Michele Bruno, il regista del gusto che celebra l’anima della Puglia
Da oltre trent’anni Michele Bruno è uno dei protagonisti della valorizzazione del territorio pugliese unendo enogastronomia, cultura e turismo in un percorso di promozione che ha segnato in modo permanente la storia della regione.
Presidente di PugliaExpo, medico di professione e appassionato ambasciatore delle eccellenze locali, il suo impegno ha spaziato dalla guida di Slow Food Puglia (1996-2013), alla creazione di eventi iconici come il Mercatino del Gusto di Maglie.
Ha contribuito a far conoscere e tutelare prodotti d’eccellenza come il caciocavallo podolico del Gargano, la mandorla di Toritto e il capocollo di Martina Franca e a portare la Puglia sui palcoscenici internazionali con manifestazioni di rilievo come Vinitaly, il Salone del Gusto ed Eataly New York.
Infaticabile promotore di progetti innovativi, Michele ha contribuito alla realizzazione di guide turistiche e gastronomiche, ha ideato format di grande successo come gli Open Day e ha coordinato rilevanti rassegne come BTMGusto, all’interno di BTMITALIA, mettendo al centro le relazioni umane.
Il suo percorso avvalorato da premi e riconoscimenti lo rende oggi una figura di riferimento per chiunque voglia raccontare e far crescere la Puglia attraverso le sue tradizioni e la sua cultura del buon vivere.
Com’è nata la tua passione per l’enogastronomia? C’è stato un momento preciso che ha segnato l’inizio di questo percorso? Quale è stata la tua prima e significativa esperienza e quali sfide hai dovuto affrontare?
“La mia passione per l’alimentazione mi ha portato a iscrivermi all’ADI (Associazione Italiana di Dietetica Medica) e ad aprire uno studio di nutrizione clinica a San Giovanni Rotondo, dove ho introdotto concetti come l’educazione al gusto e la slow life, avvalendomi di tecnologie avanzate in collaborazione con Dietosystem.
Animato da una costante sete di conoscenza, ho approfondito il tema attraverso libri, pubblicazioni scientifiche, corsi e riviste specializzate per rendere le mie diete non solo equilibrate e gustose.
Nel 1991 la lettura del Gambero Rosso ha segnato una svolta nel mio percorso avvicinandomi al mondo gastronomico e portandomi a iscrivermi all’Arcigola Slow Food (mentre frequentavo la scuola di specializzazione in Medicina Nucleare al Gemelli di Roma).
Ricordo con emozione una cena in cui il Professor Guido Galli tenne un’appassionata dissertazione sulla vera cotoletta alla milanese.
Il primo corso sul vino, nel 1992, mi ha permesso di conoscere il grande enologo Severino Garofano e da quel momento ho iniziato a esplorare non solo piatti e cantine ma soprattutto le storie e le persone dietro di esse.
Questo percorso mi ha portato a diventare fiduciario, poi governatore e infine presidente di Slow Food Puglia fino al 2013.
La mia capacità di organizzare e creare connessioni mi ha reso (in un’epoca ancora analogica) un influencer ante litteram, acquisendo una visione d’insieme della Puglia.
Ho ricoperto ruoli chiave nella Guida Osterie di Slow Food, coordinato il Buon Paese, collaborato con L’Espresso e organizzato corsi ed eventi enogastronomici, tra cui la presentazione della Guida ai Vini del Mondo a Foggia nel 1996, quella ai Tre Bicchieri a Lecce nel 2000, oltre ai numerosi Saloni del Gusto di Torino e Vinitaly di Verona.
Più che di sfide parlerei di visione: il piacere di far conoscere e valorizzare il mio territorio.
La Guida del Gargano (1998), scritta con Antonio Attorre, Guido Pensato e Saverio Russo, è stata un’occasione per raccontare le eccellenze locali. Il mio lavoro poi mi ha poi portato a Brindisi permettendomi di scoprire e promuovere l’intera Puglia.
Raccontare la Puglia, le sue professioni, le storie di successo e il valore delle persone è da sempre la mia passione e il mio impegno.
Ho sempre creduto che turismo, enogastronomia e bellezza fossero un tutt’uno e oggi, con la Puglia diventata una destinazione turistica di primo piano, è fondamentale difendere e valorizzare il nostro patrimonio culturale.
