Meatin': e venne il cuoco che portò il carbone…
- redazione
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Il barbecue e i fornelli.
Napoli e Avellino.
Un cuoco stellato e i piatti casalinghi.
Per descrivere che cosa rappresenti Meatin’ Cuoco & Carbone oggi nello scenario dei ristoranti ai piedi del Vesuvio, questi tre binomi – per quanto indicati – non sono forse sufficienti.
Si potrebbero aggiungere la tradizione e l’innovazione, l’inverno e l’estate, l’eleganza e la semplicità, e tante altre coppie di concetti tra i quali si distende l’arco della proposta del Meatin’, nato con la vocazione di sintetizzare il meglio di un territorio, di una cucina e di un pensare per progetti.
Il territorio va dalla penisola sorrentina all’Irpinia, dal mare alla montagna, dalla leggerezza mediterranea alla sostanza dell’entroterra.
La cucina si appoggia sulla granitica base della tradizione campana, con due contrappesi estremi quanto complementari, da una parte la sostanza delle carni selezionatissime dei dintorni di Gesualdo, dall’altra l’influsso della stella Michelin che riverbera da Vico Equense.
Il pensare per progetti si articola annodando fili apparentemente scollegati.
Come il concept del competente Maurizio Cortese, la cucina con un piede nella tradizione e il dito puntato al futuro di Peppe Guida, la capacità artigianale di norcino e macellaio di Mario Carrabs, la macchina bellica del barbecue Weber, il design unico di Mario Moccia, e da qui a valanga si potrebbe continuare citando i prodotti, le aziende, le ricette, i piatti, per non parlare dell’atmosfera, della grandezza, della distanza e della bellezza di tavoli e sedie, del numero di coperti e mi fermo qui per non tendere all’infinito.
Non c’è neanche una virgola lasciata al caso e – cosa che fa ancor più piacere, anzi, stupisce – non è roba da tutti i giorni essere accompagnati da un personale ineccepibile in un locale che, nonostante la vastità della sua offerta, riesce anche a non essere per niente salato nei prezzi, pur restando molto sapido nei contenuti.
Lo stesso racconto, come il progetto che annoda i diversi fili, diventa tessitura, perché è la stessa esperienza del commensale che può di volta in volta intrecciare trame e orditi differenti, ora sfiziandosi con gli assemblaggi degli antipasti, ora soffermandosi sul più geniale piatto di pasta degli ultimi cinquant’anni, ora esplorando i tesori degli allevamenti irpini cotti sul carbone, e ora rituffandosi nella più atavica tradizione dei mangia foglia con i piatti dell’orto.
Meatin’ soddisfa tutti gli appetiti e tutti pruriti, dal mangiare come soddisfazione fisica fino all’assaggiare per riconoscere radici del passato e ramificazioni verso il domani, dal percorrere il classico menù dall’antipasto al dolce al concentrarsi nematicamente solo su una tipologia di piatti.
E visto che è dai piatti che la scintilla di partenza è scaturita, proviamo a tessere uno tra i tanti possibili arazzi che una visita al Meatin’ permette di ammirare.
Uno dei fili del racconto ha una lunghezza precisa: 100 km.
Si può infatti parlare con ragione di chilometro o metro zero quando si possiede davvero a queste distanze l’eccellenza.
Se però un ristorante napoletano può avvalersi della sapienza di un artigiano come Mario Carrabs, che a Gesualdo – ossia a soli 101 chilometri usando l’autostrada – sa fare prodigi con la carne di maiale, l’accento cade sulla garanzia dell’uomo consumato conoscitore del prodotto, e non sullo sbandierare il chilometro zero tout court, perché una carne scadente o un salume malfatto non migliorerà grazie alla vicinanza geografica.
Sopressata, pancetta all’Aglianico, prosciutto, salsiccia rossa di Gesualdo e una bruschettina con ciliegini sembrano fare appello a un appetito solo basico, prima di scoprire l’accuratezza di questi salumi che elevano anche lo spirito.
Gli antipasti.
La melanzana e la carne irpina è un piatto scritto a tavolino, ma che intesse un dialogo fatto di battute antiche, dallo scarpone alla polpetta, passando per una parmigiana innovata di bianco fino a un involtino che fa il verso al finger food ma che per fortuna è di sostanza.
La zucchina in tre diverse consistenze è un ponticello tra preparazioni tradizionali e contemporanee di quest’ortaggio, e sotto la campata si distende ancora il territorio campano: zucchina da friggitoria e zucchina alla scapece da una parte, zucchina cruda con olio e limone dall’altro lato, burrata e capocollo a incrementare il gusto.
