Con l’arrivo della scuola le vacanze sono finite, quindi: ”bentornati dalle vacanze”! È proprio il caso di dirlo, perché c’è anche chi non è riuscito a tornarne vivo. Troppi morti sulle strade. Troppo il sangue innocente sparso da quella follia che schiaccia a tavoletta il piede sull’acceleratore. Ci sono nuove pene per i pirati della strada. Ma basteranno. Gli odierni pirati sono in genere delle misere schiappe che credono di essere degli assi del volante ma che non sono in grado di controllare nemmeno una motozappa. Di questi, secondo le statistiche, uno su quattro non regge l’alcool, uno su cinque è sotto l’effetto di droghe, uno su sei parla al cellulare con una sola mano sul volante, uno su sette fuma sempre con una mano sola sul volante e ho trovato una ragazza che fumava e telefonava ruotando il volante con le ginocchia in discesa, in curva, in centro città…
In parte sono giovani dal cervello allucinato dal bombardamento di decibel in discoteca e in parte sono extracomunitari su carrette che avrebbero dovuto essere rottamate. Ma tutti gli altri che falciano bambini sulle strisce, che si schiantano contro camion fermi ai semafori, che decollano sui viadotti, però, sono degli irreprensibili patentati perfettamente sobri. Irresponsabili, incoscienti, ma sobri.
È dunque sbagliato menarci per il naso con delle campagne mediatiche e dei provvedimenti di legge che sanno tanto di provvisorio e di ”sbatti il mostro in prima pagina”. Nel nostro bel Paese c’è il mito della velocità e dell’accelerazione fin da bambini. Basti vedere i ragazzini che impennano i motorini su una sola ruota, che sgommano rumorosamente per spaventare i passanti e che non appena patentati abusano aggressivamente dell’auto di papà alla caccia di sensazioni liberatorie dai propri complessi di adolescenti ancora né carne né pesce, spesso in branco. Una volta a scuola insegnavano l’educazione civica. Credo che sia il caso di reintrodurla e di insegnarla fin dalle scuole materne e di farlo comunque meglio di prima.
Ma anche da adulti si coltivano delle abitudini pericolose. Per esempio, quelle alimentari che appesantiscono la guida e che provocano i colpi di sonno al volante. In gioventù ne ho avuti due anch’io, uno dopo pranzo e uno dopo cena, perciò adesso so che quando ti beccano non te ne accorgi nemmeno, ma ti svegli ormai soltanto quando puoi aver già fatto una strage. Ci sono anche i maniaci delle sfide impossibili. Sulle cause di un incidente con più morti ho visto scattare dalla Stradale delle foto che potrei definire inequivocabilmente porno e non fatemi aggiungere altro, con il tachimetro a 110 km/h. Insomma, le cause sono tante ma la medicina di regime, purtroppo, è una sola e sempre la solita: inasprire le pene, ma demonizzare soprattutto il vino.
Noi che ne beviamo a pasto, a cena e con gli stuzzichini dell’aperitivo (consiglio sempre di non farlo a stomaco vuoto), siamo coscienti che il bere moderato fa bene alla salute, mentre esagerare è stupido. Se uno proprio volesse esagerare, che lo faccia almeno soltanto in casa sua, non certamente alla guida di un veicolo.
Il fegato di una persona sana ci mette un’ora e mezza per metabolizzare completamente un calice di vino. Perciò se si guida dopo aver ingerito due calici a pasto rimane comunque un livello di alcool del sangue che sfiora appena i limiti di legge, attualmente 0,5 grammi per litro. Sono limiti di legge oltre i quali scattano pene sempre più severe (e ben vengano), ma esiste anche una coscienza che ovviamente non mette limiti al buon senso. Per esempio, si potrebbe anche decidere di non bere alcolici a pasto o non correggere il caffè con un liquore se si deve guidare, non sarebbe poi la fine del mondo. Oppure si potrebbe migliorare il proprio stile di vita a tavola, bevendo di meno, ma meglio e attendendo saggiamente di smaltire l’eventuale eccesso in un’oretta o due di relax dopo il caffè, prima di mettersi al volante.
La legge 120 del 2010 prevede l’obbligo di posizionare un etilometro di tipo precursore chimico o elettronico presso una delle uscite dei locali pubblici aperti dopo la mezzanotte, o nei quali si svolge qualsiasi tipo di intrattenimento, a disposizione dei clienti che desiderino constatare il proprio stato di idoneità alla guida dopo l’assunzione o meno di bevande alcoliche e/o superalcoliche.
Ecco, a puro titolo di esempio, come sia facile superare i limiti consentiti dalla legge, prendendo come riferimento un soggetto maschio di circa 70 Kg di peso, mettendosi al volante subito dopo aver bevuto:
2 bicchieri di vino dal tenore alcolico del 12% in volume
2 calici di spumante/champagne
4 calici di spumante moscato dolce dal tenore alcolico del 6% in volume
2 lattine di birra da 33 cc
1 boccale di birra alla spina da 50 cc
2 cocktail moderatamente alcolici (Cuba Libre, Gin Fizz, Irish Coffee, Caipirinha, Margarita, Pinha Colada)
1 cocktail alcolico (Negroni, Alexander)
2 bicchierini di liquore (Grappa, Cointreau, Vodka)
Per la donna la quantità di alcol necessaria a superare il tasso di 0.5 risulta essere decisamente minore anche la metà.