Un patrimonio che non si esaurisce nell’enogastronomia ma è fatto di persone. Identità e accoglienza non sono in contrasto a patto di acquisire piena consapevolezza di chi siamo”.
La tua visione del mondo del cibo e del vino è cambiata nel tempo? Se sì, quali sono state le trasformazioni più significative?
“Cibo, ristorazione, vino, turismo, eccellenza, comunicazione, accoglienza e promozione della Puglia: un tempo tutto questo aveva un significato diverso rispetto a oggi.
Ricordo con piacere le mie prime visite in cantina, la prima in Puglia da Rivera ad Andria, seguita da tante altre, sia nella regione che in tutta Italia.
Ho viaggiato tra le eccellenze vinicole della Toscana (Rocca delle Macìe, Frescobaldi, Antinori), del Piemonte (Conterno Fantino, Azelia), della Lombardia (Bellavista), delle Marche (le cantine del Verdicchio di Matelica), dell’Umbria, dell’Abruzzo e del Molise, fino alla Campania (Marisa Cuomo), alla Basilicata (D’Angelo, Paternoster), alla Calabria (Librandi) e alla Sicilia (Duca di Salaparuta, Vinicola Florio, Donnafugata).
Era un mondo affascinante che ci faceva sognare.
Si programmavano i viaggi con cura studiando il percorso e sfogliando le vecchie guide come Osterie d’Italia e Gambero Rosso, nate proprio in quegli anni.
Non si andava nei luoghi solo per mostrarlo agli altri o per fotografare un piatto: le esperienze rimanevano dentro di noi, stratificandosi nei ricordi attraverso emozioni, incontri, piatti e vini.
Avevamo credibilità e gli amici si rivolgevano a noi per consigli su ristoranti e cantine da scoprire.
Oggi con l’accesso immediato alle informazioni le conoscenze si sono livellate e tutti cercano visibilità nel minor tempo possibile.
Ma la credibilità non si misura in follower o like: resta la capacità di trasmettere esperienze autentiche”.
Qual è stata la storia o l’esperienza più singolare che hai vissuto avuto modo di vivere o di raccontare durante il tuo percorso enogastronomico?
“Ho vissuto tanti episodi memorabili. Ricordo il 1996 quando accompagnai Carlo Petrini in provincia di Foggia e lo portai a visitare la cantina dei D’Araprì (che all’epoca era poco più di uno scantinato) lontana dalla bellezza attuale.
In quegli anni conobbi anche Peppe Zullo e Pietro Zito pionieri su molti temi ma in un’epoca in cui era difficile comunicare le proprie idee senza cellulari, internet e social media.
Nel 2004 al Salone del Gusto di Torino mi trovai per puro caso (una fortuna tutta pugliese) ad accogliere Carlo d’Inghilterra.
Nel 2009 ospitai per tre giorni Oscar Farinetti al Mercatino del Gusto di Maglie mentre nel 2010 accompagnai John Elkann e Lavinia Borromeo in un tour delle aziende pugliesi (al salone di Torino) e nel 2011 fui a New York per condurre laboratori del Gusto a Eataly, e l’anno successivo partecipai a un viaggio della Camera di Commercio di Brindisi al Cairo.
Negli ultimi anni, una delle persone che più mi ha colpito per semplicità e amore per la nostra terra è stata Helen Mirren: con lei e suo marito Taylor Hackford ho avuto il piacere di cenare più volte.
Eppure, fino al 2015, non ho nulla che documenti queste esperienze, a parte le Guide e i ricordi legati alla memoria.
Oggi scrivo su Facebook e collaboro con Amazing Puglia, lasciando finalmente traccia di tutto questo”.
Ideatore del Mercatino del Gusto: come nasce l’idea di scegliere ogni anno una parola chiave come filo conduttore del Mercatino del Gusto e in che modo questa scelta influenza l’esperienza dei visitatori? Qual è l’elemento distintivo che rende il Mercatino del Gusto un evento così speciale e atteso ogni anno?
“Più di venticinque anni fa, insieme a Giacomo Mojoli e altri siamo partiti dalla convinzione che per valorizzare il territorio pugliese fosse fondamentale promuovere le migliori aziende enogastronomiche creando un dialogo tra il pubblico vacanziero e le comunità locali.
L’idea era quella di riunire gli operatori che contribuiscono attivamente alla crescita e all’innovazione del settore.
