Meat tax per sostenere spese per 285 miliardi dollari l’anno
Come nell’ esternazione del Monsier De Lapalisse, ecco il pensiero piallato di menti inadatte al raziocinio.
Essi’, proprio di questo si tratta, e non per fare polemica ad ogni costo; per fronteggiare le spese necessarie a curare le malattie che una dieta smodata a base di alimenti carnei potrebbe innescare, il deterrente messo a punto acchè questo non accada è quello di aumentare il prezzo al consumo di tale tipologia di alimenti al fine di scoraggiarne i consumi.
Il ragionamento non farebbe una piega se la soluzione fosse in qualche modo rispettosa di tutte le categorie di persone che utilizzano una dita onnivora o se, come per la sugar tax, si trasformasse in un reale dissuasore di consumi aberranti come appunto quello dello zucchero bianco palese ed occulto, olte a quello presente in bibite gasate e affini.
Trattasi, in verità, di un provvedimento unilaterale che non consente di diversificare le varie fasce della popolazione di consumatori, se abituate o meno ad un regime alimentare suicida o se, come nel caso del profilo alimentare mediterraneo, consueti consumatori di carni bianche e carni rosse con discrezione.
Di tali attacchi al consumo di carne, inteso come alimento imprescindibile dalla nostra dieta per tutta una serie di fattori nutrizionali che inderogabilmente sono necessari al nostro organismo, ne abbiamo in quantità, pur se va riconosciuto che una piccola quota vicariante di nutrienti essenziali li si potrebbe attingere anche, e in parte, dal mondo vegetale.
Noto è che la dieta di ciascuno di noi dovrebbe contemplare alimenti si, in prevalenza vegetale, con verdure crude, legumi e frutta secca in primis, ma anche porzioni limitate, da inserire costantemente nel proprio protocollo alimentare settimanale, di alimenti di origine animale delle cui proteine ben conosciamo il ruolo strategico nel saper offrire al nostro corpo aminoacidi essenziali, oltre che essere fonte, come nel caso dell’uovo di gallina, di proteine il cui valore biologico è pari a 100.
Proprio di questi parametri oggettivi bisognerebbe parlare prima di assumere comportamenti oltranzistici a favore o a danno di un protocollo alimentare.
Per restare in un ambito nutrizionale, le qualità di qualunque proteina possono essere titolate ricorrendo ad un sistema di classificazione che comprenda alcune variabili, una su tutte è quella rappresentata dal Valore Biologico* che queste possono esprimere, cioè quell’ indicatore che rappresenta la quantità di azoto da queste apportano, e che verrà effettivamente utilizzato dal nostro organismo.
Una proteina ha il valore del 100% quando tutto l’azoto in essa contenuto è assorbito per motivi plastici e funzionali dal nostro organismo.
Tanto per essere precisi ne riporto la definizione:
“Il valore biologico (VB) è un parametro di valutazione delle proteine plastiche introdotte nell’organismo con l’alimentazione. Questo indice, che si esprime con un valore numerico, si riferisce alla quantità, alla qualità ed al rapporto reciproco degli amminoacidi essenziali presenti nei peptidi alimentari”.
Dunque cosa significherebbe ciò, se non delineare il meraviglioso ruolo strutturante – edificante che “valore-biologico”, appunto, esprime**??? Cioè quella “qualità proteica”, con potenziale plastico rigenerativo degli amminoacidi contenuti negli alimenti, di cui gli alimenti di origine animale (con carne e pesce ed uova in testa), sarebbero fonte insostituibile?
A che scopo, dunque, incutere nel consumatore uno stato di terrore alimentare, quasi una angosciante monito alla rassegnazione come un binario di sola andata verso un suicidio imminente, se invece non vi sono evidenze scientifiche ne controindicazioni che debbano giustificare un abbandono della introduzione moderata di proteine della carne con la dieta settimanale?
Ed infine, per dirla tutta, una dieta esclusivamente vegetariana, anche se sufficiente dal punto di vista del bilanciamento proteico, potrebbe risultare carente di nutrienti importantissimi, vitaminici e minerali (vitamine B12-minerali come iodio, ferro e calcio, e acidi grassi essenziali), oltre a generare un falso messaggio salutistico incarnato dall’idea dell’aver fatto un grande dono a se stessi consumando pane pasta e cerali che, di fatto, non vengono controllati ed analizzati per la presenza di DON , OTA, Aflatossina M1.
A tal proposito attendiamo con forte spirito critico, in ragione dello specchietto che segue (dal quale si comprende la pesante anomalia che assegna a regioni italiane sprovviste di industrie molitori ben 30 campioni sul frumento tenero e duro, ne assegna 0 a Puglia e Sicilia che, al contrario , ne sono ricche), le risultanze che nell’imminente il Ministero della salute dovrà pubblicare sul monitoraggio 2016/2018.
