La sfida di Nicodemi: imbottigliare Montepulciano solo in Abruzzo

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La sfida di Nicodemi: imbottigliare Montepulciano solo in Abruzzo

 Invertire la rotta che vede, ancora oggi, il 50 per cento del Montepulciano d’Abruzzo imbottigliato fuori regione.

È la sfida che attende Alessandro Nicodemi, neo presidente del Consorzio di tutela vini d’Abruzzo, che traccia un bilancio, tra luci e ombre, dell’anno che si è appena chiuso ma, soprattutto, volge lo sguardo al futuro.

La crescita del valore del vino abruzzese appena certificata da Nomisma, un progetto da 2,5 milioni di euro per la promozione del vino abruzzese nell’est asiatico ed uno della bellezza di 50 milioni per finanziare investimenti, promozione e ricerca. Tanta carne sul fuoco per Nicodemi, che indica subito la strada:

“Dobbiamo diventare una regione enologicamente riconosciuta, perché oggi il Montepulciano lo puoi comprare dal Piemonte alla Sicilia, considerando che il 50 per cento viene ancora imbottigliato fuori regione. Cosa che non accade per le più blasonate denominazioni italiane, che infatti possono essere acquistate quasi esclusivamente dai propri territori di produzione”.

“Con la crescita delle nuove denominazioni zonali e con tutte le altre che legittimamente aspirano alla Docg (da Terre dei Vestini a Casauria fino al Villamagna Doc ed al Controguerra Doc)”, dice il presidente, “speriamo che ci sia un graduale passaggio che ci porti dall’attuale 50 al 90 per cento di vino imbottigliato in regione, perché il vero valore aggiunto è sulla bottiglia e quindi se vogliamo incrementare la produzione lorda vendibile (plv) dobbiamo essere noi produttori a portare sul mercato il prodotto e riportare l’incremento economico sul territorio. Il comparto vinicolo abruzzese potrebbe cubare circa mezzo miliardo di euro a fronte dei 220-230 milioni attuali”.

“Il quinto bando di filiera (che a differenza dei precedenti, finanziati in modo ordinario dall’Ue, è a valere sul Pnrr, ndr) ha risorse moltiplicate rispetto al passato”, spiega poi Nicodemi, “circa 50 milioni di euro che saranno utilizzati per finanziare investimenti, promozione e ricerca. Il nostro Consorzio è soggetto capofila di un progetto che vede coinvolte 27 aziende tra Abruzzo e Molise, in cui l’elemento cardine è lo sviluppo di un’agricoltura sostenibile. È già stato approvato dalla Regione, che lo ha sostenuto proprio in virtù del fatto che è coerente con gli indirizzi politico-amministrativi, e ora è all’esame del Ministero dell’Agricoltura”.

“Abbiamo già vinto un altro bando, nell’ambito della misura 1144 di fondi europei”, continua Nicodemi, “con un progetto di promozione nell’est asiatico che prevede la partecipazione a fiere, b2b, masterclass e attività che facciano conoscere i nostri vini in quei paesi. Si tratta di un progetto triennale che vale 2,5 milioni di euro e che con il cofinanziamento sviluppa un importante investimento. Questa misura, rispetto al Psr che cofinanzia il 70 per cento dell’investimento e all’Ocm Vino che lo fa al 50 per cento, cofinanzia l’investimento all’80 per cento”.

Un progetto analogo, spiega il presidente, è in corso di sviluppo per il Nord America, per la promozione del vino abruzzese negli Usa e in Canada.

Nicodemi apre poi le porte all’ipotesi, su cui il Consorzio di Tutela dei Vini Colline Teramane ragiona oramai da tempo, ma a cui starebbe pensando anche il Consorzio di Tutela della Doc Ortona, di una fusione con gli altri soggetti consortili abruzzesi.

La sfida di Nicodemi: imbottigliare Montepulciano solo in Abruzzo

A Nicodemi, primo presidente rappresentante del mondo produttivo privato dopo vent’anni in cui alla guida del Consorzio si sono alternati uomini espressione delle realtà cooperative, non potevamo poi non chiedere cosa pensasse dell’acquisizione di importanti cantine abruzzesi da parte di fondi di investimento.

“Sono favorevolissimo alla vendita di aziende a fondi di investimento”, dice senza mezzi termini, “perché testimonia il fatto che siamo ancora una regione con ampi margini di crescita sia in termini di volume, ma soprattutto di valore, perché i fondi investono dove sanno che ci sono margini di crescita altrimenti non lo farebbero”.

“In tutti e tre gli episodi in Abruzzo, da Fantini, passando per Ulisse arrivando a Zaccagnini, i fondi che li hanno acquisiti non hanno espropriato nulla”, rileva Nicodemi, “perché sanno che il vero valore aggiunto del prodotto è dato anche dal carattere familiare con cui sono state condotte queste aziende che hanno avuto ed hanno grande successo”.

“In questo settore”, valuta Nicodemi, “la proprietà ha un peso specifico molto alto, il vino è espressione anche di un concetto e di una filosofia, se queste sono state premiate dal mercato, chi ha acquistato non cambia le cose perché sarebbe un controsenso. Insomma, le proprietà sono rimaste al loro posto, e i fondi hanno portato nuovo denaro sul territorio e stanno procedendo anche con dei programmi di investimento e innovazione che magari queste aziende, da sole, non avrebbero potuto fare”.

“Se ci sono possibilità di crescita per il territorio, senza tradire le proprie origini e i propri prodotti, non vedo nulla di sconvolgente”, taglia corto.

Sull’anno che si apre, infine, che sarà quello con la prima vendemmia con le nuove denominazioni, Nicodemi dice: “Finalmente sono in via di pubblicazione in Gazzetta ufficiale i nuovi disciplinari e con la vendemmia 2023 potremo partire con il Modello Abruzzo: quattro denominazioni che se prodotte con i nuovi disciplinari più restrittivi nelle nuove quattro sottozone, potranno fregiarsi delle menzioni Superiore e Riserva; speriamo sia la nuova frontiera della filiera corta, che possa dare il reale valore non solo al prodotto ma anche al territorio di provenienza”.

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