Cos’è lo storytelling di un territorio se non il racconto della sua autenticità?
È ciò che abbiamo fatto in questi 25 anni narrando il cibo, il vino, il territorio, gli artigiani e i cuochi, costruendo così l’identità e la reputazione del Mercatino del Gusto oggi guidato dal presidente Salvatore Santese.
L’obbiettivo era trasformarlo in un evento culturale perché il cibo insieme alla musica, ai libri, al cinema, alla fotografia, alle arti e all’artigianato, poteva e doveva convivere in un’unica esperienza (oggi può sembrare scontato ma allora non lo era). Maglie è diventato un appuntamento fisso dal 1° al 5 agosto senza mai fermarsi evolvendosi e adattandosi ai tempi.
Il Mercatino del Gusto è sempre stato un laboratorio di idee e una opportunità per le aziende di qualità e un palcoscenico ideale per promuovere il territorio.
Perché cibo è cultura e intreccia: storia, agronomia, economia, scienza dell’alimentazione, ospitalità, territorio, trasporto, sociologia, ambiente, comunicazione, relazioni e scelte politiche”.
Sei socio fondatore di Puglia Expò: qual è l’ingrediente simbolo della Puglia che meglio rappresenta la sua identità e come Puglia Expò lo valorizza nelle sue iniziative? Inoltre qual è l’essenza della Puglia che Puglia Expò vuole trasmettere attraverso le sue iniziative e strategie di promozione?
“Parlare di Puglia e raccontarla sono due cose molto diverse.
PugliaExpò fondata nel 2014 insieme a un gruppo di amici nasce dall’ascolto, dalla condivisione, dalla passione e da una visione chiara: valorizzare il territorio attraverso competenze, comunicazione ed esperienza.
Abbiamo cominciato con gli Open Day un format per raccontare la Puglia attraverso le sue professioni, i suoi progetti e le storie di successo, mettendo al centro un nuovo ruolo dell’imprenditore.
Un ruolo in cui la cultura aziendale e i valori condivisi diventano elementi distintivi e riconoscibili.
Le aziende hanno avuto l’opportunità di raccontarsi in modo autentico ed efficace coinvolgendo un vasto pubblico e dimostrando il proprio impegno.
Da qui il passo successivo è stato naturale: progettare eventi, promuovere prodotti e itinerari dedicati a turisti e visitatori rafforzando così il legame tra identità, territorio e sviluppo”.
Se la Puglia fosse un piatto quale sarebbe e quali storie racconterebbe attraverso i suoi sapori?
“Il pranzo della domenica è un rituale che porto nel cuore.
Le orecchiette con gli involtini (per noi le braciole di vitello o di cavallo) sono da sempre un simbolo di famiglia e tradizione.
Da bambino osservavo mia madre mentre, con il fazzoletto in testa, impastava e modellava le orecchiette sulla spianatoia mentre il ragù sobbolliva piano sul fuoco permettendoci ogni tanto di intingere un pezzo di pane.
Oggi una volta al mese o quando ho ospiti ripeto quel rito: faccio la spesa il sabato mi alzo presto la domenica e mi emoziono nel rivivere quei gesti.
Le orecchiette le compro ogni volta che torno in paese perché è lì che hanno il sapore autentico dei ricordi”.
Non tutti sanno che…
“In questi anni ho avuto il privilegio di trasmettere alle mie figlie la passione per questo mondo e di incontrare persone straordinarie.
Desidero ringraziare tutti coloro che hanno creduto in me e che mi hanno sostenuto con un gesto, una parola, una telefonata, un attestato di stima.
A chi mi ha affidato l’organizzazione di un evento, chi mi ha chiesto un consiglio, un’intervista, un parere o semplicemente una mano lungo questo meraviglioso viaggio che è la vita.
Alcuni di loro non ci sono più ma il loro ricordo continua a vivere nel mio cuore”.
Autore
- ANTONIA MARIA PAPAGNO. Una vita sotto il segno del wine&food, divento sommelier AIS in tempi non sospetti. Enotecaria per alcuni anni, ora mi occupo di formazione e di consulenza per ristoranti e cantine private. Assaggio oli e vini per mestiere e per amore della mia terra. Scrivo di ciò che mi appassiona e amo.-- Visualizza tutti gli articoli