La tiella di riso patate e cozze
- Sandro Romano
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Se si dovesse scegliere il piatto più discusso della cucina pugliese, sarebbe certamente la Tiella di riso patate e cozze.
Tutti sono convinti di saperlo fare meglio degli altri, ma è piatto che ha equilibri di sapore difficilmente replicabili senza la giusta esperienza, che viene col tempo, con gli errori, con il fare tesoro di questi ultimi e, soprattutto, con l’umiltà di cogliere gli insegnamenti di chi, come le nostre nonne e mamme, sono abituate a replicare la ricetta grazie all’esperienza acquisita.
Piatto difficile da codificare, tante sono le variabili e creare una ricetta precisa è difficile, anche perché, come sempre accade con i piatti della tradizione, ognuno ha il suo piccolo segreto, le sue varianti personali, il tocco familiare tramandato di generazione in generazione.
Come tutti i piatti importanti delle cucine regionali, molte falsità girano su questa antica ricetta, sul web si trova di tutto e, cosa ancor più grave, persino importanti testate, senza verificare le fonti, hanno contribuito alla loro diffusione.
Ad esempio, il fatto che derivi dalla Paella e che siano stati i Borboni ad insegnarla a baresi e pugliesi in genere è una follia.
La Paella si prepara in modo totalmente diverso sia per ingredienti sia per tecnica.
Inoltre, le date non coincidono, i Borboni sono stati in Puglia fino a metà 1800 e il riso era conosciuto nel Regno delle 2 Sicilie a partire dal 15° secolo. Nonostante tutto, in Puglia non ci sono altri piatti tradizionali a base di riso e la patata appare raramente nei ricettari prima di metà 800. La sua nascita non è stata mai verificata storicamente, ma probabilmente nasce semplicemente dalla contaminazione tra ingredienti di mare e di terra creatasi a causa della forma della regione, lunga e stretta, con entroterra e mare vicinissimi.
Questa lettura potrebbe spiegare – e sottolineo il “potrebbe” – anche il motivo per il quale l’unica zona della Puglia in cui non si prepara è proprio quella garganica e dei Monti Dauni. Chissà, forse è nata con il grano al posto del riso, largamente coltivato nel Tavoliere, ma non ci sono tracce che avallino questa teoria.
E il nome? E’ semplicemente quello del contenitore, la teglia, che in dialetto si chiama “tièdde”. In Puglia, la tiédde dà il nome a tante diverse preparazioni con gli ingredienti più svariati, tipo quella di agnello e lampascioni, di maccheroni al forno, di patate e funghi cardoncelli, pur rimanendo, senza dubbio, quella di riso patate e cozze la più nota.
Per un fatto estetico in molti ormai utilizzano il tegame in terracotta che, però, a mio parere, ha il difetto di condurre il calore per molto tempo e non raffreddarsi subito, motivo per cui anche quando si spegnerà il forno, la cottura non si interromperà. Molto meglio, invece, una larga teglia in alluminio, che trasmette il calore in maniera più diretta e si raffredda più rapidamente.
Questa caratteristica è fondamentale sia per non stracuocere gli ingredienti, sia perché la tiella è migliore se viene fatta raffreddare e riposare, in modo che i liquidi in eccesso vengano riassorbiti dalle patate e dal riso, creando un amalgama perfetto.
Altre, poi, sono le sterili discussioni che sedicenti esperti riescono a scatenare sull’argomento.
Ridicola quella sul nome del piatto.
“Non Riso patate e cozze ma Patate riso e cozze!” tuonano in molti, discutendone animatamente sui social e ad ogni occasione possibile. Ma i sacri testi della cucina pugliese, quelli dei vari Sada, Giovine e Panza, tanto per citare i più autorevoli, mettono il riso al primo posto nel nome, quindi Riso patate e cozze. Ma anche l’altro modo è assolutamente consentito, smettiamola con questa diatriba tra i risopatateecozziani conto i pataterisoecozziani !!!
Poi il riso. Qualcuno sostiene l’utilizzo del parboiled, assolutamente inadatto. Non scuoce ma non assorbe i sapori, molto meglio un Arborio o un Carnaroli.
Altra classica discussione è quella sull’utilizzo o meno della zucchina. In tanti inorridiscono perché sostengono con convinzione che la vera ricetta non la preveda. Ma, come spesso accade, sono convinzioni basate sul nulla, oppure sulle proprie abitudini familiari. C’è chi la gradisce chi no, ma non è vero che non sia prevista nella ricetta tradizionale. Mia nonna, barese purosangue da sempre, la metteva.
Piuttosto la giusta considerazione è da fare sulla stagionalità. Infatti, chi la gradiva la inseriva d’estate, cioè nel suo periodo vero di maturazione, mentre adesso siamo abituati a trovarla tutto l’anno e quasi nessuno pensa che sia un ortaggio estivo!
