Nicolas Appert, l’uomo che ci salvò dalla morte per cibo
- Giustino Catalano
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Nicolas Appert, figlio di albergatori e poi pasticcere a Parigi, nel 1795 iniziò le sue sperimentazioni presso il suo negozio in Rue des Lombards
e codificò un nuovo metodo di conservazione degli alimenti che consisteva nel mettere gli alimenti già lavorati in bottiglie, sigillare con tappi di sughero, immergere in acqua bollente per tempi variabili a seconda del tipo di alimento e raffreddare.
Questo processo diventò strategico durante le campagne militari napoleoniche fornendo un approvvigionamento più semplice alle truppe. Il metodo rimase segreto finché nel 1810 Appert fu autorizzato a divulgarlo e con tale operazione vinse anche un premio di 12.000 franchi messo in palio dal governo francese.
La sua pubblicazione, “L’Art de Conserver pendant plusieurs années toutes les substances animales et végétales“, ebbe un grande impatto in Europa e fu tradotta in molte lingue, tra cui italiano, tedesco, inglese e francese.
Nel 1824 un’opera anonima francese, subito tradotta in italiano, rubò il nome al libro di Appert e menzionò la sua scoperta come metodo tradizionale.
In Italia, il metodo di Appert venne adottato e riportato in diversi libri di cucina. Il sistema evidenzia due aspetti importanti: gli ortaggi vengono conservati senza additivi che alterino il loro sapore e il prodotto ottenuto può essere utilizzato come fresco in cucina.
La conserva di pomodoro divenne particolarmente popolare in Italia grazie a questo metodo, poiché garantiva una fruizione costante durante tutto l’anno senza sprechi.
La rivoluzione di Appert, che passa attraverso cose che noi oggi riteniamo scontate quando afferriamo da uno scaffale un barattolo o una lattina di cibo, fu passaggio epocale a mio avviso al pari della scoperta del fuoco.
Determinò il cambio del principio della stagionalità perché consentì a molti ortaggi, con modalità lievemente differenti di poter essere consumate tutto l’anno.
Determinò il cambio netto nei sapori in cucina dove i cibi conservati spesso mantenevano i corredi dei conservanti con i quali erano stati trattati per allungarne la vita (zucchero, sale, fumo….).
Determinò una facilitazione nel trasporto delle merci in caso di intervento in aree prive di cucine (si pensi a campi di sfollati, campi militari, ospedali).
Insomma dietro a quel barattolo, a quel tappo che non fa “clic-clac” o a quella lattina, oggi foderata internamente di banda stagnata bianca, c’è la differenza tra la fame e il benessere, tra la vita e la morte per deterioramento del cibo.
Di formazione classica sono approdato al cibo per testa e per gola sin dall’infanzia. Un giorno, poi, a diciannove anni è scattata una molla improvvisa e mi sono ritrovato sempre con maggior impegno a provare prodotti, ad approfondire argomenti e categorie merceologiche, a conoscere produttori e ristoratori.
Da questo mondo ho appreso molte cose ma più di ogni altra che esiste il cibo di qualità e il cibo spazzatura e che il secondo spesso si mistifica fin troppo bene nel primo.
Infinitamente curioso cerco sempre qualcosa che mi dia quell’emozione che il cibo dovrebbe dare ad ognuno di noi, quel concetto o idea che dovrebbe essere ben leggibile dietro ogni piatto, quella produzione ormai dimenticata o sconosciuta.
Quando ho immaginato questo sito non l’ho pensato per soddisfare un mio desiderio di visibilità ma per creare un contenitore di idee dove tutti coloro che avevano piacere di parteciparvi potessero apportare, secondo le proprie possibilità e conoscenze, un contributo alla conoscenza del cibo. Spero di esservi riuscito.
Il mio è un viaggio continuo che ho consapevolezza non terminerà mai. Ma è il viaggio più bello che potessi fare.