L’Iris fritta. Il dolce palermitano poco conosciuto in continente.
- Giustino Catalano
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L’opera, soprattutto agli inizi del 1900 in Sicilia, è stata molto seguita al punto tale da esaltare la popolazione. Forse ciò è stato dovuto prevalentemente alla propensione del popolo di Trinacria all’ascolto delle storie, che attraverso i pupari avevano animato interi paesini dell’entroterra e piccoli rioni delle cittadine sicule.
Così l’opera divenne un evento mondano, un esempio da seguire, un modo di definire un capolavoro.
E’ cos’ che la pasta alla Norma si chiama alla Norma. Ma questa è storia “salata” e questo è un racontodolce, zuccherato, glicemico!
Torniamo all’Iris fritta. Siamo a Palermo ed è l’anno 1901 e la popolazione è in gran fermento per la grande prima lirica dell’ultima opera di Pietro Mascagni – “Iris”. Il Pasticciere Antonio Lo Verso, sull’onda dell’entusiasmo generale prepara una ciambella priva di buco fritta ripiena di ricotta mantecata con lo zucchero, cioccolato fuso e a pezzetti.
Va consumata calda, appena fritta e riempita con la crema ricotta fredda.
È l’apoteosi totale!!!
Da quel momento la pasticceria di Lo Verso divenne talmente famosa che cambiò presto il nome in Pasticceria Iris, oggi purtroppo scomparsa. Nonostante sia un dolce i siciliani annoverano questo dolce tra le proposte di street food tradizionali palermitane.
L’annoverare un dolce tra le proposte di street food non è anomalo in questo caso in quanto l’Iris è figlia di una creazione precedente molto famosa a Palermo e ancora oggi molto consumata: la Ravazzata.
La ravazzata è una brioche con all’interno dell’impasto dello zucchero e farcita internamente con ragù di carne e piselli. La ravazzata è cotta al forno.
Ma ne essite anche una variante identica per impasto e ripieno che è fritta e che prende il nome di Rizzuola.
Come in tutta al bellissima Isola esistono anche ravazzate e rizzuole differenti. Ad esempio a Castelvetrano, città di un spettacolare pane, la farcitura di questi due capolavori dello street food siciliano è con carne tritata, prosciutto cotto e mozzarella vaccina.
Anche dell’Iris ovviamente esistono versioni differenti in altri luoghi della Sicilia. Ad esempio l’Iris fritta catanese è farcita con crema pasticciera gialla o al cioccolato.
Ma tornando alle origini dell’Iris prese dalla ravazzata va detto che il termine “ravazzata” in Sicilia non è utilizzato soltanto per la specialità palermitana. Ad Alcamo con ravazzata si indica un dolcetto composto da un involucro di pastafrolla ripieno di ricotta e gocce di cioccolato. Non a caso, nel Dizionario Siciliano-Italiano pubblicato a Palermo nel 1840, “ravazzata” è tradotto semplicemente con “specie di torta” – senza alcun riferimento alla farcitura di carne e piselli –, mentre con il diminutivo “ravazzatina” si intende una “specie di pagnotta piena”.
Oltre alla versione classica con il sugo e il macinato, nelle abitazioni palermitane è diffusa anche la ravazzata con gli spinaci e la ricotta di pecora, una ricetta delicatissima più adatta alla stagione estiva. Tipicamente invernale, invece, la variante con cimette di cavolfiore lesse, salsiccia, formaggio primo sale e olive nere, riportata dalla gastronoma Alba Allotta nel volume “La cucina siciliana in 1000 ricette tradizionali”.
È proprio dalla ravazzata che forse si deve partire per ritrovare un’origine all’Iris fritta che a questo punto abbiamo compreso essere un’imitazione con pasta lievitata anziché frolla della ravazzata alcamese.
A ben guardare ed effettuando le dovute ricerche emerge che come sempre la ricetta deriverebbe dalle mani certosine delle monache di clausura che nelle loro interminabili giornate di meditazione occupavano parte del tempo nel confezionare dolci che venivano poi venduti alla popolazione e portavano piccoli proventi al convento.
Da queste le ricette poi sarebbero passate nelle mani dei pasticcieri locali che le avrebbero ulteriormente elaborate e perfezionate con tecniche più evolute e professionali.
In sostanza quello che nel 1901 fece Antonio Lo Verso dando alla rizzuola (la ravazzata fritta per capirci) un ripieno dolce.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
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