Pane, cimino e…regine!

Pane, cimino e...regine!

Pane, cimino e…regine!

Contrariamente a molte altre zone d’Italia, a Palermo, città di buongustai, i panifici  o furni sono delle attività commerciali molto frequentate e diffuse a macchia di strutto perché offrono alla loro variegata clientela un ampio assortimento di prodotti da forno sia salati sia dolci.

Poiché, infatti, il palermitano non vive di sole mafalde, signorine, filoni, muffolette,  spighette o semprefreschi, quando decide di godersi uno spuntino o un vero e proprio pranzo opta per pizze e pizzotti, pezzi di sfincione, mattonelle, arancine o rosticceria mignon fritta o al forno.

Quando, poi, vuole coccolarsi con un dolce, invece, non manca di gustare una bella iris alla ricotta o un cornetto ripieno di crema o marmellata, una brioscina o treccina con le gocce  di cioccolato o di acquistare mezzo chilo di tricotti, algerini, buccellati, quaresimali o biscotti regina.

Cosa accomuna pane e biscotti regina? U ciminu!

U ciminu o cimino non è una storpiatura del cumino, spezia aromatica dai tanti benefici per la salute,  non è il cognome del famoso regista Michael che, tra i vari film , nel 1987,  ha girato il discusso “Il siciliano”; e non è nemmeno, come riportato nel dizionario Treccani, una piccola cima o la parte terminale di una canna da pesca. Cos’è, quindi, il cimino?

È il nome che la Sicilia Occidentale dà al sesamo, differenziandosi dalla parte Orientale (memore forse la simpatica “diatriba” arancina vs arancino) che lo chiama giggiulena.

Per essere scrupolosi al massimo (o forse per incrementare il grado di confusione?), citando Giacomo Cimino – che tornerà tra poco tra le righe di questo articolo – nel suo “C’era una volta Vucciria” (Ed. Nuova Ipsa, 2010), i Palermitani confondono i semi del sesamo con i semi del cimino, usati prevalentemente nella preparazione dei dolci.

Il cimino o sesamo (Sesamum indicum) è una pianta erbacea , originaria di India e Africa, i cui semi hanno un ampio impiego nell’alimentazione umana.

In Sicilia la variante bianca tostata e resa croccante è ampiamente usata bella produzione del pane, dei biscotti e nella cubaita, una sorta di croccante al sesamo; nella cucina mediorientale e dell’Estremo Oriente dal sesamo si ricava l’olio o sono usati per piatti tipici come il coreano bulgogi.

La ragione per la quale il sesamo a Palermo è chiamato cimino l’ha ben spiegata il già citato Giacomo Cimino, uno degli ultimi discendenti della famiglia di Baldassare Cimino, che, nel 1882,  aprì  nel cuore della Vucciria, per la precisione a Piazza Caracciolo 16, il panificio omonimo conosciuto in tutta la città di Palermo.

Secondo Giacomo, fu suo bisnonno Baldassare il primo a spargerlo sul pane a mo’ di decorazione, o forse, non sapendolo, per donare, dato che somigliano a tante minuscole monetine dorate, una manciata di immortalità ai suoi avventori: secondo alcune antiche credenze del subcontinente indiano, era prevista un’offerta di quattro vasi di sesamo nero nelle cerimonie funebri per favorire il passaggio del defunto nell’aldilà.

Il sesamo era una sorta di obolo di Caronte dei culti orientali.

Dalla fine del XIX secolo ad oggi, nomen omen, Cimino a Palermo, oltre ad essere un cognome è il nome dialettale del sesamo.

Il cimino è largamente impiegato sul pane  e sulla rosticceria palermitana e su un tipo di biscotti noti come nciminati o biscotti regina, in onore di Maria Carolina, moglie del re Ferdinando di Borbone, che tanto li apprezzava.

Sono piccoli pezzi di frolla assai friabile preparati con farina, zucchero, strutto, uova, aroma di vaniglia e colorati con zafferano che, dopo l’impasto, prima di essere infornati, sono interamente ricoperti di sesamo tostato.

Insomma, al grido di “Apriti Cimino!”, le preparazioni sia salate sia dolci a base di sesamo sanno soddisfare i palati desiderosi di tutti i palermitani!

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