Parliamo di tecnologia della barrique con il prof. ing. Fedor Malík
- Rolando Marcodini
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Il settimanale polacco Świat Win ha pubblicato in Aprile un’interessante intervista sulla barrique con il prof. ing. Fedor Malík.
Fedor Malík è un eminente enologo slovacco che coltiva da molti anni la vite, organizza degustazioni nella sua enoteca a Modra, insegna Enologia all’università di Bratislava, è autore di più di quattrocento tra relazioni e studi scientifici pubblicati in Slovacchia e all’estero, ha degustato vini di tutto il mondo a più di 80 concorsi internazionali, è stato a lungo caporedattore della rivista enologica ”Vinnič a Vino” e nel 1995 è stato nominato dallo Stato francese Cavaliere dell’Ordine al Merito Agricolo per il suo lavoro e i suoi meriti in campo enologico. Molto noto soprattutto per la vera passione con cui diffonde la cultura del consumo del vino, vanta parecchi amici con i quali spesso e volentieri appende la toga dell’accademico e si abbandona all’abbraccio popolare. La sua opinione sull’uso della barrique non è influenzata da interessi personali né dalle mode e potrebbe essere interessante tenerla in conto, perciò l’ho tradotta. Il pezzo è tratto da Albert Marenčin per Fedor Malik, Tisícročné Vino, PT Vydavateľstvo Bratislava 2001.
Il traduttore: Rolando Marcodini
Signor professore, parliamo di tecnologia della barrique, delle barriques, forse non tutti i lettori sanno di che cosa si tratta…
La parola barrique è francese e definisce la botte di rovere da 225 litri di Bordeaux. È una botte prodotta da uno speciale legno di rovere, che non si deve segare ma soltanto spaccare e che deve essere stagionato in modo naturale per 2 o 3 anni. La botte è lunga 97 cm, lo spessore delle pareti va da 20 a 40 mm. Botti di rovere di capacità dai 200 ai 230 litri sono usate in Francia da secoli per la facilità di movimentarle in cantina e durante il trasporto. La capacità di 225 litri è stata legalizzata con un decreto già nel 1866. È importante ricordare che la barrique in Champagne ha una capacità di 205 litri e in Borgogna di 228. Questa botte è usata da molto tempo, ma sono dovuti passare 100 anni perché le barriques diventassero ”di moda” nel mondo. Nel contesto dello sviluppo della tecnologia enologica non si può quindi affermare che siano di moda soltanto oggi.
Lei ha detto ”speciale” legno di rovere. Si può produrre la barrique fuori dalla Francia, si può produrla con un altro legno?
Le barriques francesi sono le migliori, ma sono le più care. Per ogni nuova barrique francese bisogna pagare almeno 30.000 corone (circa 1.200 €, ndt). A questo prezzo si può comprare una botte di Tronçais, Nevers, del Limousine, dei Vosgi o di Allier. Il legno di rovere di Tronçais conferisce al vino un delicato aroma di tannino. Richiede un grado di tostatura da misurato fino a intermedio ed è utile specialmente per la maturazione dei bianchi ”potenti” dei vitigni chardonnay e pinot gris. Il rovere del Limousine è più indicato per l’ingentilimento dei vini rossi. Il vitigno cabernet sauvignon richiede botti di medio grado di tostatura, invece il vitigno syrah richiede un grado di tostatura elevato. I vini maturati nelle botti di rovere del Limousine acquisiscono un aroma magico e un colore più intenso. Il legno di Nevers cede al vino interessanti note di vaniglia, è vantaggioso per la maturazione dei vini bianchi (Chardonnay) e specialmente per i vini più chiari dei vitigni rossi pinot noir e gamay. Il rovere di Allier, di tostatura da media ad elevata, si addice alla fermentazione e alla stagionatura dei vini Chardonnay, Sauvignon Blanc e Pinot Gris. Bene, ma diciamo anzitutto che le barriques sono prodotte con doghe ricavate a spacco dal legno, mentre sono più economiche le piccole botti della medesima forma e capacità fatte negli USA (barrels, ndt), con le doghe ricavate segando il legno. Il rovere americano contiene però molte più sostanze aromatiche che, durante una maturazione più lunga, penetrano nel vino e spesso possono offuscare il suo bouquet primario di aromi dell’uva e anche quello secondario. Buone barriques sono prodotte anche da Sloveni, Italiani, Croati e, ultimamente, dagli Ungheresi (anche su licenza americana). È meglio aggiungere che al mondo crescono circa 300 tipi di rovere e dunque non è una cosa semplice scegliere il migliore e il più indicato. È interessante anche il fatto che in Francia all’inizio c’erano barriques prodotte da legno di castagno. Siccome di questo legno ce n’è poco, la loro produzione costituisce una percentuale insignificante. Aggiungo che il legno di castagno è più poroso e invecchia più velocemente. In Europa centromeridionale si possono incontrare anche botti di legno di acacia e di gelso.
Secondo Lei, sono indicati tutti i vini per la lavorazione con la tecnologia della barrique?
Purtroppo, non tutti i vini bianchi e rossi si adattano volentieri alla tecnologia della barrique. Solo i vini potenti, estrattivi, non molto aromatici e che possiedono un adeguato tenore alcoolico sanno ”resistere” all’attacco dell’ambiente della barrique. Si deve rimarcare che questo è un attacco da parte di sostanze estranee e non caratteristiche del vino. Sono sostanze fenoliche, aldeidi aromatiche della lignina e anche derivate dal furano. Non tutti i vini sono capaci di difendersene. Perciò anche i vini leggeri, come Riesling renano, Sylvaner, Veltliner o Riesling Italico non sono adatti alla tecnologia della barrique. Questa tecnologia è destinata principalmente ai vini rossi. Però i vini rossi nella barrique non fermentano, ma stagionano e maturano soltanto. I vini di Bordeaux della migliore qualità sono conservati in questo modo per un periodo di 18/24 mesi. Invece i vini bianchi nella barrique fermentano e maturano lo stesso, però per un tempo decisamente più breve.
