta l’etichetta e pronuncia (non legge!) correttamente il nome del vino. In questo momento guardiamo se la bottiglia è tappata, se ha la capsula originale integra o se il cameriere la copre con la mano (cosa che non deve fare) e allora lo preghiamo di mostrarcela. Ora comincia una vera e propria procedura per aprire la bottiglia, che nel caso del vino è anche un’arte e può essere il tema di un successivo articolo.
Molto brevemente… abbiamo diritto di pretendere che il cameriere apra la bottiglia sul posto, in modo da vedere per il tutto tempo della degustazione l’etichetta e che non se la riporti, per esempio, al bar. Dobbiamo vedere che la bottiglia che ci è stata mostrata è la stessa che ci viene aperta e che sia il suo vino quello che viene versato nei nostri calici. Lo stesso vale anche per il tappo, che va messo su un piattino, alla nostra destra. Il modo in cui il vino viene aperto è molto importante, è in questo che il personale mostra veramente se possiede o no la professionalità.
Ma anche se il vino non verrà aperto correttamente, però era stato adeguatamente conservato e servito in ottimi calici rispettando tutti i principi che abbiamo citato, possiamo avere una buona sicurezza che è tutto a posto e che ci piacerà. Cosa che vi auguro.
Che cosa vale ancora la pena di sapere?
Prima ancora di domandarvi quale vino servire, il buon cameriere o il sommelier deve proporre agli ospiti l’acqua minerale, che può essere gassata o no, ma decisamente senza limone e sarebbe meglio senza ghiaccio. Si tratta di risciacquare le papille gustative e di inumidire le mucose della cavità orale per creare le condizioni migliori al senso del gusto. Perfino anche un piccolo antipasto guasterebbe tutto, oppure l’abituale gomma da masticare. Per questo il gusto in bocca deve essere pulito prima di assaggiare il vino. Il cameriere dovrebbe anche assaggiare il vino o darcelo da assaggiare (può sempre succedere che una bottiglia su 20 bottiglie sia guastata). Il capotavola viene servito per ultimo, prima sono serviti gli altri ospiti.
In breve…
Nonostante che di posti con una ricca offerta di vini buoni ce ne siano tanti, purtroppo si tradisce spesso uno o l’altro dei citati principii. Come quando i calici sono tenuti al bar, o il ristorante ha una buona selezione di vini e un personale ottimamente preparato, però i vini sono conservati su uno scaffale nella sala del ristorante e quindi vengono serviti troppo caldi. Raccomando dunque di cercare il ristorante in cui un personale ben preparato stapperà correttamente le bottiglie e mescerà come si deve il vino (prima convenientemente conservato) in un calice o in una caraffa adatti e puliti.
Ai veri esperti di vino raccomando ovviamente la sala per non fumatori, dove troveranno tutto quello che si è scritto: una tovaglia bianca, un tovagliolo bianco, un chiaro punto di luce anche se il locale deve contemporaneamente assicurare discrezione… in una parola le condizioni ideali per il piacere di degustare i vini.
di Michał Jancik
Di formazione tecnica industriale è stato professionalmente impegnato fin dal 1980 nell’assicurazione della Qualità in diverse aziende del settore gomma-plastica in Italia e in alcuni cantieri di costruzione d’impianti nel settore energetico in Polonia, dove ha promosso la cultura del vino attraverso alcune riviste specialistiche polacche come Rynki Alkoholowe e alcuni portali specializzati come collegiumvini.pl, vinisfera.pl, winnica.golesz.pl, podkarpackiewinnice.pl e altri. Ha collaborato ad alcune riviste web enogastronomiche come enotime.it, winereport.com, acquabuona.it e oggi scrive per lavinium.it, nonché per alcuni blog. Un fico d’India dal caratteraccio spinoso e dal cuore dolce, ma enostrippato come pochi.