È consigliabile quindi usarli anche di giorno. Sono controlli volontari, a volte costano anche un euro, ma si conoscerà meglio la propria attitudine a una guida più sicura. Invocare punizioni più rigorose per la guida in stato di ebbrezza e un giro di vite sulle regole non è necessariamente la soluzione più efficace. Sono le cosiddette pene del lunedì, ormai dopo il solito fine settimana di baldoria, a frittata ormai fatta.
Si può anche minacciare la galera a vita se si vuole, ma se poi non c’è una forza pubblica in grado di far rispettare la legge sulle strade, allora non serve proprio a un bel niente.
Vanno certamente aumentati i controlli, ma qui ci vuole anzitutto del personale che li esegua, che non basta mai. Sul ciglio delle strade qua e là in Austria ho visto dei poliziotti di cartone e in Polonia delle auto della Polizia di cartone ad altezza naturale, con alcuni colori catarifrangenti come quelli veri. Imitazioni perfette che di notte (ma per i distratti e per chi viene da fuori anche di giorno) fanno la loro bella funzione, perché da una certa distanza sembrano praticamente veri e vivi e di riffa o di raffa rallentano tutti quanti…
Comunque, anche con dei controlli più assidui, le contraddizioni e la ben nota lentezza dell’apparato giudiziario riescono a castrare qualsiasi certezza di applicazione della pena, che è come invitare alla trasgressione perché vengono garantite decine di attenuanti e alla fin fine l’impunità. C’è addirittura chi uccide una seconda volta non appena restituitagli la patente e messo di nuovo in libertà, con il solertissimo giudice che se ne lava le mani dichiarando che in quel caso non aveva potuto far altro che applicare la legge…
Non vorrei però accusare il sistema quando piuttosto ci sarebbe da chiedere a chi si sente senza peccato di scagliare pure la prima pietra. C’è troppa tolleranza verso uno o più comportamenti che alla guida possono diventare pericolosi.

Per esempio, si lascia credere ai ragazzini che la sigaretta fa tanto figo, che la velocità fa tanto macho, che la macchina potente fa tanto pilota da formula 1, che certe medicine (anti-dolorifici a base di oppiacei, benzodiazepine calmanti gli stati d’ansia, farmaci antiepilettici, antidepressivi, prodotti a base di codeina contenuta in molti farmaci da banco per raffreddore e influenza, antistaminici, sonniferi) non fanno poi tanto male, che la musica è un sogno quand’è goduta a tutto volume in un piccolo spazio e che si può guidare l’auto dopo aver bevuto dell’alcool secondo un sommario e autoreferenziato giudizio del proprio stato di idoneità.
Il risultato è che ogni giorno la somma di queste ebbrezze fa un sacco di morti (oltre 10.000 solo in Italia) e di mutilati per sempre. E sono omicidi che rimangono, come quelli, in gran parte impuniti. Basta! Più che ”misfatti”” come questi, occorrono ”atti” nuovi e concreti.
Tra le misure per contrastare il fenomeno, oltre alle consuete campagne di sensibilizzazione, diversi Stati degli USA hanno imposto l’obbligo, per chi si è già reso colpevole di guida in stato di ebbrezza, di utilizzare un dispositivo che misura il tasso alcolico e che, se questo è superiore alla soglia legale, impedisce l’accensione della propria automobile.
Stando a uno studio pubblicato sullo American Journal of Public Health da una équipe di ricercatori della Perelman School of Medicine alla University of Pennsylvania, l’adozione di tale dispositivo (e l’obbligo legale di utilizzarlo, il cosiddetto mandatory ignition interlock) ha portato a una riduzione del 15% delle morti per incidente stradale per stato di ebbrezza tra il 2007 e il 2013, una percentuale comparabile, per esempio, a quella successiva alla legge sugli airbag obbligatori.
Si tratta, dunque, di una legge facile da applicare ed efficace, che dovrebbe essere adottata anche in tutti gli altri stati e anche in Europa, in Italia, magari corredata da un obbligo ai costruttori di montare su tutti gli autoveicoli di prossima produzione un apparecchietto del genere. Le scoperte mostrano che, impedendo ai guidatori che hanno bevuto troppo di accendere il proprio veicolo, si possono evitare molti incidenti e salvare parecchie vite. Forse dovremmo iniziare a pensarci anche quaggiù e sappiatemi dire se un’automobile che sciopera contro la stupidità umana non sarebbe davvero meglio di tante, troppe, belle parole.
Rolando Marcodini
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Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all'ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l'arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un "signor no", eppure lo è stato finché non l'hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l'unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.
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