Concludiamo riportando che nel settembre scorso l’assemblea dell’Onu (su pressione anche dell’Italia), ha approvato per nostra buona sorte un documento in cui afferma che non esistono “cibi sani o insalubri”, ma “diete sane o insalubri”.
Ci sembra ancora una volta palese la forzatura, un sorta di regia occulta a favore dell’industria pastaia, confortati dalla condivisione che lo stesso giornale “Onu Italia**” riconosce, nel riportare tale concetto piu’ che legittimo, e che la comunità scientifica ha fatto proprio circa la disputa salubrità – insalubrità.
Che dire in più?
Si sentano pertanto autorizzati i consumatori, per tutto quanto detto, autorizzati a mangiare la carne, italiana se possibile , la piu’ controllata del mondo sia per contaminanti microbiologici che chimici, oggetto di vigilanza sanitaria permanente da parte delle AASSLL, dalla produzione primaria (Area C dei Servizi Veterinari), fino alla manipolazione, confezionamento e commercializzazione sino al singolo hamburger o polpetta (Area B) , ottenuti da allevamenti liberi da pericolose antropozonosi (Area A), liberandosi così dalla “sindrome di Stoccolma”***** che autorevoli sostenitori del bilancino delle kilocalorie propongono quotidianamente entrando nelle nostre case.
Mangiatene tutti, mangiatene meno, mangiatela meglio, che sia bianca, rossa, di equide, di ovino, suino e caprini, un po meno la carne bovina, ma che la si mangi serenamente e tranquillamente, preferendo le carni di animali allevati in regime di benessere e alimentati nel modo più naturale possibile, ricordando a tutti, come Mitridate Eupatore*** e Parcelso ci insegnano, che è la dose a fare il veleno.
Fonte proteica | Valore biologico |
UOVA | 100 |
LATTE | 91 |
CARNE BOVINA | 80 |
PESCE | 78 |
PROTEINE DELLA SOIA | 74 |
RISO | 59 |
GRANO | 54 |
ARACHIDI | 43 |
FAGIOLI SECCHI | 34 |
PATATA | 34 |
(schema tratto da vedi qui)
*VALORE BIOLOGICO (VB o BV): rappresenta la quantità di azoto effettivamente assorbito ed utilizzato al netto delle perdite urinarie, fecali, cutanee ecc. Una proteina che possiede un perfetto equilibrio tra aminoacidi assorbiti e tra amminoacidi ritenuti ha un valore biologico di 100. La proteina di riferimento è quella dell’uovo che presenta un VB pari al 100%.
**Vedi qui
***mitridatismo s. m. [dal nome del re Mitridate (v. la voce prec.) che, secondo la leggenda, sarebbe divenuto refrattario all’azione dei veleni ingerendone dosi progressivamente crescenti
****dal quale apprendiamo con meraviglia che la ripartizione dei campioni tra le varie regioni italiane, prevede:
PIEMONTE 10 campioni Deossinivalenolo in prodotti trasformati a base di grano tenero e duro)
UMBRIA 10 campioni Deossinivalenolo in prodotti trasformati a base di grano tenero e duro)
TOSCANA 10 campioni Deossinivalenolo in prodotti trasformati a base di grano tenero e duro)
VENETO 10 campioni Deossinivalenolo in prodotti trasformati a base di grano tenero e duro)
PUGLIA (patria del pane e prima base di scarico dei mercantili transoceanci che importano il grano estero, quello che secondo qualche originale sarebbe il migliore per la produzione di pasta) 0 campioni in prodotti trasformati a base di grano tenero e duro)
SICILIA (anch’essa patria del pane e seconda base di scarico dei mercantili transoceanci che importano il grano estero, quello che secondo qualche originale sarebbe il migliore per la produzione di pasta) 0 campioni in prodotti trasformati a base di grano tenero e duro)
Leggiamo inoltre nella Relazione annuale al PNI 2014 (LNR 2014), il seguente commento:
“Altre criticità sono rappresentate dalla impossibilità di acquistare omogeneizzatori da utilizzare su grande scala, creando quindi notevoli difficoltà finora superate nel condurre le prove di omogeneità e di stabilità delle micotossine.
Inoltre, la manutenzione delle apparecchiature (HPLC, spettrometro di massa) necessarie per la messa a punto dei metodi e dello svolgimento delle prove interlaboratorio sia richieste dall’EU-RL sia da quelle organizzate dall’LNR Micotossine, dovrebbe essere finanziariamente sostenuta in modo adeguato”.
*****La sindrome di Stoccolma è un particolare stato di dipendenza psicologica e/o affettiva che si manifesta in alcuni casi in vittime di episodi di violenza fisica, verbale o psicologica.