L’ultimo dubbio da risolvere è sul formaggio da utilizzare. La ricetta nasce con il Pecorino Romano, ma qualcuno preferisce il Parmigiano Reggiano oppure li mescola. Io trovo che sia sufficiente dosare il Pecorino senza esagerare, servirà a dare sapore e sapidità.
Il “Riso patate e cozze” è piatto che non ha lunga cottura – in genere da 40 a 60 minuti al massimo, e il tempo dipende da tanti fattori come le dimensioni, il forno, il contenitore stesso.
Più velocemente si cuoceranno le patate, più cozze e riso saranno al punto giusto.
La riuscita perfetta di questo piatto è legata principalmente alla capacità legante dell’acqua, che ne regola i tempi di cottura e amalgama i sapori creandone la magia. Una volta preparato è buono appena pronto, ma migliora tantissimo se lo lasceremo rassettare qualche ora, in modo da fargli assorbire bene tutti i liquidi. Poi lo si riscalda e lo si gusta a qualsiasi temperatura.
Si può preparare con largo anticipo, persino il giorno prima, e sarà perfetto per consistenza e armonia dei sapori. E’ ottimo persino freddo!
Una volta dipanati tutti questi dubbi, mi sembra giusto passare alla ricetta.
Per 4 persone servono:
- 600 gr. di patate a pasta gialla
- 200 gr. di riso Superfino (preferibilmente Arborio)
- 1 Kg di cozze
- 50 gr. di Pecorino Romano
- 2 cipolle bianche
- 20 pomodorini
- 3 spicchi d’aglio
- prezzemolo
- sale, pepe, olio extravergine, acqua q.b.
- 1 zucchina (facoltativa)
Sul fondo della teglia si mette un bel giro di olio extravergine, 1 spicchio d’aglio tritato, una parte della cipolla tritata grossolanamente, qualche pomodorino e del prezzemolo. Se gradite si possono aggiungere anche delle rondelle di zucchina.
Poi si procede a strati, facendo il primo con fette di patata dello spessore di circa mezzo centimetro, sulle quali appoggeremo le cozze aperte. I mitili devono essere prima ben raschiati esternamente in modo da eliminare le impurità esterne, poi aperti mantenendo il frutto su una delle due valve, mentre quella vuota andrà buttata. Si dovrà tenere da parte l’acqua di governo e quella che cadrà dall’interno delle cozze per essere successivamente utilizzata.
Sulle cozze messe con il frutto rivolto verso l’alto, andremo a inserire dell’aglio tritato finemente, del prezzemolo, del pepe e ancora un giro di olio. A questo punto spargeremo sulle cozze anche il riso, che prima avremo avuto l’accortezza di sciacquare in modo da fargli perdere un po’ di amido. Lo faremo in maniera uniforme e lo condiremo con Pecorino Romano, cipolla tritata, pomodorini a pezzi, pepe, ancora prezzemolo e l’eventuale zucchina.
Importante accorgimento è quello di non esagerare mai con la quantità di riso, che, dovrà semplicemente riempire le cozze coprendole appena, altrimenti, gonfiandosi in cottura, risulterà troppo e squilibrerà la nostra preparazione.
Ancora olio e poi l’ultimo strato di patate a coprire il tutto, mettendo in superficie qualche altro pomodorino, qualche pezzo di cipolla, un po’ di prezzemolo, alcune rondelle di zucchina, un po’ di pecorino romano, pepe e un altro bel giro di olio a finire.
Per completare si aggiungono i liquidi facendoli cadere dagli angoli in modo da non “lavare” la superficie. Prima l’acqua delle cozze, ben filtrata attraverso un colino, mentre a parte avremo preparato una caraffa di acqua da un litro nella quale avremo fatto sciogliere 10 grammi di sale fino. Versiamo anche l’acqua salata fino all’altezza dell’ultimo strato senza coprirlo, dovrà solo lambirlo lasciando scoperta la parte superiore per poterla gratinare. E’ fondamentale che la debba solo lambire, quindi non tutta l’acqua salata dovrà essere usata.
Salare preventivamente l’acqua serve soltanto a non sbagliare mai la sapidità della tiella, che cuoce, appunto, nel liquido. Se dovessimo, invece, spargere il sale su ogni strato, rischieremmo di non essere precisi e di rovinare tutto.
E’ preferibile portare prima la teglia sul fornello in modo da far raggiungere rapidamente l’ebollizione ai liquidi, e poi infornarla a 200° per circa 45 minuti, fino a doratura della superficie.
Una volta pronta con una bella gratinatura superficiale, abbiate la pazienza di aspettare che la tiella si raffreddi e si assesti, come già detto. La riscalderete poco prima di portarla in tavola e, vi assicuro, che il successo sarà assicurato.