Merenda Reale a Torino
- redazione
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In Piemonte la “Merenda Reale” è una goduria da non perdere.
Domenica, tempo di passeggiata e merenda gustosa. Se siete in Piemonte o avete intenzione di organizzarvi per raggiungerlo in un weekend fuori porta, ecco cosa fare assolutamente.
La Merenda Reale di Torino è una tradizione nata nel ‘700 alla corte sabauda per placare l’appetito dei nobili tra il pranzo e la cena e nel dopo cena. Protagonista di questo momento era il cioccolato, servito insieme ad altre deliziose bontà della tradizione piemontese.
Esistono due versioni della Merenda Reale, una del ‘700 e l’altra dell’800. La differenza è nella bevanda calda che viene servita e in cui venivano inzuppati i “bagnati” e i cioccolatini creati nel tempo dai maestri pasticceri di corte.
La Merenda Reale del ‘700 include una cioccolata calda fatta secondo la ricetta originale, ovvero con acqua e cioccolato fondente, servita con i biscotti tradizionali detti “bagnati”. Insieme a questi ultimi, c’erano poi i diablottini e i torroncini.
La Merenda Reale dell’800 invece fu rivoluzionata dall’entrata in scena del Bicerin, bevanda che poi con il tempo è diventata uno dei simboli di Torino, accompagnato in questa dai tradizionali “Bagnati” e da altri cioccolatini come gli amatissimi cri-cri, i gianduiotti e i nocciolini di Chivasso.
Nel periodo estivo, la Merenda Reale sabauda prevede il bisquit freddo accompagnato comunque da delizie da intingere.
Oggi la tradizione della Merenda Reale, rivive tutti i fine settimana in alcuni caffè storici della città di Torino e in alcune delle Residenze Reali del Piemonte che di seguito elenchiamo:
Castello di Rivoli (Piazza Mafalda di Savoia – Rivoli);
Caffetteria Orangerie Gerla 1927 (Corso Vittorio Emanuele II, 88);
Caffè Elena (Piazza Vittorio, 5 – Torino);
The Tea – Torrefazione Moderna (Via Corte d’Appello, 2 – Torino);
Caffè Reale di Palazzo Reale (Piazzetta Reale 1 – Torino);
Gelateria Pepino (Piazza Carignano, 8 – Torino);
Caffè Fiorio (Via Po, 8, 10123);
Caffè Platti 1875 (Corso Vittorio Emanuele II, 72).