La tostatura dell’interno delle botti è un’operazione abbastanza aggressiva. Anche questa influenza la qualità del futuro vino?
Fiammeggiare il legno ha un evidente influsso sulla concentrazione e sulla composizione dell’estratto del vino in maturazione. Se il vino stagiona in una botte non tostata, la sua qualità chiaramente non cresce. In questa botte non avviene il processo di estrazione delle sostanze aromatiche dei fenoli del legno. Il vino in una botte non tostata diventerebbe come sempre ”duro” (gli enologi dicono anche ”povero” e disarmonico nel gusto). La tostatura della botte provoca la scomposizione termica di cellulosa, semicellulosa e lignina e la concentrazione delle aldeidi aromatiche cresce fino a tre volte. Gradatamente, si scompone la nota dura dei tannini del vino, che diventa più pieno, molto più delicato nel gusto ed armonico. Bisogna però sottolineare che il vino che è maturato nella barrique non è ancora pronto per il consumo. Il vino dovrebbe essere imbottigliato ed affinarsi ancora per qualche mese.
Che aromi e che gusti hanno i vini barricati?
In un vino barricato e correttamente prodotto le ”note” estranee della barrique non devono soffocare il bouquet primario degli aromi dell’uva. Per esempio il Sauvignon barricato deve profumare di pesca o di salvia, nello Chardonnay deve rimanere l’acacia e il Cabernet Sauvignon non deve perdere gli aromi di ribes nero e di cioccolato. L’aroma e il gusto di barrique non possono dominare. Possono però e devono arricchire il vino in modo delicato. Per esempio le combinazioni di furano arricchiscono la composizione sensoriale dell’aroma di mandorle tostate, le combinazioni di lattosio danno al vino note di cocco, le aldeidi note di vaniglia, alcune combinazioni fenoliche profumano di chiodi di garofano (euganolo), però molte di loro possono dare al vino un sentore di asfalto (o-cresolo), di farmacia (m-cresolo) e anche di letame (4-etilfenolo). Come risulta da tutto questo, l’applicazione della tecnologia della barrique è un’arma a doppio taglio.
Il prezzo dei vini barricati è relativamente alto, sicuramente questo è connesso con la tecnologia della loro produzione. Sul mercato si notano dei surrogati di vino barricato?
Il vino barricato deve stagionare e maturare in una botte nuova una volta e una soltanto! Se calcoliamo l’investimento della barrique, risulta che una bottiglia di questo vino dovrebbe essere mediamente più cara di almeno 100 corone (circa 3,98 €, ndt). Come sappiamo, il vino è affare e capitale. Perciò anche il mercato impone direttamente ai tecnologi di produrre vini barricati più economici. E il buon tecnologo li sa fare. Calcola la superficie estrattiva della barrique e la sostituisce con una identica superficie di trucioli di rovere. I trucioli (oggi la moda li chiama chips) possono essere inoltre tostati al livello di intensità richiesto. E non è ancora tutto. Affinché questa tecnologia alla barrique sia perfetta, nel vino che stagiona con i chips in contenitori di acciaio inossidabile è immesso dell’ossigeno. L’imitazione della tecnologia originale della barrique risulta così relativamente perfetta e molte volte più economica e meno impegnativa. Il consumatore medio non vede la differenza tra il vino prodotto con la tecnologia classica o con quella ”moderna”, invece il degustatore professionista sa riconoscere la differenza tra questi vini.
E così, per finire, con quali pietanze, signor Professore, consiglierebbe ai nostri lettori il vino barricato?
Vi prego di immaginare uno Chardonnay barricato di un paio d’anni, freddo. Colore dorato, delicato, un vino fruttato, biscottoso, con l’aroma misurato dei fiori di acacia e il gusto dignitoso e classico dello Chardonnay. Per me l’abbinamento del vino con la pietanza è chiaro, naturale: cotoletta impanata di tacchino, burro sciolto con le erbe fini e due fette di pane abbrustolito. Niente di meno, niente di più. Nel caso di un vino barricato rosso consiglierei una bistecca di cervo oppure della selvaggina giovane cucinata nel vino rosso. Però sia la prima carne sia la seconda dovrebbero essere prima frollate in frigorifero.
E così, ma veramente, cos’altro ama oltre al vino, signor professore?
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Ha smesso di giocare in cortile fra i cestelli dei bottiglioni di Barbera dello zio imbottigliatore all’ingrosso per arruolarsi fra i cavalieri di re Nebbiolo e offrire i suoi servigi alle tre principesse del Monte Rosa: Croatina, Vespolina e Uva Rara. Folgorato dal principe Cabernet sulla via dei cipressi che a Bolgheri alti e stretti van da San Guido in duplice filar, ha tentato l’arrocco con re Sangiovese, ma è stato sopraffatto dalle birre Baltic Porter e si è arreso alla vodka. Perito Capotecnico Industriale in giro per il mondo, non si direbbe un “signor no”, eppure lo è stato finché non l’hanno ficcato a forza in pensione da dove però si vendica scrivendo di vino in diverse lingue per dimenticare la bicicletta da corsa, forse l’unica vera passione della sua vita, ormai appesa al chiodo.