La brace e il fritto per un verso cita e per l’altro annuncia: il fiore di zucca in pastella, con ricotta e pecorino, e le zeppoline di cavolfiore celebrano la tradizione dei cuoppi, il fior di latte avvolto nella pancetta e arrostito sulla brace manifesta le velleità alternative alla carne del barbecue.
Cuoco & Carbone.
Esaurito il giro degli antipasti, con i primi e i secondi si mette a fuoco – è il caso di dirlo – il vero e proprio significato di Cuoco & Carbone, ovvero cucina e barbecue.
E la cucina del Meatin’ è partorita dalla sapienza di Peppe Guida, una stella Michelin all’Antica Osteria Nonna Rosa di Vico Equense.
Ora, se c’è una cosa che contraddistingue Peppe Guida dagli altri chef blasonati è il fatto che – assieme a pochi altri colleghi di livello, e quasi tutti al centro-sud – usa coraggiosamente la pasta secca, innovando ricette e abbinamenti storici della cucina campana con una semplice quanto geniale formula: lasciare che i sapori siano distinti e riconoscibili, vale a dire esaltando la ricchezza e la poliedricità che persino un semplice piatto di pasta può contenere.
Il punto più alto di questa ricerca inarrestabile è forse il Delicato Sorrentino.
Concezione programmatica di un modo di cucinare la pasta e risultato straordinario per i sensi di chi lo assaggia. Brunoise di mozzarella di bufala strizzata, olio al basilico e buccia di limone alla base, per poi riempire la fondina di Mischiato Delicato dei Campi Gragnano IGP cotta direttamente nei datterini gialli cilentani, completando il tutto con parmigiano e schiuma di latte di bufala.
Il piatto non detona solo al palato, ma si schiude autoraccontandosi nella sua progettazione, compresa la prescrizione di mangiarlo a cucchiaiate, raccogliendo dal fondo tutti gli strati di sapore e di piacere.
Create ogni variante possibile al vostro percorso di degustazione al Meatin’, ma – se non lo avete ancora assaggiato – fate ruotare tutto attorno al Delicato Sorrentino per non avere rimpianti.
Dal Cuoco al Carbone
Ovvero da Vico Equense a Gesualdo, Peppe Guida può dare il touch a Mario Carrabs che fa arrivare lungo i già citati 100 km carni scelte con una competenza di oltre tre generazioni di macellai.
La salsiccia è avvolta nella pancetta tesa, ma ha un’anima estiva di peperoncini verdi fritti – quella invernale è fatta della stessa sostanza dei friarielli – su uno sfondo a pois di confettura di papaccelle.
Maiali e bovini arrivano da piccoli allevamenti, diversi tra loro come possono esserlo gli esseri umani, ma uniti da un senso di appartenenza a un sapere e a una manualità che va preservata, valorizzata e divulgata, tre intenti che si ritrovano a pieno nella missione del Meatin’.
Non solo carne alla brace
Anche altre lavorazioni trovano spazio nelle mesticanze, dove ad esempio la carne salata di manzo si colora di fagiolini, pomodorini e uova biologiche, riservando dunque un angolo del menù anche ai cercatori del fresco e leggero conservando l’alta qualità.
Visto che il barbecue Weber funziona alla grande, si può anche fare largo a qualche portata recuperata direttamente dalla tavola di casa, quindi perché non arrostirci sopra un chiattissimo e tipicissimo peperone imbottito di giovenca – irpina, ovviamente! – melanzane, olive e capperi?
Consci che lo spiegamento di carni alla brace istiga il desiderio di patatine, al Meatin’ si è pensato bene di proporre anche le classicissime chips, ma fatte come il padreterno comanda, con una cospicua cucchiaiata di maionese puntinata di tartufo.
Se poi c’è ancora spazio e coraggio, in fondo al menù qualche dessert fa capolino e incuriosisce.
Il semifreddo è fatto con torrone irpino, mentre il tortino è alla mela annurca IGP, segni del tentativo di un discorso di continuità con gli altri piatti, teso a esaltare ingredienti tipici di prestigio, anche se il risultato – pur discreto – lascia il commensale a interrogarsi se l’esperienza appena fatta non resenterebbe la perfezione ricorrendo a questo punto direttamente a classici della pasticceria campana, a opera di uno dei tanti maestri di questa terra.
Riflessioni da caffè, preso direttamente dalla moka, a rinforzare quella nota di familiarità che assieme all’eleganza è contrappunto continuo qui al Meatin’.
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