Lo stappo: Vosne-Romanee Georges Noellat 2020
- Stefano Cengiarotti Malini
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Ne abbiamo sempre parlato solo in maniera superficiale, solo per confrontare alcune regioni, solo per esaltare alcune caratteristiche del vino, ma oggi ne parliamo in maniera più approfondita; oggi parliamo della Borgogna.
Il lembo di terra più fortunato del pianeta, uno dei terreni più complessi che possiamo utilizzare per la produzione di uve, la più complessa suddivisione in vigneti singoli del pianeta, la produzione di sole 4 tipologie di uve ben suddivise in zone di influenza; questo e molto altro è ciò che fanno della Borgogna quello che è ora per gli amanti del vino.
Sviluppata su uno spaccato carsico, che permette l’emersione di strati più antichi di terreno, la Borgogna si divide in più zone, ma oggi parleremo di un singolo villaggio della cote de nuits Vosne-Romanee; celebre zona produttiva che prende il nome dal suo vigneto più importante quel La Romanee che tutti gli appassionati vorrebbero assaggiare. Ricca di terreni calcarei e marnici che donano profondità e complessità ai suoi vini, Vosne-Romanee si sviluppa su dolci colline che aiutano l’esposizione ed espandono le possibili ore di sole che irradia i vigneti.
In questo panorama si sviluppa il Domaine George Noellat, un piccolo produttore che negli ultimi anni si sta imponendo nel panorama degli appassionati del vino.
Il cambiamento avviene quando il giovane Maxim inizia ad occuparsi dell’azienda di famiglia, introducendo dei cambiamenti produttivi e di piccoli accorgimenti in vigna: la raccolta delle uve avviene a piena maturazione, dividendo la raccolta delle stesse in più momenti, anche nello stesso vigneto, la macerazione ora avviene a raspo intero, senza eseguire la diraspatura, e dura per più di 40 giorni, cercando la massima estrazione degli acidi e dei succhi, per la produzione si usa solo il mosto fiore spingendo in questo modo al massimo la qualità del prodotto risultante.
Tutti questi cambiamenti contano poco se non ritrovano un riscontro; e quindi riscontri sono sensazionali.
Perché Maxim, perché in questo bicchiere si sentono i frutti rossi, la vaniglia, i tannini, il pepe rosa, il gesso e mille altre cose, perché però l’unica cosa che mi viene in mente è che questo sorso sa di vita e di gioia, ricorda i vecchi Borgogna quelli dell’eleganza, della pulizia e della freschezza.
Un vino imperituro, che rappresenta a pieno l’idea che abbiamo di Vosne-Romanee, potente, austero ma allo stesso tempo avvolgente e delicato.
Cos’altro dire…… #lanostravitaèincredibile
Stefano Cengiarotti Malini, nato a Verona l’01/02/1991, appassionato di vino dall’inizio della sua carriera, sviluppa il suo amore per lo stesso già nella sua prima esperienza al Vittorio Emanuele ristorante storico del centro della città di Romeo e Giulietta; successivamente entra a far parte della brigata dell’Antica bottega del Vino la Mecca di tutto i sommelier della città, qui incontra il suo mentore e amico Alberto Bongiovanni, figura che tutt’ora ha una grande influenza nella vita di Stefano.
Diviene ufficialmente sommelier AIS nel gennaio 2018, ma sono le visite alle cantine e la continua voglia di studiare che lo rendono quello che è ora.
Gli anni del covid sono complicati per la ristorazione della città quindi Stefano decide di approcciare il lavoro in vigna e successivamente si sposta nelle langhe in quella barbaresco che è meta enogastronomica di rilievo assoluto, qui collabora con chef Manuel Buchard all’Antinè bistrot nel centro del paese di Gaja.
Ora gestisce la cantina del Donatelli-3011 pizzeria gourmet, con 2 spicchi del gambero rosso, in provincia di Verona, locale che fa dell’innovazione e della ricerca la base su cui costruire un progetto, questi punti sono alla base delle scelte della carta di Stefano, scelte della quali sicuramente vi parlerà.